Una Borgogna da turista, seconda parte

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La visita al museo ci fa compiere un vero viaggio nel tempo -dall’età preromanica ai giorni nostri- di tutto quello che in Borgogna ha significato la parola vino. In particolare colpiscono i prototipi di bottiglie soffiate del settecento, dove personaggi come i tre moschettieri avrebbero potuto attingere il vino, sicuramente diverso da quello prodotto adesso.

Nel lasciare Beaune l’ultimo sguardo cade sui tetti del Hotel de Dieu, che ci portiamo via come ricordo di questa città affascinante.

Al ritorno da Beaune sosta a Pommard, dove degustiamo i vini del Domaine Coste-Caumartin tra cui il Pommard Premier Cru Les Fermiers 2007, il Pommard Premier Cru Le Clos de Boucherottes e il Beaune Premier Cru Les Chouacheux. Vini sempre molto eleganti ed espressivi, anche se con sfumature diverse nell’espressione del pinot nero.

Il giorno successivo partenza per Fontanay e Chablis. Un viaggio di oltre 100 km ci attende e la partenza è di buon mattino. La strada dopo Beaune combia nel paesaggio. Non troviamo quasi più vigneti ma immense distese di grano e senape, certamente a causa della vicina Digione che visiteremo il giorno dopo. Intanto la giornata è luminosa e fresca, e così possiamo fermarci un attimo prima di raggiungere l’abbazia Montbard, tagliata dalla Brenne, fiume che incontra il Canal de Bourgogne. Bella cittadina della Cote d’Or.

Arriviamo infine a Fontanay attraversando boschi di querce secolari e costeggiando un piccolo torrente che transita accanto l’abbazia. Il luogo è veramente incantevole. Come tipico dei cistercensi abbonda di acqua e di verde. La struttura di proprietà privata è patrimonio dell’UNESCO.

Fondata, su spinta dei clunacensi, da Bernardo di Chiaravalle intorno al 1118, ebbe un forte sviluppo nel XII- XIII secolo. Venne saccheggiata nella guerra dei 100 anni e nelle guerre di religione del XVI secolo. Ma il colpo peggiore lo ebbe durante la rivoluzione francese, che confiscò i beni del clero e chiuse l’abbazia. Passò cosi di mano fino ad entrare a far parte delle proprietà dei fratelli Montgolfier, che la trasformarono in una cartiera. Impressionanti in questo senso le foto dell’epoca, dove le sale finemente decorate ospitano cataste di legno, polveri e rotaie.

Successivamente è entrata in possesso dell’attuale proprietario, che l’ha restaurata completamente e aperta al pubblico. Essa è infatti, nonostante le vicissitudini, una delle abbazie cistercensi meglio conservate.  La chiesa ed il chiostro sono senz’altro l’attrazione principale del complesso abbaziale, che si sviluppa su diversi edifici separati. Il giardino che sta alle spalle del chiostro, se pur ricostruito di recente, è stato riprodotto sui disegni originali e trasmette un senso di quiete e armonia. All’interno della chiesa si trova una curiosa ara funeraria: un cavaliere e una dama riposano assieme, confortati da un frate che legge per loro.  La composizione è in parte restaurata e non vi sono iscrizioni a spiegazione, ma all’interno della grande navata vuota ha un effetto veramente singolare. Un’altra attrazione dell’abbazia è il maglio ad acqua. Invenzione del periodo medievale, qui ve ne sono uno conservato (non attivo) e uno ricostruito per uso didattico.

Terminata la visita, puntiamo dritto su Chablis. La cittadina francese, nota nel mondo per i vini bianchi rigorosamente a base chardonnay, si sviluppa in una conca circondata da colline coperte di vigneti in ogni direzione. Ci appare come un’isola di viticoltura in una campagna che tutt’intorno si compone di boschi e praterie coltivate a grano e colza, o altrimenti lasciate al pascolo delle mucche da carne, che puntualmente vedi fare capolino da dietro le siepi che delimitano appezzamenti e proprietà.

Qui siamo arrivati per la visita alle cantine, anche se non è da disdegnare la chiesa principale, con una curiosa porta laterale sicuramente dedicata ai cavalieri! La giornata è calda e nel primo pomeriggio la freschezza dei vini di Chablis appare ancor più sublime. Parlando con i produttori scopriamo che qui l’epoca di maturazione delle chardonnay varia, a seconda dell’annata, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Una differenza abissale rispetto ai nostri climi e alle tipologie di chardonnay che produciamo a casa nostra. Come sempre l’ambiente domina sulla varietà e ne condiziona i risultati.

