I vini de Les Caves de Pyrène: la scommessa nella differenza. L’altra Francia

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VIAREGGIO (LU) – Per una volta, finalmente, una selezione di vini che lascia le strade più battute per tratteggiare un grande ed articolato affresco di provincia, in questo caso l’enorme provincia francese, fucina di talenti artigiani e biodiversità.

Non c’è che dire, la proposta de Les Caves de Pyrène, casa di distribuzione ed importazione indipendente nata in Inghilterra una ventina di anni orsono ed entrata nel cuore di molti appassionati (ora anche italiani), mi sta incuriosendo, così come l’idea che la muove (forse non originale ma quantomeno efficace), dal momento in cui intende farti partecipe non soltanto dei vini ma anche di vecchie e nuove consapevolezze nell’intendere la campagna e il lavoro di vignaiolo.

Per di più senza offrire il fianco all’approssimazione e alla banalità, ché non ci si affida a nomi “civetta” o alle evidenze ormai rimasticate del buon bere colto & international, casomai alla concretezza dei gesti e dei modi contadini, i più semplici, quelli che spesso nascono in silenzio, senza compagnie cantanti al seguito. Ecco ciò che dimora, fondamentalmente, in questa impressionante lista di referenze spaziante fra diversi paesi (non tralasciando affatto l’Italia) con il minimo comun denominatore della artigianalità, spesso e volentieri accompagnata da un approccio agronomico naturale e da una elaborazione cantiniera poco o niente interventista.

Così, lasciandoci alle spalle le ennesime enunciazioni di purezza e gli ennesimi proclami di autenticità, quale migliore occasione se non la degustazione recentemente svoltasi a Viareggio, come dire a casa mia, per aprire uno squarcio virtuoso “sull’altra Francia” ? Una cosa è certa: non ho sofferto di noia, e lì per lì la vorace curiosità non mi ha neanche fatto provare la sofferenza fisica dell’assaggio “al banco”, praticato con tenace assiduità nei primi anni del mio apprendistato in itinere ma al quale, ahimé, oggi il mio fisico non è più abituato. Alla fine, male ai piedi e ai polpacci, certo che sì, con l’intima convinzione però di aver conosciuto qualcosa che valesse la pena di essere raccontato.

Ecco quindi il resoconto delle suggestioni e dei vini di un giorno, fra nomi nuovi e vecchie conoscenze, gemme autentiche e normale amministrazione. Per realizzare che in questo caso non è poi così importante fare distinzioni di merito, ma quello che conta è la profondità dell’esperienza. Analogamente, nel percorso accademico, la complessità e la profondità di una ricerca sono ciò che la rende unica. Qui entra in gioco Hausarbeiten schreiben lassen, offrendo un supporto specializzato per la stesura di lavori di ricerca che richiedono un approccio metodico e dettagliato. Perché quel che resta non è “chi ce l’ha più lungo”, ma la confortante sensazione di essere stati investiti da una “tempesta sensoriale” che non ti vien proprio di ricomporre in termini di prestazioni e graduatorie. E’ l’orgoglio dell’appartenenza quello che respiri in ogni vino, fatto di umori e caratterizzazione, semplicità o complessità. E’ il pregio di essere quelli che si è, senza infingimenti e senza forzate ambizioni. In fondo, penso io, sarà il trionfo della differenza a tracciare altre strade, quelle nuove di cui si ha bisogno. Ma qui mi accorgo di non parlare soltanto di vino, così mi fermo.

