Le tecniche di irrorazione. Basso volume, alto volume, filari alterni… per fare chiarezza

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di Lamberto Tosi

Una delle cose che mi sorprende ancora, nella mia attività di consulenza nelle aziende agricole, è la scarsa competenza nella gestione delle macchine irroratrici. Molti operatori risultano ancora disorientati nella trasformazione pratica delle indicazioni in etichetta dei prodotti fitosanitari e concimi da irrorazione. Per dare quindi un mio, modesto, contributo al chiarimento di questi dubbi, ho deciso di scrivere questo articolo, che si va ad aggiungere ad una schiera di lavori ben più qualificati e completi, ma che magari hanno un taglio troppo tecnico e distante dalla pratica di campagna.

Una prima cosa che bisogna chiarire è lo scopo del trattamento: il trattamento fitoiatrico deve essere mirato al tipo di patogeno ed al tipo di prodotto fitoiatrico che sto distribuendo. Sembra banale ma non si può distribuire alla stessa maniera un prodotto antiperonosporico di sola copertura ed uno con azione sistemica, ancorché associato ad un prodotto di copertura. Non si può neanche distribuire alla stessa stregua, in fase di pre chiusura grappolo su vite, un prodotto antioidico ed uno antibotritico anche se in prima battuta ci appare il grappolo come bersaglio comune.

Tutte queste considerazioni ed altre ancora sono divenute lampanti nella primavera passata, quando la peronospora ha danneggiato gravemente molti vigneti toscani. L’insistenza delle piogge è la virulenza del patogeno hanno fatto venire a galla molti di questi errori, che negli anni passati si erano propagati stante la bassa pericolosità del fungo, in molte zone toscane, e la relativa migliore efficacia dei nuovi formulati, oltre alla diffusione sempre maggiore delle irroratrici a basso volume.

Ma andiamo per gradi.

Cominciamo con l’analizzare l’andamento climatico.

L’andamento climatico elaborato da Arsia nella capannina di Montecarlo (LU)

Anno 2008
Anno 2008
Anno 2007
Anno 2007
Anno 2006
Anno 2006

Già dall’andamento climatico si nota la criticità della stagione 2008: piogge insistenti ma, soprattutto, ravvicinate (addirittura si notano nel grafico piogge per 4-5 giorni consecutivi), hanno scatenato una serie di infezioni sovrapposte di peronospora che hanno messo a dura prova i prodotti antiparassitari utilizzati, ma ancor più il metodo di irrorazione. È infatti di fondamentale importanza nel caso di patogeni come la peronospora, che svolgono parte del loro ciclo all’esterno della pianta ma un’altra parte all’interno della stessa, ottenere con i prodotti di copertura una uniforme copertura di tutti gli organi suscettibili alla malattia e, possibilmente, su entrambi i lati delle foglie, dato che la fuoriuscita del fungo avviene nella pagina inferiore della foglia di vite o dai grappoli colpiti.

Tale copertura deve essere effettuata attraverso gocce di dimensioni appropriate, intorno ai 100-200 μm, per evitare, in caso di dimensioni più piccole l’essiccamento e la perdita di aderenza prima del raggiungimento della foglia con conseguente deriva del prodotto, e nel caso opposto il gocciolamento e la distribuzione localizzata solo al primo strato di foglie, data la pesantezza delle gocce che, non polverizzandosi, vengono completamente intercettate. Anche nel caso di una irrorazione fatta con tecnica ottimale esisitono comunque grandi perdite, dovute a fattori ambientali ma anche tecnologici. Tra questi, come appena detto, uno dei fattori determinati è la dimensione delle gocce irrorate.

Tale dimensione non rimane costante nel corso della vita degli ugelli, dato che la forte pressione e la presenza di sospesi nel liquido di trasporto aumentano molto l’abrasività del liquido. Questo provoca un graduale allargamento del foro che, in funzione del materiale con cui è costruito, è più o meno veloce. Ciò provoca naturalmente un aumento della portata e una maggiore dimensione delle gocce spruzzate con conseguente riduzione dell’efficacia del trattamento.

