Le Terre Irpine DOCG. Il cuore dell’Irpinia batte sempre più forte

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Attivo, incessante, regolare, vivo e vitale, pulsa il cuore dell’irpinia.

Abbiamo accolto con piacere l’invito dell’amico Raffaele Del Franco, profondo conoscitore della realtà irpina, instancabile promotore di eventi ben organizzati, nonché critico attento e competente dell’evoluzione vitivinicola del suo territorio. Non avevamo per altro dubbi sulla bontà dell’occasione, in virtù degli enormi sforzi che, nonostante le difficoltà e qualche battuta d’arresto (vedi Bianchirpinia 2008), le istituzioni, gli enti competenti, le amministrazioni e non ultime le stesse aziende produttrici, hanno profuso e profondono con continuità traguardando lo sviluppo e la valorizzazione del territorio e delle sue incredibili eccellenze produttive.

Il Castello Marchionale di Taurasi

L’occasione è stata la due giorni tenutasi tra il 26 ed il 27 settembre scorsi tra Tufo e Taurasi, coprendo un fitto calendario di incontri e visite guidate che hanno visto protagonisti tutti gli attori coinvolti in un progetto molto interessante e impegnativo (il Progetto Integrato Rurale AV/2), che persegue la costituzione di una struttura integrata che organizzi in un unico sistema tutti gli operatori della filiera vitivinicola e del sistema turistico rurale, con la finalità comune di promuovere il valore intrinseco e l’immagine inequivocabile dell’identità irpina. Sono dieci i Comuni rappresentativi di quest’area naturalmente vocata alla viticoltura, che raccoglie un insieme coeso e visibile dei prodotti di qualità, dei paesaggi inconfondibili e della storia consolidata di un territorio difficile da domare, ma in grado di regalare soddisfazioni ed emozioni profonde. Santa Paolina, Montefalcione, Castelvetere sul Calore, Chiusano San Domenico, Partenopoli, Montemarano, Montemiletto, Lapio, Tufo e Taurasi hanno così promosso il convegno “Le Terre Irpine DOCG” che ha aperto il programma della due giorni nella suggestiva location del Mulino Giardino del Parco Minerario di Tufo, all’interno della storica struttura del Palazzo Di Marzo.

Un inizio davvero già pregno di storia e in grado di offrire un imprinting forte di quelle che erano e sono le potenzialità di questo territorio. Le miniere di zolfo di Tufo furono in grado di dare vita, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo ad uno dei poli industriali più grandi dell’intero mezzogiorno, occupando circa 1300 minatori e consentendo la realizzazione di opere civili che ancora oggi lasciano a bocca aperta e che rappresentano un esempio di archeologia industriale.

I 5 Cru del LAboratorio del Gusto

Il recupero funzionale, già avviato, di questa struttura, vuole essere uno stimolo ed un’icona dell’utilizzo sostenibile delle risorse del territorio; non a caso al suo interno hanno dibattuto in questa occasione i rappresentanti di istituzioni quali l’Università degli Studi di Napoli, la Regione Campania, la Comunità Montana del Partenio, la Coldiretti, Slow Food e lo stesso PIR AV/2; a moderare il dibattito il giornalista Annibale Discepolo e la bella e brava Veronica Maya (Linea Verde – Rai). Obiettivo del dibattito, e del progetto, la creazione di un organismo strutturale in grado di porre le basi per la formazione di professionalità che crescano nel territorio stesso e che possano essere funzionali a loro volta nel consolidamento della filiera e nella crescita competitiva della sua produzione.

Per questo, a seguito del convegno, e direttamente collegato al progetto, si è svolto il workshop dedicato alla “Scuola delle Arti e Mestieri del Vino” che nascerà in irpinia per offrire al territorio una istituzione solida e ad ampio respiro, in grado di offrire a questa azione una visibilità che travalichi i confini regionali e che sappia trainare lo sviluppo dei prodotti di eccellenza del territorio, coinvolgendo il turismo rurale in un’azione sinergica ed efficace.

L’impegno delle aziende produttrici, in un’area così importante per la viticoltura del meridione non può non essere basilare; a chiusura dei lavori della prima giornata si è svolta una degustazione di cinque fra i migliori cru di Greco di Tufo. Abbiamo così potuto riassaggiare il Novaserra di Mastroberardino, il Cutizzi di Feudi San Gregorio, il Vigna Cicogna di Benito Ferrara, il Terre degli Angeli di Terredora ed il Raone di Torricino; tutte annate 2007 che hanno confermato la bontà e la grande personalità del territorio (da noi già analizzata lo scorso agosto) in grado di offrire in un’area così compatta una incredibile varietà di espressioni dello stesso vitigno. Un vero Laboratorio del Gusto.

Pierpaolo Sirch

La seconda giornata è stata dedicata ad un Fam-Trip, ossia un itinerario sulla “Strada dei Vigneti delle Terre Irpine docg” che ci ha visto attraversare il territorio irpino, tra filari e cantine, incontrando grappoli rigogliosi e personaggi emblematici.

Primi, in ordine cronologico, sono stati il vigneto Cutizzi di Feudi San Gregorio e l’agronomo Pierpaolo Sirch, che cura le vigne Feudi riuscendo a ottenere, a prezzo di grandi sforzi realizzativi ed attente e continue cure delle coltivazioni, risultati che rendono poi in cantina i prodotti eccellenti che conosciamo. L’immagine della collina che ospita questo vitigno è impressionante per l’esplicita dimensione della forza della natura, che costringe i vignaioli a continue battaglie contro gli smottamenti dovuti all’azione dell’acqua.

