Richiami d’Alsazia. Vini a cavallo tra Francia e Germania

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MILANO – Per chi vi transita in primavera, l’Alsazia si svela come uno scrigno di tesori che stanno per sbocciare. E in primavera ecco che i vini alsaziani si fanno conoscere anche alle nostre latitudini con eventi come quello organizzato a Milano dal Conseil Interprofessionnel des Vins d’Alsace. Una degustazione dove, giustamente, il Conseil ha calato i propri assi, portando una compagine di vignaioli davvero forte. E, inoltre, accompagnando alla classica degustazione ai banchi una più ristretta degustazione guidata, che fornisse le necessarie basi tecniche per avvicinarsi ai vini alsaziani.

PER SAPERNE UN PO’ DI PIÙ DELL’ALSAZIA

Condotta dal dottor Giorgio Colli, docente dei corsi AIS e giornalista enogastronomico, la degustazione guidata è stata una utile introduzione al vino alsaziano e alla strada del vino della regione. Un territorio, quello alsaziano, storicamente sempre conteso tra Francia e Germania. L’Alsazia è infatti una regione che si sviluppa da nord a sud (per intendersi, si potrebbe rappresentare con una fascia che poco oltre Basilea, al confine svizzero, sale a nord fino a Strasburgo), stretta tra la catena francese dei Vosgi (a ovest) e il corso del fiume Reno (a est), che fa da confine con la Germania. Per capire l’influenza tedesca su questa vallata, basta dare un’occhiata ai nomi dei paesi: Guebwiller, Soutlzmatt, Hunawihr, Mittelbergheim… Insomma, ci troviamo davanti a una regione con moltissime differenze dal resto della Francia. Anche a livello enologico. I Vosgi fungono infatti da “trampolino” alle perturbazioni che vengono da ovest, e che saltano così la fascia collinare alsaziana per andare poi a scaricare le piogge sulla piana tedesca. In questo modo l’Alsazia ha una piovosità scarsissima, molto al di sotto della media francese. Assai particolari anche i vitigni: l’unico a bacca nera è il pinot nero, retaggio degli anni di dominazione tedesca, quando c’era bisogno di produrre vini rossi, e che dà esiti mediamente non straordinari. Il resto della produzione è giustamente dominato dai bianchi, che grazie ai suoli calcareo-marnosi danno vini di grande mineralità, capaci di lungo invecchiamento.

Ecco quindi i classici vitigni a bacca bianca:

Sylvaner, precoce, dalla produzione regolare, dà vini freschi adatti ai frutti di mare.

Pinot Blanc, precoce, fresco e fruttato, senza eccessi di zucchero. Coltivato sul 21% della superficie, ma in via di riduzione.

Muscat (nelle varianti Muscat d’Alsace e Muscat Ottonel), molto terpenico e quindi aromatico, dà vini fragranti, che richiamano i profumi d’uva fresca. In Alsazia lo si vinifica secco, anche perché grazie alla natura dei suoli, non dà finale di bocca amaro. Un ottimo vino per aperitivi o asparagi.

Riesling, vitigno tardivo, dà vita a vini longevi e strutturati, con note minerali che all’invecchiamento tendono ad acquisire sfumature di idrocarburi. Talmente corposo e complesso da poter reggere anche la cucina orientale speziata. Occupa il 21% della superficie vitata alsaziana, e sta aumentando.

Pinot Gris (fino a tre anni fa chiamato Tokay-Pinot Gris, poi per le famose norme europee cambiato in Pinot Gris), vitigno tardivo, dà vita a vini strutturati, dal colore intenso, invecchiando diventa ambrato. Riesce a reggere i piatti di tradizione germanica come la choucroute.

Gewurztraminer, aromatico, floreale, speziato, con note di fiori d’acacia, agrumi, frutti esotici… una esplosione di profumi, che regge anche formaggi molto stagionati.

Altra particolarità dell’Alsazia rispetto al resto della Francia: qui si vinifica generalmente per monovitigno, e in generale l’uso del legno per l’affinamento assai limitato. A livello di zonazione delle vigne, sono censiti e regolamentati 51 Grand Cru (dove i vitigni ammessi sono però solo quattro: Riesling, Muscat, Gewurztraminer e Pinot Gris.

Le denominazioni: in Alsazia ce ne sono tre: Aoc Alsace (il 74% dei vini), Aoc Alsace Grand Cru (il 4% dei vini), e AOC Crémant, ossia lo spumante metodo classico (ha una buona diffusione internazionale per l’ottimo prezzo medio, e per il fatto che non è troppo impegnativo). Inoltre sono celebri le Vendages Tardives (vendemmie tardive, da uve lasciate a sovramaturare in vigneto, spesso attaccate da muffa nobile) e le Selection de Grains Nobles (ulteriore cernita di uve con percentuali zuccherine elevatissime).