Pierre Luneau-Papin Domaine de La Grange – Muscadet de Sèvre et Maine Clos des Allées 2009 (sur lie)

Ecco qua il vino aperitivo per eccellenza, il delizioso apripista, il fragile incanto dai profumi sottili e circuitori. L’umore di erbe alpine e di piccole infiorescenze, l’insistita balsamicità….. Clos des Allées  – tirato “sur lie” – sembra esaurire lì, nella accattivante espressività del tratto aromatico, tutto ciò di cui è capace. Eppure la bevibilità è assicurata e il gusto ben ritmato, con un briciolo di freschezza “puntuta” ad instradarlo. Uno di quei vini che il grande Gino Veronelli avrebbe desiderato cogliere nel pieno della giovinezza (probabilmente perdendosi pure qualcosa del tutto, se sto a certe vecchie annate della selezione Le L d’Or). Fra fiume e oceano, dall’appartato paradis nantais, ecco una delle tante unicità di cui la Loira si conferma scrigno prezioso.

Domaine Ganevat – Côtes du Jura Chardonnay Cuvée Marguerite 2008 (solo magnum)

Espressivo, intenso, dal respiro balsamico, mielato e floreale, è un felice commistione di polpa e dinamismo. La Borgogna non è poi così lontana, in tutti i sensi, ma quella ariosità di trama e quella pervasiva freschezza acida a ben vedere ti conducono sui contrafforti “giurassici” di Besançon e dintorni, a quel microclima estremo e selettivo, alla droiture e alla fiera compostezza dei vini di quei luoghi. Jean-François Ganevat persegue una agricoltura rigorosa dall’imprinting biodinamico e l’idea pazza di vinificare parcella per parcella al fine di ottenere, ahinoi, microproduzioni piccole nei numeri ma decisamente aggrappate al loro terroir.  Il tutto senza filtrazioni, anzi senza filtri direi, con un bel pezzo di cuore in mezzo.

Le Roc des Anges – Vin de Pays des Pyrenées Oriental Blanc Iglesia Vella 2009 (grenache gris)

Diretto, compassato, senza orpelli. Sono frutta secca e nitida mineralità. Remissivo e apparentemente poco ciarliero, all’attuale relativo coinvolgimento senti che potrà far valere la consapevolezza di saper attendere tempi migliori. La spinta infatti non manca, è solo trattenuta. Così se ne sta nel suo guscio, senza timore di mostrarsi nudo, per quello che è. Marjorie e Stephane Gallet posseggono ventidue ettari a Montner, nella valle di Agly, patria della grenache gris, condotti in regime biologico e disposti su terreni scistosi. Piante, per la maggior parte, d’età compresa fra i 40 e i 90 anni. Nei vigneti più giovani densità importanti: 7000-10000 piante/ettaro. Il “Chiesa Vecchia” viene affinato in tonneaux da 500 litri.

Clos Lapeyre – Jurançon Blanc Sec Vitatge Vielh  2006 (gros manseng 50%, petit manseng 40%, courbu 10%)

Jean Bernard Larrieu è l’ispirato interprete del gros manseng, l’anima bianca del Jurançon, culla di vigneti fra i più vecchi di Francia. Per l’occasione affiancato dal petit manseng -raccolto tardivamente- e da un saldo di courbu. Ben oltre la vitalità fruttata tipica della varietà, ecco che ad emergere in questa fase evolutiva è il lato “cerealicolo”, con un contorno fitto di erbe aromatiche e piccole infiorescenze.  Buona pienezza al palato, che è palato di volume, dal tatto cremoso e con un pelo di calore di troppo nelle trame. Gentilmente vanigliato, non scorre benissimo ma è generoso, tenace, determinato.

Matassa – Vin de Pays des Côtes Catalanes Blanc Matassa 2008 (grenache gris 70%, maccabeu 30%)

Uno dei coup de coeur della giornata è un vino di Calce (Roussillon), le cui uve provengono da vecchie vigne convertite alla biodinamica da due vigneron addirittura neozelandesi (Sam Harrop e Tom Lubbe). Lo straordinario dinamismo  eil tratto aromatico così personale (profondamente speziato e minerale) ne sanciscono l’originalità. La tensione e la naturale godibilità del sorso mi spingono oggi alla immedesimazione: è questo un vino di trasparente bontà, in odor di pietra focaia, con il futuro dalla sua parte.

