Centrella: l’artigiano del Greco di Tufo

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Uno dei fenomeni più discutibili e, talvolta, deprecabili che ha interessato l’ultima new wave di piccoli produttori campani è stato rappresentato da una sorta di perverso trend di diversificazione tramutatosi, ben presto, in un vero e proprio processo di de-specializzazione che non sempre ha dato risultati condivisibili e sperati.

C’erano in principio tutta una serie di aziende per lo più a conduzione familiare che producevano un solo vino, al massimo due, rigorosamente dalle proprie vigne. Erano aziende forzatamente specializzate su una sola varietà, ora sull’aglianico di Taurasi, ora sul fiano di Avellino, ora sul Greco di Tufo, perchè quelle molto spesso erano le sole uve disponibili nei proprii filari. L’arrivo della Docg anche per le due denominazioni a bacca bianca ha rivoluzionato questa situazione, sollecitata da un mercato della ristorazione e delle enoteche sempre più miope e pigro.

Non bastavano più le carte dei vini fotocopia proposte dagli agenti plurimandatari, che risolvevano la “fatica” di selezionare i vini sostituendosi nella scelta al cliente di turno. Carte anonime, ripetitive, molto spesso rimpinguate con i soliti intrusi ed immancabili internazionali. No, tutto questo non era ancora assolutamente sufficiente. Perché essere costretti a contattare tre diversi produttori per approvvigionarsi di tre diverse tipologie (anche se talvolta una valida alternativa poteva – e secondo me ancora oggi può – essere rappresentata dai distributori ma c’era e c’è, comunque, un problema di margine e di ricarichi che non si vuol riconoscere a questi soggetti)? Ecco, dunque, agenti e clienti impegnati a fare pressing sui produttori affinchè inglobassero nella loro offerta tutte le tipologie richieste. Ecco così che chi faceva solo Fiano tira fuori Greco ed Aglianico, chi solo Greco si lancia su Fiano e Taurasi, e via dicendo.

Il compromesso inevitabile per le piccole aziende non in grado di effettuare investimenti economici di tale portata è stato quello, non potendo comprare nuove vigne e neanche poterle prendere in affitto perchè impossibilitati a lavorarle, di obbligarli ad acquistare le uve. Per molti è divenuta una soluzione ultima, quasi inevitabile, per poter resistere e sopravvivere sul mercato. Sia ben chiaro, non che tutti abbiano fallito o ci abbiano deluso andando in questa direzione, perché molti di questi stessi produttori hanno dimostrato di cavarsela egregiamente anche lavorando con uve diverse e in diversi terroir.

Ad ogni modo l’azienda della quale ho deciso di parlarvi, almeno per il momento, non sembrerebbe orientata a questa scelta, continuando a lavorare esclusivamente un vitigno soltanto: il Greco di Tufo. Nata alla fine degli anni ’70 dalla passione di Carlo Centrella, l’azienda ha sempre vinificato quest’uva inizialmente per autoconsumo familiare. I figli, Andrea e Stefania, hanno deciso di ripensare questa tradizione commercializzando le 5000 bottiglie prodotte ( o poco più) con una propria etichetta. Il Selvetelle nasce da una vigna sita nell’omonima località in Contrada Guardie, in quel di Torrioni, piccolo comune della provincia di Avellino. Il clima è semicontinentale, qui le correnti calde provenienti dal mare sono ostruite dai Monti Picentini. La coltivazione della vite diventa, così, più difficile e sofferta, con rese basse e maturazioni più equilibrate che ripagano in termini di una migliore qualità. Il suolo tufaceo-vulcanico marca il vino con il suo inconfondibile timbro sulfureo.