I vini presentati nella degustazione del dottor Colli Avevano lo scopo di introdurre le “basi” dei vini alsaziani, ponendo in assaggio prevalentemente vini giovani, in modo da poter riconoscere i caratteri primari dei vitigni. Ma la grande Alsazia era nell’altra sala, dove erano presenti alcune delle più prestigiose maison.

ALCUNI INCONTRI AL BANCO DI DEGUSTAZIONE

Dopo lo smarrimento iniziale si parte a raffica. Con Charles Wantz, simpatico ed elegante produttore di Barr. L’anno scorso i suoi vini mi avevano colpito per la precisione e la coerenza di stile, che lui aveva definito “riesling-style”, ossia vini focalizzati su mineralità e acidità sostenuta, senza troppe concessioni alle morbidezze date dal residuo zuccherino. Quest’anno ho assaggiato il suo Pinot Blanc Réserve Particulière 2008 (12%), secco e floreale, e il Pinot Gris Collection Personnelle 2004 (12,5%), dal colore paglierino carico e il naso suadente e complesso, con sensazioni marine e di idrocarburi. Grande acidità e un lungo finale. Il suo Riesling 2008 si mostrava invece ancora troppo giovane, con un’acidità eccessiva, da smorzare col tempo. Ma ecco il Gewürztraminer “O” 2005, 13,5 % alcolici per un vino dai riflessi dorati scintillanti, grasso nel bicchiere e con un palato, più in spolvero dell’olfatto, grasso e piacevole, bilanciato tra dolcezza e acidità. Il lungo finale affascina con sensazioni retronasali dominate da una netta nota fumé. Infine, ecco il Gewürztraminer Vendage Tardive 2006 (13,5%), dorato brillante, naso ricco, fruttatissimo, ma che ha in più una marcia di concreta finezza, molto complesso. Si apre dolce in bocca e poi, mentre al retronasale affiorano le note di idrocarburi, entra in scena l’acidità a sostenere il tutto. Di lunghissima persistenza, ricco e ben bevibile.

È il turno di un vigneron di quelli che si vorrebbero incontrare spesso: Seppi Landmann, da Soulzmatt. Stazza notevole, barba, ciarliero e simpatico, dotato di gran carisma. Possiede vigne nel Grand Cru Zinnkoepflé, il cru più alto in Alsazia, ma ci tiene a dire subito che le sue vigne sono tutte dei gioielli. La sua batteria inizia con un Riesling 2008 dotato di acidità tagliente, per passare al Riesling Grand Cru Zinnkoepflé 2008. Ancora chiuso al naso, è un vino da attendere; rivela in un secondo momento richiami citrini e minerali; in bocca conferma la nota citrica e, seppur dietro la scontrosità dovuta alla gioventù, fa intravedere anni e anni di vita davanti a sé, con una classe che già adesso si fa notare. In ogni caso, berlo ora è un vero infanticidio.

Si passa poi al Pinot Gris Vallé Noble 2007, giallo pieno e brillante, con sensazioni fruttate di pesca al naso, molto discrete. In bocca è ampio, apre dolce e poi prosegue sicuro all’insegna della freschezza, acidità, sapidità e grande lunghezza. Il fratello “più alto”, il Pinot Gris Grand Cru Zinnkoepflé 2002 si presenta alla vista con un giallo dorato con riflessi verdolini, un naso di erbe falciate, idrocarburi, miele, una nota affumicata… In bocca mantiene tutte le promesse: raggiunge un pieno equilibrio tra acidità e grassezza. Interminabile in quanto a persistenza. Concludiamo l’incontro con Seppi con il magnifico Gewürztraminer Vendage Tardive 1998. Colore dorato pieno, è un concentrato di sensazioni olfattive, dove – tra le altre cose – puoi riconoscere i fiori di mimosa, la nocciola… In bocca è altrettanto ricco, tanto complesso da “far cadere le braccia al degustatore”. Vini emozionali come questo rendono inutile un tentativo di descrizione.

Di Daniel Ruff e della moglie, vignaioli del nord alsaziano (per la precisione di Heiligenstein), ci ha colpito positivamente l’attaccamento a un vino raro, il Klevener de Heiligenstein. Daniel ama ripetere scherzosamente che si è sposato due volte: la prima con sua moglie, la seconda con il Klevener. Si tratta di una particolarità enologica assai rara: ottenuto dal vitigno Savagnin rose, di provenienza del Jura, è un vino che ha ottenuto la denominazione comunale: in Alsazia lo si può produrre solo nel comune di Heiligenstein, dove è presente sin dal diciottesimo secolo. Ma prima del Klevener ci fa assaggiare un cremant, il suo Brut Cuvée Guillaume, da un blend di pinot blanc, pinot auxerrois, chardonnay e pinot noir. Affina un anno sui lieviti, e oltre ai piacevoli sentori di crosta di pane, in bocca ha una effervescenza cremosa, buona acidità, e una ottima persistenza.