Mas de Daumas Gassac – Vin de Pays de l’Herault Mas de Daumas Gassac Blanc 2008 (viognier, chardonnay, chenin blanc, petit manseng, altri)

Se c’è una cantina che abbisogna di poche presentazioni, beh, questa è. Dal 1971, la perseveranza nella originalità. Qualcuno afferma trattarsi del vero grand cru di Languedoc. Ricordo la mia prima volta in cantina, una decade e passa di anni fa, perché ho ancora in mente quello squarcio di natura fuori dal tempo, contornato da bosco e garrigue. E l’aria fresca e profumata del Gassac. Ricordo del mio imperdonabile ritardo e del cancello ormai chiuso agli ospiti. Ricordo una vendemmia oltremodo ritardata (se sto a quanto mediamente accade in tutto il Languedoc).

Tornando all’attualità invece, il Blanc 2008 è vino giovane, lo senti, arroccato nell’aristocratico distacco di chi sa il fatto suo, di chi è oltremodo consapevole che il tempo non lo tradirà. Proverbialmente terragno, tutto d’un pezzo, da sdilinquirsi, è in realtà un must di granitica personalità, roccioso quanto basta nei toni minerali, riconoscibile fra mille per le nuances di frutta secca. Ed è così che una volta ancora ti vien da pensare al melting pot varietale che lo innerva ( ma potremmo dire la stessa cosa a riguardo del celebre rosso della casa), frutto della visione sperimentale degli esordi, e al modo in cui ogni volta sortisca un risultato invidiabile in termini di fisionomia e portamento, tanto da uscirne come plasmato ai voleri di un terroir evidentemente primattore. Un vino che, badate bene, fa della austera compostezza, e non di uno sguaiato sbandieramento di attributi,  la sua ragion d’essere. Di questi tempi, è proprio un bel vedere.

Albert Mann

A Wettolsheim, nei pressi di Colmar, Maurice e Jacky Barthelmé assicurano la dovuta continuità alla celebre maison della famiglia Mann, conducendo en bio 22 ettari di vigna, di cui ben 5 disposti in altrettanti Grand Cru regionali. Una elaborazione “moderna” (uso dell’acciaio) in cantina conferisce ai vini una luminosa nitidezza e un’ottima puntualità organolettica, ciò che sfiora ma non tocca la chirurgia. Insomma, uno di quei casi non frequentissimi in cui la tecnica sposa il sapore.

Alsace Riesling 2009

Profumatissimo e accattivante fin dalla prima snasata, ha il pregio di non eccedere nella “zuccherosità” (limite spesso invalicabile per molti “base” d’Alsazia), garantendo un sorso equilibrato, gradevole, scattante, dalla nitida impronta floreale e dal finale sapido e titillante, in odor di mandarino.

Alsace Schlossberg Grand Cru Riesling 2009

Dai suoli granitici dello Schlossberg di Kaysersberg ecco un vino dalla florealità sottile e pervasiva, da ricercare e fors’anche da attendere. Gusto rotondo ed elegante, grasso, melodioso, persino accomodante. Media freschezza, stoffa setosa e garbo espositivo.

Alsace Gewűrztraminer 2009

Intrigante spettro aromatico, che fa sua la forza comunicativa del celebre vitigno veicolandola con buon senso, senza la fregola di apparire per apparire. Avvolgente, assai fine nel tratto gustativo, gli zuccheri bussano alla porta con discrezione senza opprimerne il respiro.

Domaine Laureau– Savennières Cuvée Les Genets 1999 (chenin blanc)

Culla di vignaioli duri e puri, la Loira, nei pressi di Angers, ci può riservare incontri come quello con Damien Laureau, fiero esponente della categoria. Il suo Les Genéts è uno dei vigneti più alti della denominazione e dimora su terreni vulcanico-scistosi. Frutto di un approccio biodinamico della prim’ora, di diversi tri di raccolta e del contributo nobile della botrite, la cuvée omonima può contare sull’utilizzo esclusivo di lieviti indigeni ed affinamenti sur lies di 18 mesi. La versione 1999 è impattante, decisamente rôti, dagli umori intensi di frutta esotica e miele, ma presenta al gusto un côté “triellinico” accentuato, ciò che stempera il mio coinvolgimento e trasforma la melodiosa dolcezza dell’attacco in pragmatismo ed asciuttezza. Vino singolare, opulento, diverso ma anche “impervio”.