Cogliendo l’occasione di aver ricevuto i campioni dell’annata 2008, adesso sul mercato, ho deciso di scendere in cantina per stappare una bottiglia dei millesimi in mio possesso, tre su quattro finora prodotti (manca la 2007), e servirmi, con calma, tra le mura domestiche, una mini-verticale. Un situazione privata che mi ha permesso di prestare la giusta concentrazione ai vini, dedicando la necessaria attenzione ad ogni singola annata, evitando ogni tipo di condizionamento esterno, confrontando i vini tra di loro e testandone la loro evoluzione nel tempo. Il risultato complessivo è stato decisamente confortante e positivo, confermando la validità di questa piccola azienda, della sua scelta coraggiosa di conservarsi monovitigno e di una filosofia produttiva semplice basata sul rispetto della natura ed ispirata alla ricerca di un’istintiva naturalezza espressiva. Vini dal gusto antico, non sempre facilissimi da approcciare, talvolta spiazzanti, ma vini veri, sinceri, senza fronzoli ed immuni da quegli inutili orpelli che hanno caratterizzato molte interpretazioni ruffiane ed esuberanti di altri produttori in questi ultimi anni. Motivo per il quale  – mi è capitato in più occasioni di constatare-  il bianco di Andrea Centrella sembra soffrire le degustazioni in batteria.

Greco di Tufo Selvetelle 2005

Oro zecchino. Naso fresco, pungente, terroso ed originale. Salsmastro e verde nella sua immediata veste olfattiva, per poi virare su delicati sentori di frutta secca e note minerali. Nessun abisso di profondità né complessità. Un’ampiezza che non ha bisogno di riconoscimenti olfattivi per coinvolgerti ma si affida alla suo genuino calore e alla sua spontaneità contadina, scevra d’ogni sovrastruttura di cantina, per abbracciarti generosamente. Al palato è la parte sapida più che quella acida a tenere banco.  Il finale è sottile, fedele specchio di un millesimo partricolarmente piovoso, con una interessante punta d’amaro in chiusura. Vino ruvido di cui ho assagiato più bottiglie in questi anni traendone sempre la stessa conclusione: la sua scompostezza iniziale non si è ricomposta e non andrà, probabilmente, a risolversi. Più che incompiutezza mi piace pensare che si tratti di una sua connaturata irrequietezza che lo accompagnerà, probabilmente, fino in fondo lungo la sua imprevedibile quanto affascinante curva evolutiva.

Greco di Tufo Selvetelle 2006

La seconda annata ha segnato un cambiamento di stile dovuto alle condizioni climatiche decisamente più favorevoli ad una versione più ricca di ciccia e di frutta. Ecco che emerge la pesca, netta e decisamente più evidente. Ed anche le sensazioni di frutta secca non richiamano più quella asfittica e farinosa della prima vendemmia ma quella più grassa ed oleosa. Mentre per ritrovare la mineralità dell’annata d’esordio bisogna attenderne l’entrata al palato. E’ in bocca, infatti, dove ritroviamo il profilo secco ed asciutto, il suo dna caratteristico e salino, che conduce ad un finale di buona ed apprezzabile persistenza.

Greco di Tufo Selvetelle 2008

Il millesimo in questione ha avuto un andamento per molti aspetti più simile alla 2006 che alla 2005, eppure il risultato finale sembra essere quello di un giusto equilibrio tra le caratteristiche delle due precedenti annate prese in esame. Al naso c’è sia frutta che la solita inconfondibile carica di mineralità. Un frutto integro e senza sbavature ma neanche esuberante. Al palato quello che colpisce è il finale, che ha una lunghissima persistenza, lasciando per interminabili secondi traccia della sua presenza gustativa. Bianco austero, travestito da rosso, che consiglio a tutti coloro che vogliano imparare a conoscere ed approfondire un vitigno, il Greco di Tufo, nella sua veste più tipica, quella di autoctono scorbutico ed  originale.

Azienda Agricola Carlo Centrella
Via Guardie, 115
83010 Torrioni (AV)
Tel. e Fax 0825.998098
www.centrellavino.it

Fabio Cimmino

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