Della batteria dei Klevener assaggiamo invece il Vieilles Vignes 2009, dal vigneto Schwendehiesel, con viti di 35 anni di età. Questo 2009 ha 13 gradi alcolici e un residuo zuccherino assai importante (18-19 grammi per litro). Fermenta in botti grandi di legno, e presenta un naso personalissimo, tra il fruttato e il lievitoso, sensazioni che si ritrovano anche al palato, dove la componente fruttata si apre in modo avvolgente. Assaggiamo anche il Riesling L’Authentique 2009, con un naso complesso, tra la cipria e note di salsedine. In bocca è ricchissimo e ben bilanciato tra dolcezza e sapidità. L’altro Klevener, il Klevener Barrique 2008 si presenta invece, a differenza dei fratelli, meno personale e caratterizzato; il legno tende a coprire e a smussare la fragranza del vitigno, che si rivela quindi castigato. Facciamo in tempo anche ad assaggiare il Gewurztraminer Vendage Tardive 2007, ottimo, con frutta esotica in gran spolvero, sensazioni muffate, agrumi, splendido bilanciamento tra acidità e dolce opulenza.

Poco più a sud di Heiligenstein c’è Andlau, da cui proviene il Domaine Gresser. Di questo produttore colpisce la raffinatezza di impostazione, che si ritrova in tutti i vini della batteria: ad esempio nel Riesling Duttemberg 2008 (12,5%), che si fa notare per il naso etereo, di trucco, e per la marcatissima sapidità in bocca, che garantisce e sostiene una persistenza gustativa lunghissima. Da non dimenticare anche il Riesling Grand Cru Moenchberg 2006 (12,5%). Al naso si affaccia con discrezione, più minerale che fruttato; sapido e persistente, fa affiorare sensazioni retronasali che richiamano la foglia di tè. Un vino meditativo.

Ecco poi il Riesling Grand Cru Wiebelsberg 2006, paglierino intenso e lucente; proviene da un terreno originato dalla classica pietra rossa dei Vosgi. Finezza assoluta; naso molto discreto, minerale, e una personalità che incanta con la sua misura e la sua persistenza, che si prolunga su note affumicate. Si passa poi ai Pinot gris: il Brandhof 2008, da terreni sabbiosi, che si tiene in equilibrio tra dolcezza fruttata e marcata acidità, e il Grand Cru Wiebelsberg 2008. Paglierino chiaro, ha un naso fine e minerale, e anch’esso gioca con il contrasto tra acidità e ampiezza fruttata, con una personalissima sensazione retronasale che richiama la curcuma.

Il gran finale lo facciamo da Kuentz-Bas Alsace, con una nutrita batteria di vini, che vanno dal fragrante Muscat Trois Chateaux 2008, al Riesling Grand Cru Pfersigsberg 2007 (cru in regime di coltivazione biologica), che sfoggia un naso dominato dalla nota minerale classicissima del vitigno, e in bocca si fa apprezzare per potenza, acidità, persistenza, signorilità. I fuochi artificiali cominciano con il Gewurztraminer Pfersigberg 2007, giallo paglierino brillante, naso che schiude sensazioni erbacee di malva ed erbe di campo, mentre in bocca ha un attacco fulminante: sa essere citrino e dolce allo stesso tempo, scardina il palato con un impatto violentemente avvolgente; ha 52 grammi di zucchero per litro, e non si sentono per niente.

Poi tocca al Riesling Cuvée Jeremy Selection de Grains Nobles 2001 (12,5%). Vendemmiato il 14 dicembre 2001 a -15 gradi di temperatura, si presenta di color dorato brillante, mentre al naso oltre al minerale si aprono sensazioni complesse di pasticceria fine. È un vino, anche in questo caso, che lascia basiti. Unisce una materia quasi masticabile con uno spirito etereo che tocca il fumé, dolcezza estrema e acidità da record, in un’interminabile gioco di echi e di ricordi sensoriali.

Degustazione effettuata il 29 marzo 2010 presso l’Hotel Le Meridien Gallia, Milano

Si ringrazia il Conseil Interprofessionnel des Vins d’Alsace e Sopexa Italia

www.vinialsazia.it

Foto: © Sopexa per le foto del dottor Colli, di Charles Wantz e per la cartina; le altre © dell’autore

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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