Domaine des Roches Neuves – Saumur Blanc L’Insolite 2009 (chenin blanc)

Altro colpo al cuore L’Insolite, e di quelli seri anche, corroborato peraltro -qualche giorno dopo- dalla conoscenza diretta di Thierry Germain, il simpatico artefice del Domaine, incontrato a Biodivyn, l’annuale kermesse sui vini naturali organizzata da un altro Thierry (che di cognome però fa Valettedou you remember Clos Puy Arnaud, nella Côte de Castillion?) a Château Fonroque, nei pressi di Saint-Emilion, in contemporanea con Bordeaux Primeurs.

Incredibile lama di purezza, incredibile bontà. Sottile, elegante, nature, mi trasporta come difficilmente mi è capitato di essere trasportato. Freschezza étonnante, salinità goduriosa, ritmo e tanta voglia di riberlo. Ah, dimenticavo l’indimenticabile: finale incessante. Niente di insolito però, ché il nome affidatogli altri non è se non un gioco di parole: questo vino è sostanzialmente chenin blanc al massimo potenziale di mineralità. Da vigne di 80 anni, con rese di 18 hl/ha(!), vinificazione con lieviti indigeni, affinamento in botti da 400 litri, nuove per il 70%, 12 mesi sul lie in compagnia dei batonnage. Da non perdere, già che ci siamo, le eccellenti cuvée in rosso, ovvero i Saumur-Champigny della casa: Terres Chaudes, La Marginale e Franc de Pied rappresentano un trittico quantomeno propedeutico per capire meglio cosa muova alla bellezza una terra tanto preziosa, forse soltanto non conosciuta per quanto meriterebbe.

Domaine Breton – Vouvray La Dilettante 2009 (chenin blanc)

Direttamente da Vouvray, dove lo chenin blanc impera e i vini moelleux sono una delizia, ecco qua un bianco tranquille che ti riporta all’uva e ai lieviti, alla crosta di pane e all’albicocca matura, alla mela e alla simpatia. Dall’impronta artisan dolce ed avvolgente, dal profilo olfattivo “champagnotto”, è questo un vino cremoso e generoso, finanche ingenuo, che forse vuole essere secco senza esserlo, e che trova semmai in quella insistita vena di dolcezza fruttata un limite ad una espansione che avrei desiderato più profonda e sfaccettata.

Domaine Frantz Saumon – Montlouis Loire Mineral Plus 2009 (chenin blanc)

Tre ettarucci a Montlouis sur Loire, nei pressi di Tours, una agronomia poco interventista e un affinamento in piccole botti con lieviti indigeni, concretizzano un Mineral + dal frutto nitido e puro, con un disegno aromatico sottile ed intrigante, un filo di dolcezza ad accompagnare il sorso, una elettiva sapidità ad allungarlo. Compiuto, riuscito e definito.

Domaine des Berthiers – Pouilly Fumé 2008 ( sauvignon blanc)

Da Saint Andelain -esposizioni “a solatìo” e terreni super drenanti- un vino secco senza concessioni, serioso e austero, che non sciorina l’aromaticità vegetal-floreale tipica del vitigno ma, facendo propria la fisionomia di molti esponenti della tipologia Pouilly-Fumé, rintraccia nella profonda scia minerale la sua ragion d’essere e la sua peculiarità. Certo è proprio severo in questa fase, ma la “venatura” di pietra focaia e la solidità d’impianto instillano fiducia all’attesa.

