Pastificio Verrigni… una pasta veramente “preziosa”!

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È comune associare l’Abruzzo alle sue carni d’agnello, o al vino Montepulciano, o ad alcuni prodotti da buongustai come lo zafferano di Navelli e i confetti di Sulmona. Non molti sanno, invece, che in questa piccola regione hanno sede alcuni dei più famosi pastifici industriali del paese, come De Cecco o Del Verde, tanto per fare un paio di nomi. L’Abruzzo quindi è anche terra di pastai, e sono numerosi i piccoli pastifici artigianali che, poco noti al grande pubblico, riforniscono col loro prodotto d’eccellenza chef e ristoranti famosi in tutto il mondo.

Il pastificio Verrigni, a Roseto degli Abruzzi, sulla costa adriatica della provincia di Teramo, è uno di questi.

I Verrigni, sul finire del 1800, erano una famiglia di carrettieri: tra le tanti merci trasportate (sulla piattina a traino animale e sui primissimi mezzi a motore) trovava spazio anche una modesta produzione di pasta, macinata a pietra ed essiccata naturalmente, apprezzata e consumata dalla borghesia del posto. Fu poco prima della  Seconda Guerra Mondiale che i fratelli Verrigni divennero pastai a tempo pieno, inaugurando il primo pastificio nel 1935. L’azienda guadagnò presto buona fama, specie nel centro-sud Italia, dove la loro “pasta extra lusso” (così li leggeva sui volantini dell’epoca) era apprezzata per qualità e sapore. Fu negli anni Settanta, Ottanta e Novanta che si intensificarono le esportazioni all’estero, specie in Germania, Belgio, Francia, Olanda, mercati per i quali il pastificio intensificò la produzione di pasta biologica a lenta essiccazione. Quei mercati, infatti, mostravano già allora una maggior sensibilità ed arrivarono ad assorbire il 98% della produzione (basti pensare che oggi in Germania, ad esempio, la pasta biologica è obbligatoria in tutte le mense scolastiche). Per questo motivo la pasta Verrigni, nonostante l’indubbia qualità, ha avuto una scarsissima distribuzione nel nostro paese, rimanendo pressoché sconosciuta.

Oggi il pastificio Verrigni è guidato dal dinamico Gaetano (quarta generazione della famiglia) e da sua moglie Francesca, che non vogliono però accontentarsi solo di far “quadrare i conti” grazie alle solide relazioni commerciali con i paesi del Centro-Nord Europa. Il loro obiettivo è dimostrare che la pasta non è solo un simbolo (forse il principale) della cultura culinaria italiana, ma può anche diventare oggetto di sperimentazione gastronomica e di continua tensione alla ricerca di genuinità e soddisfazione del palato. Pur avendo investito molto in iniziative atte a valorizzare il marchio, i formati, il packaging e la distribuzione (la pasta Verrigni è presente in tutte le principale fiere e manifestazioni di settore, spesso promossa da testimonial importanti tra cui troviamo alcuni dei più noti chef del paese), il punto di forza del prodotto resta il processo di produzione.

Si parte dalla selezione dei migliori grani duri …<<solo italiani!>>, ci tengono a precisare Gaetano e Francesca, che ho incontrato nella sede dello stabilimento a Roseto. <<Una piccola parte li anche coltiviamo e raccogliamo nella nostra azienda agricola, nelle campagne del teramano. Vorremmo sviluppare sempre più questa auto-produzione, trovando magari qualche partner serio che ci aiuti a sperimentare qualche particolare varietà di grano tipica della nostra regione. Oggi per produrre il centinaio di formati che commercializziamo usiamo semole di grano duro da agricoltura biologica, oltre a semole integrali, farro, Kamut (una varietà di grano duro ricca di proteine, amminoacidi e minerali, probabilmente originaria dell’Egitto) e Senatore Cappelli (una varietà di frumento di altissima qualità, recentemente recuperata dopo un periodo si abbandono dovuto alla scarsa resa produttiva; si contraddistingue per una pasta dalla consistenza non omogenea, con uno strato esterno più morbido e uno interno più duro e fragrante)>>.

Mentre visitiamo lo stabilimento Gaetano e Francesca mi spiegano come per ottenere un prodotto di qualità, oltre alla selezione dei grani, è fondamentale il processo di essicazione. <<Oggi in molti pastifici industriali, altamente meccanicizzati e con volumi enormi da gestire, si tende ad accorciare il più possibile questa fase della lavorazione, portando la pasta in ambienti ventilati con aria calda, dove la temperatura può superare i 100 gradi. In questo modo sono sufficienti poche ore per portarla al giusto grado di umidità, ma è come se la pasta fosse “pre-cotta”. Essa si indurisce in superficie (subisce una sorta di “vetrificazione”), assume un colore più scuro e ambrato, e brucia gran parte delle sue componenti odorose. Noi invece la teniamo in continuo movimento all’interno di piccole camere di essicazione, a una temperatura di circa 45-50 °C, dove possono essere necessari fino a tre giorni per i formati di pasta più “difficili”. In questo modo però preserviamo le caratteristiche naturali del prodotto, che resta più profumato e di consistenza omogenea>>.

La strada verso un prodotto di qualità parte quindi da un’attenta selezione dei grani e si conclude con un processo di essicazione lenta. In mezzo, però, un altro passaggio cruciale: quello della trafilatura. E qui i Verrigni hanno pensato a qualcosa di veramente particolare! La trafilatura, ricordiamo, consiste nel far passare l’impasto attraverso un macchinario, detto appunto trafila, che dà la forma alla pasta. Tale macchinario può essere composto da materiali metallici, o da materiali plastici, decisamente più economici. Le trafile metalliche sono più delicate e conferiscono alla pasta una certa rugosità in superficie, che consente di trattenere meglio il condimento. Il più noto materiale metallico per le trafile è il bronzo, ma i Verrigni hanno voluto spingersi oltre: sono stati i primi (e gli unici finora) a sperimentare la trafila in oro, fatta realizzare per l’occasione da un amico orefice!

Senz’altro una buona idea di marketing (<<Ci aiuta bene a vendere nei mercati orientali – dice con franchezza la signora Francesca – dove l’oro ha storicamente sempre avuto un grande fascino>>), ma con una fondamento tecnico non banale. Usando una lega ancor più nobile del bronzo, i risultati paiono confermare che l’impasto risulta ancor meno “stressato”, più ruvido e dolce, aromaticamente diverso. Analisi sensoriali e test “alla cieca” attribuiscono a questa pasta speciale – disponibile oggi nei due formati “Spaghettoro” e “Fusilloro” – una maggior capacità di assorbire e legarsi ai condimenti, una maggior tendenza dolce del gusto (che, ad esempio, si sposa magnificamente con condimenti salati), un profumo più intenso e vagamente vanigliato, una minor collosità. L’ho provata con un sugo al basilico molto semplice e devo dire che una maggior complessità gustativa e una maggior consistenza all’assaggio l’ho notata anch’io. Trafila in oro o no (mi riprometto di approfondire il discorso in futuro), sta di fatto che questi “spaghettoni” erano veramente squisiti!

Verrigni – Antico Pastificio Rosetano 1898
Via Salara, 9 – 64026 Roseto degli Abruzzi (TE)
Tel: 085-9040269   –   Fax: 085-9040426
www.verrigni.com
info@verrigni.com

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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