L’elogio della distanza: il Grand Cru Rangen, porta dell’Alsazia

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di Paolo Rossi

Per chi vi si avvicina nella stagione fredda, o all’inizio della primavera, il vigneto Rangen appare come una macchia, un enorme disboscamento. Un rettangolo che si staglia netto sul versante di una collina e lascia sconcertato chi passa e si avvicina alla città ai suoi piedi, Thann. Il Rangen è diverso da tutti gli altri Grand Crus d’Alsazia, ha in sé il dono dell’unicità, e il carisma della distanza. Pensare al Rangen fa venire in mente certe pagine delle Cosmicomiche o di Palomar di Italo Calvino. Il senso di una distanza malinconica e ovattata è in quei racconti un tema profondo e costante; gli spazi sono amplificati, le cose sono allontanate, gli oggetti del desiderio sempre un po’ più in là del possibile o del comprensibile. Per certi aspetti questo vigneto è così, inafferrabile, distante. Scavalchi le Alpi, superi Basilea, attraversi la frontiera, scendi la prima parte della piana d’Alsazia, percepisci ad est l’enorme presenza del Reno, ad ovest il massiccio dei Vosgi… T’immagini chissà cosa dei celebri vigneti dell’Alsazia… e poi mentre stai per arrivare a Thann, alla tua destra, lentamente si profila la sagoma e i colori assolutamente inconsueti del Rangen. Lo chiedi ai passanti, non ne sei abbastanza sicuro: “Dov’è il Rangen?” E ti guardano stupiti, è ovvio: “Il Rangen è quello là!” E tutti invariabilmente indicano col dito l’enorme presenza che incombe sopra la cittadina. Al di là de fiume, sulla collina.

Ci si può arrivare, in mezzo al Rangen, salendo un po’ con la macchina e poi a piedi su una stradina sterrata. Se ci si arriva al tramonto, i brividi si moltiplicano. Non c’è nessuno. Di sotto, laggiù in fondo, ecco il paese di Thann, le guglie gotiche un po’ corrose della cattedrale, l’acciaieria, e in alto, a ponente, assolutamente inquietante, il cosiddetto “occhio della strega”, una torre diroccata che cadendo si è adagiata come un occhio enorme a vegliare e filtrare i tramonti sulla cittadina.

Il Rangen è un insieme di unicum, è la porta dell’Alsazia perché è il suo vigneto più a sud, ma ha ben altri aspetti che lo rendono particolare. Il Rangen è verticalità allo stato puro; se in generale le vigne d’Alsazia (ad eccezione di quelle di Guebwiller) comunicano un’impressione di morbidezza collinare, di declivi dolci, il Rangen ha pendenze che tolgono il fiato. E poi il terreno. Il Rangen di Thann è l’unico cru d’Alsazia con suoli di origine vulcanica. Una pietraia arida. Che di conseguenza dà un carattere di inconfondibile mineralità ai suoi vini.

E poi ancora: l’assenza di vignerons nel paese di Thann. Questo è un elemento che spiazza parecchio chi arriva per la prima volta qui. L’Alsazia, in generale, è il paradiso di chi va in giro per piccoli produttori di vino. Se ne trovano a migliaia, e fanno di tutto per farsi trovare: in paesini splendidi come Riquewihr, Ribeauvillé, Soultzmatt, le viuzze antiche sono piene di piccole cantine attrezzate con stanze per la degustazione, per mettere in vendita i vini dell’azienda. I vigneron-récoltants alsaziani sono un fenomeno di proporzioni inconsuete. Non a Thann. A Thann nessun produttore ha fondato la sua cantina. Chi coltiva nel Rangen ha le sue cantine più a nord. A Thann trovare bottiglie prodotte a 200 metri di distanza dal campanile è un’impresa difficile, e molto costosa. Del resto, date le dimensioni relativamente piccole del Grand Cru, il numero dei proprietari di appezzamenti vitati è veramente esiguo; alcune particelle (i clos) sono appannaggio di un solo produttore (vengono quindi definiti dei monopole), come ad esempio i Clos Windsbuhl e Clos St Urban di Zind-Humbrecht. Poi ci sono le particelle di Schoffit, Soltner e quelle di Bruno Hertz. Pochi, grandi nomi.

Al turista che poi prosegue la meravigliosa Route des Vins d’Alsace verso nord, i paesi successivi riserveranno ben altre visioni, ben diversa accoglienza. L’esplosione colorata e festosa di insegne di cantine che invitano alla degustazione creano un tourbillon di emozioni vinicole, che fa ben presto dimenticare la ricerca dei vini del Rangen, che ci si era ripromessi.

Sulla via del ritorno, quando dall’autostrada si legge il cartello per Mulhouse, e si realizza che sta per arrivare la frontiera svizzera, è allora che scatta una strana malinconia. Qualcosa di ormai distante ci chiama dalla nostra destra, da ovest. Laggiù in fondo c’è Thann. C’è il Rangen col suo silenzio, isolata porta d’Alsazia, inafferrata esperienza incompiuta .

Come redivivi signor Palomar, un po’ ottimisti e un po’ con le pive nel sacco, non possiamo far altro che far progetti futuri per un nuovo viaggio in Alsazia.

I libri di Italo Calvino, Le Cosmicomiche e Palomar, sono pubblicati negli Oscar Mondadori. Ringrazio Fernando Pardini per il prezioso supporto. Foto scattate nella primavera 2008.
Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

2 COMMENTS

  1. Ad agosto ho deciso di percorrere la Route des Vins d’Alsace e leggendoti mi sono ritrovata nel racconto e soprattutto mi sono divertita a leggere che:” L’Alsazia, in generale, è il paradiso di chi va in giro per piccoli produttori di vino. Se ne trovano a migliaia, e fanno di tutto per farsi trovare” .
    Se si percorrono le stradine di certi villaggi hai veramente l’imbarazzo della scelta.
    Io devo dire però che-al contrario- ne ho cercato uno in particolare.
    Il suo nome è Jean Michel Deiss del Domaine Marcel Deiss. La sua cantina è nel bellissimo villaggio di Bergheim.
    I suoi vini (biodinamici) mi hanno emozionato non poco e mi hanno emozionato le sue parole cariche di passione contagiosa.
    Altri ne ho trovati e visitati per la via con più o meno storia alla spalle, in una parola più corretta, diversi. Questo per dire che ognuno, percorrendo la strada dei vini, troverà la sua Alsazia e scoprirà i “suoi” produttori e i “suoi” vini.
    Ma giunti a Mulhouse, hai ragione, ti coglie un po’ di nostalgia e, forse, tornando in Alsazia la prossima volta andrò a Thann.

  2. Ciao Michela,
    che combinazione, a Bergheim non ero stato, ma qualche giorno fa ho avuto la fortuna di assaggiare alcuni vini di Deiss in una degustazione. Deve essere davvero un bel personaggio.
    Sempre riguardo all’Alsazia, mi aveva incuriosito quello che ha raccontato in agosto Giovanni Bietti sul blog di Gentili e Rizzari riguardo ai “Vins de soif”, i “vini dissetanti” (http://vino.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/08). Vini leggeri, ben fatti, bevibilissimi e ben digeribili. E citava tre produttori alsaziani che, se avrò modo di tornare in Alsazia, sicuramente andrò a visitare: Bruno Schueller, Christian Binner e Patrick Meyer.
    Sicuramente l’Alsazia merita più di una visita…
    Ciao

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