E’ lo stesso Sirch a confermare implicitamente l’importanza del progetto e della scuola, sottolineando la rilevanza strategica di una buona gestione delle tipologie di impianto utilizzate e l’importanza vitale di una buona maestria nella potatura. Oggi ci accorgiamo di qualche errore del passato legato ai sesti d’impianto magari troppo fitti o dell’indebolimento delle piante a fronte di tagli effettuati in modo improprio. La formazione rappresenta quindi il futuro.

Stefano di Marzo

Stefano di Marzio ci accoglie poi nella sua azienda (Torricino) dove ci racconta un po’ della storia di questi vitigni e della piccola avventura del Raone, che rispetta l’antico calendario di vendemmia, che vede la raccolta del greco in concomitanza con la festività del 2 novembre. Questa è una delle peculiarità che, unita alla bontà del cru, coltivato sopra le miniere di zolfo, rende questo vino una vera chicca. Nell’occasione la degustazione del Greco di Tufo versione base (per così dire) ha consentito di apprezzare l’espressività di tutta la produzione Torricino.

Il successivo spostamento ci ha portato in una dimensione decisamente più grande, ma altrettanto pregiata come quella della cantina Terredora, dove abbiamo incontrato il patron Paolo Mastroberardino, che sprizzava entusiasmo da ogni poro per la recente affermazione dei suoi vini fra i giudizi del discusso Robert Parker.

Paolo MAstroberardino

Una visita didascalica nell’azienda ci ha confermato l’applicazione e la serietà che sono necessari per ottenere risultati di eccellenza come quelli che Terredora riesce ad offrire. Una piccola degustazione privata ci ha quindi permesso di aprire una finestra sul mondo del Fiano di Avellino DOCG, apprezzando ancora una volta le sfumature che rendono unici il CampoRe e il Terre degli Angeli.

E’ stata la storica cantina del “guru” Antonio Caggiano ad ospitarci nell’ultima tappa del tour e, con nostra grande soddisfazione, per un pranzo più che prelibato a sua volta “irrorato” dal Taurì (Aglianico IGT) e dal grande Taurasi DOCG Vigna Macchia dei Goti. La visita nelle grotte della cantina storica, scavata nel cuore di Taurasi, è sempre un piacere ed un piccolo viaggio a sé stante, tra le immagini suggestive delle grandi imprese che l’uomo può concepire e realizzare seguendo le passioni ed assecondando al meglio la natura.

Antonio Caggiano - il "guru"

La chiusura di questa intensa due giorni si è svolta proprio nel Castello Marchionale di Taurasi, dove le autorità istituzionali hanno speso le ultime parole nel ribadire l’impegno che vede unite le Amministrazioni Comunali, le Comunità Montane e le Aziende nel perseguire con pervicacia e convinzione la valorizzazione di questo territorio e delle sue eccellenze produttive. Appuntamento per Anteprima Taurasi.

Nelle immagini: Pierpaolo Sirch, Stefano di Marzio, Paolo Mastroberardino, Antonio Caggiano

Riccardo Brandi

Riccardo Brandi (brandi@acquabuona.it), romano, laureato in Scienze della Comunicazione, affronta con rigore un lavoro votato ai calcoli ed alla tecnologia avanzata nel mondo della comunicazione. Valvola di sfogo a tanta austerità sono le emozioni che trae dalla passione per il vino di qualità e da ogni aspetto del mondo enogastronomico. Ha frequentato corsi di degustazione (AIS), di abbinamento (vino/cibo), di approfondimento (sigari e distillati) e gastronomia (Gambero Rosso). Enoturista e gourmet a tutto campo, oggi ha un credo profondo: degustare, scrivere e condividere esperienze sensoriali.

2 COMMENTS

  1. Come passa il tempo, caro Riccardo. Mi sono imbattuto per caso nel bellissimo articolo da te scritto che piacevolmente e con un pò di nostalgia, mista ad interesse e curiosità ho riletto, accorgendomi che questo Sud, nella fattispecie la nostra Irpinia, ha bisogno più che mai che la tanta energia dei suoi protagonisti, si trasformi, finalmente, in fatti concreti. Non è una critica, ci mancherebbe, a chi opera e vie da tempo in situazioni non certo facili che all’epoca, va sottolineato e poi capirai il perché, ti sei imbattuto. Ma da allora ad oggi, la musica non è cambiata. E’ vero, c’è tanta voglia di emergere, farsi conoscere – cosa che in parte è avvenuta – ma mancano linee guida e mi riferisco ad una progettualità che a prescindere dai diretti interessati che fanno pure e bene squadra in taluni casi, deve comunque e necessariamente avere quel passo finale e vincente che solo , purtroppo, la politica riesce a dare. La speranza che, devo dire in parte trova riscontro, è che la politica ha capito dell’importanza in termini di sviluppo dei territori e quindi sta studiando (speriamo passi presto ai fatti) il modo da renderli competitivi con il resto del Paese enoico. Sì perché, quella splendida struttura che ricorderai, le ex miniere di zolfo e che spesso sfioro quando rientro a casa dal Beneventano per raggiungere la mia dimora all’inizio della strada che porta a Tufo, è ancora lì, austera ma muta, inutilizzata rispetto a quanto potrebbe, e non solo come testimonianza inutile di sola archeologia industriale, e vorrebbe dare: perché anche le case, i capannoni, le vecchie industrie a mio avviso hanno un anima e tocca agli uomini di buona volontà trasformarla in fatti. Non resta che augurarcelo. Se dovessi scendere in Irpinia chiamami, ne sarei felice, qui c’è fermento – forse meglio sarebbe dire fermentazione riferito al vino – , si stanno facendo tante cose e molte ne seguiranno.

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