La dimensione maggiore delle gocce ha in se alcuni vantaggi. in particolare quando si debbano trattare piante molto alte: in questi casi è d’obbligo avere delle gocce di dimensioni maggiori per due ordini di motivi:

1. Gocce troppo piccole non sono per loro natura direzionabili verso le chiome delle piante essendo facilmente soggette alla deriva

2. La dimensione grande delle gocce si riduce molto durante il tragitto verso il bersaglio (a causa di evaporazione) tanto che possono arrivare sulle foglie con dimensioni accettabili. Tale usura è per taluni materiali molto veloce, tanto che per l’ottone dopo sole 40 ore di utilizzo la portata si è quasi raddoppiata.

Ecco che la determinazione della dimensione delle gocce da spruzzare non è secondaria e, come si vede dalla figura 5, porta con se vantaggi e svantaggi non indifferenti.

sulla dimensione delle gocce
Fig. 5: sulla dimensione delle gocce

Considerato, almeno in parte, il problema della dimensione delle gocce dobbiamo affrontare ora il problema delle dosi di prodotto da irrorare. Bisogna preliminarmente tenere in conto che ogni formulato (giacché nessun fitofarmaco in commercio è composto dalla sola sostanza attiva), ha alle spalle numerose prove di laboratorio e di campo, per determinarne la corretta dose di impiego. La dose che è indicata in etichetta è per legge la massima consentita, e a volte si danno degli intervalli di utilizzo anche molto ampi. Quello che però molti ignorano è che, anche se la dose è riferita ad ettolitro di acqua, nella pratica agricola per le colture arboree, compresa la vite, si considera un trattamento a volume normale (con sistemi di spruzzo non veicolatati da aria forzata) pari a 10 hl/ha. In questo caso un prodotto che ha come indicazione una concentrazione pari allo 0,3 % ( 0,3 l /hl) dovrà essere utilizzato a 0,3x 10 = 3 litri ha.

Tale indicazione è insita nel fatto che la quantità di prodotto che deve essere depositata sulle foglie corrisponde ad un certo numero di mg o μg per cm2 e tale deve rimanere indipendentemente dalla quantità di acqua con cui viene distribuito. Ovvero se passo a basso volume (di acqua) dovrò ancora utilizzare la stessa quantità di prodotto per ha, dato che la cosa che varia è solo la quantità di acqua con cui supporto il prodotto e non la superficie dominata con il trattamento.

In particolare molti venditori di atomizzatori a basso volume pubblicizzano le loro attrezzature con l’informazione che si può risparmiare acqua e antiparassitario ma in realtà per le considerazioni espresse sopra l’affermazione è molto spesso falsa. Esiste una eventualità che si possano realmente ridurre le dosi con queste macchine, dato che danno gocce con dimensioni più omogenee e più facilmente colpiscono il bersaglio riducendo cosi le perdite come visto sopra. Questo però è subordinato a condizioni ottimali degli appezzamenti, senza fallanze, possibilmente con superfici non sconnesse, con altezza delle pareti uniforme e una accurata manutenzione e regolazione di tutte le attrezzature. Anche in questo caso, peraltro assai raro, non consiglierei di scendere sotto il 10-12% di riduzione di prodotto per Ha.

Altro errore collegato con l’effetto “coreografico” degli atomizzatori è quello di credere che si possano trattare le piante disposte a filari, a file alterne. Tale errore risiede nella convinzione che la nuvola provocata dagli atomizzatori e che si vede propagarsi oltre il filare trattato, sia sufficiente per “coprire” il filare accanto. Così procedendo a file alterne si risparmia tempo e denaro, ma si distribuisce ancora una volta metà del prodotto e soprattutto esso non arriva a colpire efficacemente il bersaglio.

Ciò è efficacemente illustrato in lavori pubblicati dalla Regione Piemonte già alcuni anni fa.

Dal grafico e dalle immagini pare evidente che una coltura che riceve il 35 % del prodotto rispetto ad una che ne riceve il 79 % vada palesemente più soggetta a malattia. Ma allora viene da chiedersi come mai in anni passati aziende che hanno seguito questa pratica non hanno avuto danni? La risposta va cercata nell’andamento climatico sopra esposto: in particolare, per la peronospora, l’annata 2008 in Toscana è stata particolarmente favorevole e il manifestarsi di piogge continue ha impedito di controllare le infestazioni che si susseguivano. In questa situazione ogni errore è fatale e i nodi sopra descritti sono venuti al pettine. Negli altri anni la scarsa virulenza della peronospora e le condizioni non particolarmente favorevoli, unite a trattamenti effettuati con cadenze più regolari, hanno fatto apparire corrette anche pratiche che come abbiamo visto corrette non sono. Il nostro modesto contributo aveva proprio lo scopo di chiarire alcuni dei fattori dell’insuccesso della lotta fitoiatrica sulla peronospora durante questo anno in molte aziende. Speriamo di esserci riusciti.

