“Il Pane e il Miele”, un viaggio nella gastronomia greca

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La gastronomia greca appare, ad una osservazione magari superficiale, come cristallizzata ed anzi fossilizzata su quella che fu nell’antichità, magari con qualche posteriore iniezione di ispirazione veneta. Nessuna notizia si ha delle correnti innovative, quando non rivoluzionarie, che hanno via via attraversato gli altri grandi paesi mediterranei quali la Francia, l’Italia, la Spagna. Ma è davvero così? Parrebbe di sì, è l’idea che ci si fa alla fine di questo breve ma denso “Il pane e il miele – Tavola e cultura in Grecia” di Maria Ivana Tanga, giornalista, consulente, appassionata di archeo-gastronomia ed autrice de “I Malavoglia a tavola” per lo stesso editore.

Il libro inizia di slancio e con bella ispirazione fissando un contesto affascinante, quello di una culla della civiltà occidentale che è difficile non ritenere anche come la prima codificatrice della civiltà alimentare europea, della quale ha gettato le basi in quanto “chiamava madre la Terra, riteneva sacri l’olio il vino ed il pane ed ha saputo convertire la Natura in Cultura”. E anche perché lì è partito il processo nel quale “il cibo è diventato fede, il pane tramutato in pensiero, il vino in mito, in tragedia, in poesia.. Mangiare non è più solo nutrirsi ma è un modo di essere, di pensare, di sognare, di amare. È il topos che diventa logos, per dirla con Platone”

D’altra parte, una gastronomia che vanta oltre venticinque secoli di onorata carriera non può che fondarsi su elementi essenziali, archetipici. Il pane, dunque, “midollo dell’uomo” (Omero), “fatto di acqua, fuoco e terra, elementi cosmogonici per eccellenza”; e l’olio, l’ancora omerico “sacro licor”, assoluto protagonista del paesaggio (nella sola Creta si contano 40 milioni di alberi) e della tavola (22 litri annui pro capite, consumo da record mondiale): persino il purè di patate si fa con l’olio ed il limone. La carne arriva dopo, con la devozione ed il sacrificio associati al profumo degli agnelli che girano sugli spiedi.

Fissati questi paletti, il libro procede come un condensato di suggestioni gastronomiche in cui si raccontano abitudini, tradizioni, cerimonie sacre e profane, festeggiamenti e riti propiziatori che si intrecciano con le preparazioni di carni, interiora, zuppe, legumi, spezie, verdure, dolci, frutta. Avviandosi al finale, non può mancare l’evocazione della pastorizia come pratica più antica dell’agricoltura, delle capre che si inerpicano sulle tante montagne elleniche, e dei formaggi di capra, o di capra e pecora come la mitica feta, sempre presente nei ricordi del turista di ieri e di oggi ed il cui metodo di produzione è ancora quello dei pastori minoici. Un incedere che talvolta sa di elencazione, ma è inevitabile vista la densità di informazioni fornite, che si avvale anche di apporti “live” frutto di una assidua frequentazione da parte dell’autrice di una terra che ognuno dovrebbe avere al centro dei propri interessi, e non, come accade purtroppo oggi per le sue preoccupanti condizioni economiche.

Maria Ivana Tanga
Il Pane e il Miele
Diabasis, 2010
146 pp, €12

Riccardo Farchioni

2 COMMENTS

  1. Grazie per la intelligente e accorta recensione. Tengo molto a questa mia ricerca, frutto di otto anni di vita trascorsi

    a Itaca.

    ‘Sempre bisogna ritornare in Grecia’ è l’esortazione di Albert Camus che ho

    scelto come ‘incipit’ della versione greca del ‘Pane e il miele’, una versione più approfondita di quella italiana.

    Peccato che non la possiate recensire!!

    Cordiali saluti Ivana

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