Una Piazza del Vino a Firenze

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Vorrei raccontarvi di apocalittici giri per la città alla ricerca del ristorante tanto agognato e farvi perdere un po’ tra le strade di una Firenze trascurata e bagnata dalla pioggia. Purtroppo però non potrò fare niente di tutto questo, perché là dove finisce la nostalgica poesia ha inizio la tecnologia. E senza errore (o quasi, non sempre è facile usare un navigatore, che credete!), il ristorante meta della mia golosa missione è stato raggiunto in meno di venti minuti, traffico permettendo.

Avevo sentito molti colleghi parlare di questo posto, e un po’ per la curiosità delle mie papille gustative, un po’ per capire quel sorrisino soddisfatto che vedevo sui loro volti, ho deciso di renderlo teatro di una pseudo improvvisata di un lontano cavaliere di origini emiliane. Sì, so cosa pensate, si dovrebbe sempre consigliare un posto che si conosce, ma alla fine se la serata è all’insegna del nuovo, allora che lo sia tutto, pure il ristorante.

La Piazza del Vino è un locale che ha aperto poco più di un anno fa in zona Firenze sud, più esattamente in via della Torretta 18/r. Ricavato dalle sale della ex-mensa della facoltà di Psicologia dell’Università di Firenze, il ristorante offre all’occhio dell’avventore un panorama molto ampio, fatto di soffitti altissimi, sale spaziose e tavoli fortunatamente grandi e accoglienti. Solo poche pareti mostrano pietra a vista, mentre le altre offrono una visione quasi idilliaca di scaffali pieni di bottiglie provenienti da tutta Italia. Dalla sala centrale, poi, è possibile osservare apertamente tutto quello che avviene in cucina, dalla consegna dell’ordinazione alla preparazione vera e propria dei piatti. Una scelta coraggiosa, potrete pensare. Ebbene sì, credo proprio che lo sia. Non si deve avere paura di niente in questo caso. Ed effettivamente non ce n’era motivo. I gesti dei cuochi erano sicuri e netti. Bastava guardare come era dosato il famoso “q.b.” del sale. Colpi precisi, distanze calcolate, quantità nate dall’esperienza.

Rassicurati e incuriositi da un ristorante che non ha paura dell’occhio critico del cliente, abbiamo dato uno sguardo analitico al menù e alla carta dei vini. Mentre io mi aspettavo la solita lista di prodotti tipici locali, il menù lasciava sorpresi per la varietà dei piatti riconducibili a varie regioni italiane. Potevamo mangiare un antipasto in Alto Adige per poi prendere un secondo toscano e infine mangiare dei dolcetti siciliani. E tutto questo scegliendo il vino che più ci piaceva. Insomma la scelta era imbarazzante. Ma questi sono imbarazzi che passano velocemente.

Senza indugio siamo partiti da un fiorentissimo antipasto con coccoli, stracchino e prosciutto crudo salato! Composti da ingredienti molto semplici come acqua, farina, lievito, i coccoli sono piccoli spuntini di forma tonda e soffice che venivano venduti dalle friggitorie di Firenze. Con il tempo le friggitorie sono andate a scomparire, ma queste deliziose frittelle (se così si può dire) salate hanno trovato comunque il loro spazio sulle nostre tavole come antipasto, non certo leggero, ma gustosamente consistente, così come vuole la cucina toscana. I coccoli erano soffici, leggeri e fortunatamente non troppo untuosi, lo stracchino fresco e con la giusta cremosità, il prosciutto ben stagionato anche se sfortunatamente in qualntità un po’ esigua per essere diviso in due: solo quattro fette. Insomma, meglio prenderlo da soli!

Scendendo, c’è chi si limitato a rimanere in Toscana (scelta più che comprensibile) con un ottimo carpaccio con rucola, mentre io mi sono avventurata verso una delle regioni che mi stanno più a cuore: la Puglia. Con degli straccetti di cavallo cotti nel Primitivo e accompagnati da patate arrosto ho potuto riassaggiare gli aromi netti, decisi e coinvolgenti tipici di una delle terre che più amo. I sapori più forti del Primitivo si armonizzavano bene con quelli più dolci e morbidi della carne di cavallo, trovando un giusto compromesso che rendeva la bocca piena senza che qualche aroma prevalesse e persistesse più degli altri.