Su indicazione di un amico, nel tardo pomeriggio visitamo il Domaine Alain Geoffroy, casa vinicola con ottima performance su tutta la serie di vini proposti, tra i quali ci piace particolarmente ricordare il Vieilles Vignes 2007 , in vendita a soli 8 euro e 40. Il vino si presenta fresco, ampio, di una mineralità sorprendente. Tra i Premier Cru apprezziamo molto il Fourchaume 2007, grazie alle brillanti note floreali e al lunghissimo finale, e lo Chablis Grand Cru les Clos, caratterizzato da una giovinezza e una complessità che fanno presagire ampi margini per una felice evoluzione.

Sulla via di ritorno scorgiamo castelli che paiono usciti da favole medievali: nella prima luce serale ci sembra di essere catapultati, per un attimo,  al tempo dei moschettieri e delle dame di corte, mentre mandrie di bovini pascolano pacifiche nelle vicinanze.

Il giorno seguente la meta principale è Digione, non prima però di aver compiuto una breve visita a Buxy. Piccolo centro della Côte Chalonnaise, circondato da borghi altrettanto famosi per i loro vini quali Montagny e Rully, nasce come ospizio nel periodo medievale. Successivamente il paese, che originariamente apparteneva ai Conti di Chalon, passa ai duchi di Borgogna nel 1237. Buxy fu poi riunita alla corona da Luigi XI nel 1477, da cui il suo soprannome Buxy-le-Royal. Nel 1565 passa a Luigi Bourbone Prince de Condé, dal suo matrimonio con Françoise d’Orléans. Il borgo fu saccheggiato nel 1576.

Da vedere il torrione rosso, con annesso ristorante e cantina, e la chiesa madre con vetrate di pregio in stile tedesco. Buxy è anche sede di una pregevole cantina cooperativa, dove è possibile acquistare vini di buona fattura a prezzi più che ragionevoli.

Ma ora puntiamo decisamente su Digione. Capoluogo della Borgogna, ha il piglio della grande città anche se i suoi abitanti sono solo 150 mila. La storia la vuole all’origine castrum romano e successivamente, sotto Enrico figlio di Roberto il Pio, feudo da cui nasce poi il ducato di Borgogna con Digione come capitale. Terminata la dinastia capetingia, il ducato torna ai reali di Francia e con Giovanni il Buono viene assegnato a Filippo l’Ardito, suo quarto figlio. Da lui prende il via la dinastia dei Valois, che regnerà sul ducato fino al 1476.

Ma la città conserva anche monumenti più recenti, che visitiamo nella giornata. Il duomo (Église Notre-Dame), particolarmente interessante, le vie centrali di impianto medievale e le Palais des Ducs, che si affaccia su Place de la Libération. Il Duomo in particolare è caratterizzato all’esterno da una piccola civetta in bassorilievo, che è divenuta il simbolo turistico della città. Chi passa da lì la tocca in segno augurale. Tanto è famosa che la città prevede un percorso turistico segnalato sul pavé con l’effige della famosa civetta.

Questo sentiero immaginario ci porta nel tempio della famosa Senape di Digione , il negozio di Maille, dove si vendono svariate mostarde aromatizzate per tutti i gusti e anche alla spina. La tradizione d’uso locale per questo condimento è così forte che durante la nostra visita abbiamo assistito all’acquisto di litri di mostarda, venduti in contenitori di grande capacità acquistati da privati. Putroppo la pioggia affretta la nostra visita, non prima però di aver assaggiato l’ottima pasticceria locale, con un Panpepato assai lontano dalla tradizione senese.

Come già accennato, la nefasta epoca napoleonica ha distrutto molti monumenti legati alla religione e alla fede. Digione possiede alcune chiese di particolare importanza anche storica ed artistica delle quali però la parte monumentale è andata quasi completamente distrutta durante il periodo della rivoluzione e il successivo periodo napoleonico. Moltissimi portali e frontoni di chiese sono privi di statue, distrutte in quel periodo, dato che in questa zona resistette molto la fazione realista, che la rappresaglia rivoluzionaria volle punire anche in questo modo.

La prima parte

Lamberto Tosi

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