Una Storia delle Colline. O della civiltà contadina

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Una Storia delle Colline è sì il titolo di un libro, ma a ben vedere è soprattutto volontà condivisa (diversi infatti i contributi narranti) di celebrare una terra, il Roero, alla ricerca dei sentimenti più profondi che muovono uomini e donne a sentirne l’appartenenza, ieri come oggi. Per questo il titolo è solo esemplificativo, perché lì dentro c’è di più, oltre che una storia di colline. E il fil rouge che guida il racconto si muove sulle onde emotive di un ricordo collettivo, tributato dai familiari e dagli amici di sempre alla figura di Matteo Correggia, vignaiolo simbolo della renaissance enoica della rive gauche del Tanaro, tragicamente scomparso qualche anno fa a causa di un incredibile incidente sul lavoro.

L’ho letto tutto d’un fiato ‘sto libro qua, ché sono belle le parole e sono belle le immagini (anche in questo caso diversi i contributi fotografici, dalle “foto-acquerello” dedicate alla natura esplosiva, mutevole e “padrona” che c’è lì, ad altre  – non meno incisive – di più realistica quotidianità campagnola). Di più, in qualche passaggio non ho trattenuto le lacrime, ed era già un po’ di tempo che non piangevo. No, questo libro non è solo ricordo di una persona amata, ma svela altri orizzonti, aprendosi ad altre chiavi di lettura, perché i ritratti familiari, con la dimensione privata del dolore (fra disincanto, rabbia e struggente dolcezza) si fondono qui con la caparbia determinazione a non arrendersi mai tipica della gente del posto. L’affresco a più voci assume allora la potenza evocatrice che sola appartiene alla cultura della terra, alla saggezza semplice e “laicamente santa” della civilità contadina. E così, dal ricordo drammatico di una morte assurda accaduta ad un giovane uomo, nasce il sentimento di riscatto di una comunità intera, e te ne accorgi per quanto siano stati accolti quegli stimoli, fattivi e ideali insieme, che Matteo si dannava di inculcare ai tanti amici vignaioli in nome del vino “nuovo”, che avrebbe dovuto finalmente, orgogliosamente, chiamarsi Roero.

Carlo e Alessandro Avataneo (padre e figlio) ci conducono per mano dentro una storia privata e collettiva, in cui gli amici storici (fra cui Renato Domenici, Carlin Petrini, Elio Altare, Roberto Voerzio, Giorgio Rivetti, Funtanin, Angelo Ferrio, i fratelli Damonte di Malvirà, Filippo Gallino, Vincenzo Zappalà) e i familiari di Matteo sono le voci narranti, raccolte nella immediatezza di un pensiero partecipato, di una emozione finalmente liberata, di un incoraggiamento o di un aneddoto, senza mai scadere nel tranello della leziosità letteraria, bensì conservando la spontaneità di una chiacchierata che venga dal cuore. Si dice che Matteo corresse sempre, con la testa e con il corpo, e che in quella sua adrenalinica frenesia intendesse coinvolgere la sua gente, i suoi vignaioli roerini, cercando di trasmettere loro l’energia e il coraggio per tentare qualcosa di più e di meglio. Si dice cioé che non facesse niente per sé, ma sempre e comunque cercasse il conforto di una condivisione, la più ampia possibile. La dimostrazione che abbia raggiunto il suo scopo sta nel rinnovato entusiasmo dei produttori vecchi e nuovi del suo Roero. La dimostrazione sta nella immagine più bella del libro, il momento in cui, all’indomani dei funerali, un gran numero di vignaioli (importanti e meno importanti) di Langa e Roero, in un silenzio inquieto e rivelatore, si ritrovano TUTTI da Matteo. Non una parola, perché ognuno di loro sa benissimo cosa deve fare: curare le vigne rimaste orfane per la vendemmia nuova che verrà.

“Una Storia delle Colline” – Alessandro Avataneo
155 pag. –  € 45,00 – Federico Motta Editore

FERNANDO PARDINI

4 COMMENTS

  1. caro Fernando,
    belle parole che contribuiscono a far capire uno dei personaggi più limpidi del mondo vinicolo. Ancora più importante in Matteo erano le sue sicurezze, controbilanciate da tante paure: un uomo vero, non una macchina preordinata. Nella lettera fantasiosa scritta da lui ,che avevo pubblicato qualce tempo fa su queste pagine, avevo proprio cercato di mettere in evidenza la sua enorme umanità che lo faceva ancora più grande! Non dimentichiamoci però la forza ed il coraggio della moglie Ornella che ha raccolto il testimone senza inutili sbandamenti e che ha lottato e che lotta con analoga forza e convinzione! Matteo continua a vivere nei suoi vini!

  2. Gentile Signor Pardini,
    la sua bella e appassionata recensione conferma la bontà della scelta di sostenere la pubblicazione di questo bel libro come di quello di Sergio Miravalle, ugualmente dedicato alla figura di Matteo Correggia.
    A dispetto di tante (incredibili) forze contrarie, dai sedicenti custodi della vera memoria ai non pochi che hanno senza vergogna sminuito il ruolo della vita e della scomparsa di Matteo, quest’opera ha visto la luce e, me lo lasci dire senza retorica, il nodo in gola che l’ha sorpresa leggendolo è la migliore ricompensa del lavoro dell’autore e della convinzione dell’editore. C’è un solo motivo per cui vale la pena pubblicare: l’emozione del lettore. Troppo spesso ce ne dimentichiamo o, peggio, pensiamo che questa si quasi automatica. Nulla di più falso. Quella lacrima, di cui con grande sincerità scrive, ce lo disvela, una volta di più.

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