Anche Firenze ha il suo Salone. Report da Taste 2009

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FIRENZE – Come molti forse già sapranno, anche Firenze ha il suo Salone del Gusto, si chiama Taste e si tiene ogni anno verso la metà di Marzo negli ambienti affascinanti della Stazione Leopolda, ormai diventata sede prediletta del mondo enogastronomico, visto che vi si svolgono altri eventi importanti come la presentazione delle guide del gruppo L’espresso e la Chianti Classico Collection del Consorzio di Sant’Andrea in Percussina. E ci è voluto il giornalista (romagnolo) Davide Paolini, importante firma del Sole 24 Ore e della sua radio, infaticabile tanto nel ricercare prodotti tipici quanto nello sfornare modi di dire ormai entrati nel lessico comune (“gastronauta”, “giacimenti enogastronomici”) per dare alla città, in collaborazione con Pitti Immagine, un’occasione per una mostra (anche mercato) di “nicchie e nicchiette” in ambito cibo e bevande di qualità.

E il clima di allegra eccitazione “da fiera” (termine usuale per chi ci lavora, molto più di “evento”), creato da un pubblico numeroso e partecipativo, contrasta talvolta con gli umori degli espositori ove si intravedono spesso le inquietitudini della crisi (che investe la nicchia prima dell’industria) e la difficoltà di combattere, praticamente senza difese, contraffazioni e messaggi ingannevoli che confondono le acque rendendo vane le battaglie per la tutela della qualità.

Da dove partire, se non dal pane? Le forme del Pane di Matera (è presente il Consorzio della IGP) sono nerastre (dalla cottura in forno a legna) e hanno forme simpaticamente sgraziate. Il grano è quello della selezione Senatore Cappelli. Il lievito è ottenuto dalla macerazione di frutta fresca in acqua, è un lievito meno “potente” del lievito di birra, la lievitazione è dunque più lenta, ma alla fine il pane risulta più digeribile e si conserva più a lungo.

Il Borgo del Balsamico è una azienda relativamente giovane, di seconda generazione. Il padre di Cristina e Silvia Crotti produceva Balsamico per passione. Questa passione è diventato un lavoro, tanto da far abbandonare la precedente attività. Tutti parlano di Balsamico, tutti pensano di sapere che cos’è, lo vedono sempre di più ad impreziosire (qualche volta a sproposito) i piatti nei ristoranti, e magari sono anche turlupinati dalle etichette ambigue o peggio. Vale allora la pena spendere qualche parola per curiosare in quel luogo ancestrale e magico che è l’acetaia di questa azienda, vera sorgente di questo prezioso liquido: 950 piccoli caratelli con capienza dai due ai dieci litri. Le “batterie” sono mediamente costituite da 6/7 botticelle di legni diversi (acacia, rovere, ciliegio, frassino, castagno), hanno colori diversi e le più antiche, del ‘700 e ‘800, sono appartenute ad antiche famiglie di Modena e Reggio Emilia. Nella produzione, una efficace graduazione di “condimenti” (alla quale corrisponde un codice di colori) di diverse fasce di prezzo “educano” il gusto al grande Tradizionale, complesso e letteralmente esplosivo al palato.

Paura del latte crudo, e/o dei formaggi a latte crudo? In Italia spesso il fatto di non lavorare con il pastorizzato, guadagnando in gusto, viene ammesso sottovoce, per chissà quali timori, oppure si dice “è troppo difficile, meglio con il pastorizzato”…. Peccato, perché nei formaggi francesi e spagnoli, l’essere prodotto con latte crudo campeggia bello orgoglioso in etichetta. Invece Valsana, una azienda di Santa Lucia di Piave (TV), da oltre dieci anni punta proprio con il latte crudo, selezionando produttori di qualità da tutta Italia ma soprattutto, naturalmente, dal triveneto. Dei vari formaggi assaggiati, veramente notevole il friulano Fagagna stravecchio.

Forse pochi lo sanno, ma nella provincia di Latina si producono delle salsicce che contengono nell’impasto peperoncino e coriandolo. Questo fa sì che si riscontrino sensazioni forti e diverse come il piccante e lo speziato. Il tutto in un prodotto di alto livello, senza grassi inutili, come quello di Scherzerino.

Ivan: una vita per i Caprini. Se uno associa alle capre, e al formaggio di capra, ardui paesaggi montani qui è fuori strada: siamo a nord di Milano, pianura-collina in vista delle Prealpi, parco delle Groagne. Ivan ha un rapporto tutto particolare con le capre. Le alleva da piccole, latte artificiale compreso, le conosce una ad una, e quando devono essere sacrificate (il loro mantenimento è molto costoso), preferisce non esserci. E se uno associasse ai caprini esclusivamente forme piccole e morbide, sbaglierebbe di nuovo perché qui di caprino c’è n’è una forma grande che ricorda quasi quella del Grana.

Mozzarelle a confronto. Superati i momenti bui che proprio lo scorso anno qui a Taste rendevano i produttori di qualità spaventati ed arrabbiati, si ripropone una domanda forse inguenua ma naturale: ma saranno piu buone le mozzarelle del casertano (fra cui la gigantesca aversana) o quelle del salernitano? Questione di gusti, si dirà. Qui, le mozzarelle de La Nuova Casearia (Caserta) sono più elastiche; quelle di Rivabianca (zona Paestum) rilasciano una quantità impressionante di latte.

Se c’è una cosa che va di moda, è la birra artigianale. La cosa interessante è che la birra artigianale definisce nuovi percorsi nella geografia dell’investigatiore di novità per il palato. Per dire, il Birrificio artigianale Barley sta a Maracalagonis (CA); il Birrificio Lodigiano a Casalpusterlengo (LO), il Birra del Borgo a Borgorose (RI)… E proprio a quest’ultimo si deve probabilmente il prodotto più “estremo”, ossia la Sedicigradi°, che ha il corpo di un vino e potenti note fruttate. Poi la Maxima del “Microbirrificio” artigianale Almond ’22 vicino a Pescara, arricchita di miele d’acacia alla fine della cottura del mosto, o la GrandCru, un blend molto complesso di luppoli con l’aggiunta di zucchero biologico Mascobato, che al gusto parte dolce e finisce secchissima.

Siamo arrivati al dolce: i Sorbetti di Della Negra da Mortegliano (UD) sono più cremosi del normale, e vengono inviati in tutta Italia con opportuna refrigerazione. Veramente sorprendente e penetrante il sapore del “Fresh”, al limone e zenzero. Assaggiati, e deliziosi, il Provenza ed il Sicily all’arancia rossa.

E per finire… per la serie l’occhio vuole la sua parte: sul vestito, sui vestiti di chi il cibo lo tratta e lo trasforma. Non solo degli chef quindi, ma di tutto il personale ed in particolare di chi si occupa dell’accoglienza o dei rapporti con il cliente. E sicuramente l’aspetto, il modo di vestire di chi viene al tavolo di un ristorante può essere decisivo nel marcare il luogo nella memoria di chi ci è stato. Una linea di design di Paola Gandini (Gandini Foodwear), proveniente dal mondo della moda, alla quale si affiancherà presto una più “quotidiana”. E poi, una affascinante installazione, un grembiule realizzato con lino e stampi di pasticceria in silicone.

Riccardo Farchioni

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