Come accompagnamento per tutte le portate della cena era stato scelto un Chianti Classico Etichetta Blu 2007 prodotto da Lamole di Lamole con un breve passaggio in barrique. Il vino appariva di un buon rosso rubino anche se leggermente scarico e al naso armonizzava bene gli aromi della frutta rossa con quelli del rovere. Al palato manteneva le promesse, anche se si percepiva la marcatura di una accentuata acidità, caratteristica che comunque ha permesso al vino di potersi confrontare più che egregiamente con tutte le portate, lasciando un bel senso di pulizia in bocca. Purtroppo l’unica battaglia persa è stata quella con gli straccetti di cavallo, ma era una disfatta preannunciata, i sapori del cavallo e soprattutto del primitivo erano troppo preponderanti. Tuttavia è sempre giusto provare, per noi enocuriosi, abbinare, assaggiare e .. anche sbagliare, non credete?

Dopo tutto questo non poteva mancare il dolce. Torta con ricotta e pinoli decorata con scorza d’arancia filettata caramellata. Un giusto piatto da abbinare ad una vecchia conoscenza: E’ stato un piacere infatti ritrovare tra le tante etichette quella di Moscato Rosa di Castel Sallegg assaggiato durante un mia visita recente delle cantine vicino a Bolzano. Il Moscato Rosa è una Doc vino dolce fatto con l’omonimo vitigno con percentuale che varia dal 95% al 100% e che si può produrre solo nella zona vicino alla città altoatesina. Solitamente ha una resa molto bassa e i suoi grappoli non devono essere attaccati dalla muffa grigia (ossia la botrytis cinerea), bensì appassire come fossero uva sultanina. Per tale motivo, spesso l’appassimento viene fatto su un ceppo o appesi al soffitto in locali areati. Caratteristica di questo vino dolce è il colore che può andare dal rosso rubino chiaro fino a raggiungere note ramate. Il bouquet è sicuramente ricco e al palato lascia una buona sensazione di dolcezza, senza però scadere in eccessi e stucchevolezze, e questo permette di sorseggiarlo con tranquillità fino all’ultima goccia senza avere la tentazione di lasciare il bicchiere a metà sul tavolo.

Beh, naturalmente un pasto non è tale se non finisce con una tazzina di caffè (rigorosamente amaro) e un bicchiere di grappa. E lì si nota l’abilità selettiva dei proprietari: nell’enoteca all’interno del ristorante si stagliava la grappa gold della distilleria Roner, Alto Adige, 42% vol. di alcol, risultato della distillazione di uve tipicamente altoatesine come schiava gentile, pinot nero, gewürztraminer, pinot bianco, chardonnay. Il distillato viene poi affinato in fusti di rovere. Di colore ambrato non eccessivamente carico, la grappa risultava fine ed elegante all’olfatto con un buon equilibro degli aromi delle vinacce con quelli risultanti dall’affinamento in rovere rappresentati da un non sovrastante e gradevole aroma di vaniglia. In bocca la grappa rilasciava una gradevole sensazione di calore senza essere pungente, mantenendo l’armonia dei sapori anche se con una prevalenza di quelli derivanti dall’affinamento.

Il tutto per una spesa indicativa che va dai 35 ai 40 euro a testa. Non male. Non male soprattutto se si considera che la Piazza del Vino offre anche qualcosa di più. Scrutando nella stanza accanto alla cucina ho potuto notare una vera particolarità: una parete ricoperta di piccole celle per il vino numerate. Beh non potevo non chiedere informazioni da brava enocuriosa e sono stata pienamente soddisfatta. Ogni cella può essere affittata da una persona qualsiasi per un anno al prezzo di 100 euro; il ristorante mette all’interno di ogni cella cinque bottiglie di vino selezionate dal suo staff e comprese nel prezzo dell’affitto. Questa cella può poi essere utilizzata per conservarci un vino acquistato all’interno dell’enoteca o durante una delle degustazioni a tema che vengono organizzate durante la settimana. E il vino diventa disponibile ogni qualvolta losi  voglia bere, anche durante una cena nello stesso ristorante o un aperitivo più consistente.

E le degustazioni? Sono varie, spesso regionali o a tema e, per chi si vuole sbizzarrire, anche a pranzo! La cifra? Si oscilla sempre tra i 20,00 e i 30,00 eurini. Alla fine non molti per viaggiare per l’Italia stando comodamente seduti e con la possibilità di acquistare anche un gustoso souvenir!

Maria Lucia Nosi

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