Lamberto Tosi

9 COMMENTS

  1. Essendo in accordo su tutti i punti trattati vorrei,più che un commento un confronto sulla problematica che alcuni agronomi sollevano per l’utilizzo di concentrazioni più elevate della miscela nei trattamenti a basso volume, con rischi di fitotossicità per le colture, per cui verrebbe consigliato di non superare una concentrazione pari a 1,3/1,5 volte quella del volume normale riferito ai classici 10 hl /ha

  2. Oggettivamente il problema esiste se non si tiene conto che il basso volume dovrebbe essere sempre collegato con una più perfetta nebulizzazione. Le particelle in media dovrebbero essere più piccole del volume normale e più uniformemente distribuite e soprattutto dovremmo avere una gaussiana più stretta nella distribuzione della dimensione delle microgocce spruzzate sulla pianta. In caso contrario il fenomeno della fitotossicità si manifesta, soprattutto con alcune classi di prodotti sistemici.

  3. Quanto sù descritto ci è stato di grande utilità,quanto prima la contatteremo di nuovo.Cordiali saluti FRANCESCO PIOMBAROLO.

  4. Sig.Tosi buongiorno,
    Molto interessante quanto sopra scritto. I
    Il suo consiglio è “se si usano ugelli in Kematal” ( solitamente sono quelli più utilizzati) di sostituirli periodicamente (40 – 50 ore di lavoro) per avere una continuità del diametro della goccia ? Mentre quelli in Allumina sarebbero i più indicati, ma dopo quante ore di lavoro sarebbe opportuno sostituirli?
    Grazie
    Cordiali saluti

    Giovanni Meloni

  5. Sig. Giovanni, si l’indicazione è esatta : gli ugelli perdono efficacia quando la loro portata aumenta considervevolmente rispetto a quella nominale. Un fattore del 30-35% comporta dimensioni delle gocce molto più disformi con ” popolazioni di gocce” molto diversificate in diametro. Per gli ugelli in ceramica ( allumina) in genere si considera un usura del 80 volte inferiore a quelli in ottone o alluminio dunque la durata può allungarsi di molto . Va sempre però considrato il tipo di prodotto che viene irrorato e le pressioni di esercizio dell’impianto : questi sono due fattori che possono influire molto sulla effettiva durata degli ugelli. Il mio consiglio è quello di fare un controllo di portata degli ugelli con sola acqua , ogni 20- 25 ore di lavoro. Molto utili poi sono i pannelli idrosensibili da porre nei filari durante i trattamenti per verificare la effettiva dimensione delle gocce e la loro uniformità.
    Saluti

    Lamberto Tosi

  6. Buongiorno,
    La ringrazio per le preziose informazioni, volevo chiederle alcuni consigli:
    Quanto incide nella miglior distribuzione del prodotto il procedere in senso alternato nei filari adiacenti? ovvero se nel primo filare salgo e nel secondo scendo, contro una irrorazione nello stesso vero, primo salgo secondo salgo?
    Ha avuto possibilità di valutare gli atomizzatori tangenziali per vigneto? ovvero quegli atomizzatori che raccolgono l’aria anteriromente e indirizzano la nebulizzazione in direzione quasi tangente il filare? Crede sia un buon sistema in luogo ai classici irroratori a colonna con aria “perpendicolare”?
    ringraziandola
    Saluti

  7. Buongiorno Sig. Tosi,

    Concordo perfettamente a quanto detto in questo articolo;
    Vi scrivo per tenermi aggiornato su nuovi articoli di questo genere.

    Saluti

  8. concordo sulle considerazioni fatte nell’articolo vorrei tenermi informato su articoli di questo argomento

  9. Buongiorno, non so se siete ancora attivi.
    Comunque, io parto sempre dal quantitativo d’acqua che uso per il trattamento. Per il calcolo della dose raddoppio il quantitativo per hl presente in etichetta è lo moltiplico per i litri che devo usare (raddoppio quantitativo etichetta perché uso atomizzatore). Sono quarant’anni che agisco così e mi sono sempre trovato bene salvo due/tre anni tremendi. Cordiali saluti

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