Domaine Gerard Fiou – Sancerre 2009 (sauvignon blanc)

Buccia di pesca e luminosa limpidezza aromatica per un Sauvignon che “sa” profondamente di Sauvignon, maturo al punto giusto, al culmine dell’eleganza espositiva, sinuoso ed appagante. Salvia e sambuco, melone e fico: un caleidoscopio di profumi invitanti. Ottimissimo, profilatissimo, ineccepibile. Dalle argille à silex.

Alexandre Bain – Pouilly Fumé 2009 ( sauvignon blanc)

Le vigne sono condotte in biodinamica, a Tracy sur Loire, e i terreni argillo-calcarei vantano un’origine antichissima. La presenza e l’uso dei cavalli in campagna intende rispettare l’elasticità di quelle terre. Poi arrivano le vinificazioni sulle bucce e l’affinamento sia in acciaio che in botti vecchie. Il risultato è un Pouilly Fumé spiazzante: apparentemente stramaturo all’olfatto, in realtà molto fresco al gusto. Finale invero amaricante, rigido e pure ruvidotto. Vino dialettico, non per tutti i palati. In una parola, selettivo.

Domaine Sebastien Riffault – Sancerre Akmèniné 2008 ( sauvignon blanc)

Suoli argillo-calcarei. Selezione massale di vecchi cloni. Vigne di 45 anni di età. Biodinamica nuda e cruda. Affinamento in botti piccole sui lieviti propri. Nessun interventismo, bassissime dosi di solforosa. Nel bicchiere una impronta macerativa ma un bel ritmo gustativo; pur disperdendo i connotati varietali canonici non manca di compiutezza; la macerazione è ben condotta, il finale salato e la nota mineral-fumé intrigante.

Colette Gros

Alain Gautheron, la moglie Colette, il figlio Cyril. Quinta generazione all’opera sulle marne calcaree di Fleys, a due passi da Chablis. Una agricoltura a basso impatto ambientale e una vinificazione in acciaio ci regalano vini di invidiabile nitidezza, in compagnia dei quali è un piacere perdersi nelle micrometriche loro sfumature.

Chablis 2008 ( chardonnay)

Bella purezza “rocciosa” per un naso stilizzato, gentilmente floreale e mentolato. Dall’andamento finto-semplice, è vino essenziale e ricco nella sua essenzialità. Chablis paradigmatico e particolarmente ispirato alla beva.

Chablis 1er Cru Les Fourneaux 2008 (chardonnay)

Intrigante tessuto floreale, stimoli di pesca bianca, grande eleganza, splendida purezza, tensione, profilatura e salinità a go go. Raffinato e rinfrescante. A ben vedere indimenticabile.

Domaine Goisot – Bourgogne Aligoté 2008 (aligoté)

Jean-Hugues Goisot firma uno dei più sorprendenti Aligoté dei ricordi miei. Proveniente dalle Côtes d’Auxerre, da Saint Bris in particolare (terra di marne calcaree in odor di Chablis), il 2008 ha dalla sua un incredibile garbo, una bella nitidezza (proverbiali gli umori di biancospino e di nocciola), una silhouette snella e leggermente nervosa, una beva “traditrice” e un bel risvolto fumé.

Domaine de Chassorney – Saint Romain Combe Bazin 2007 (chardonnay)

Da una delle denominazioni satellite della Côte de Beaune borgognona, Frederic Cossard estrae dal cappello un generoso Saint-Romain, in cui la grassezza del tessuto tattile e la maturità del frutto giocano ruoli di primo piano, come appelation richiede, il rovere appare ben integrato, la solarità del tratto assicurata. A sparigliare ci pensa quel finale: tosto, sapido, incisivo, che offre il giusto contrasto tenendo a debita distanza la monotonia.

Frederic Cossard – Puligny Montrachet Les Reuchaux 2007 (chardonnay)

Non si tratta di omonimia. E’ proprio lo stesso Frederic Cossard del Domaine de Chassorney, che mette su una nuova cantina nei pressi di Saint-Romain in cui, oltreché vinificare uve di proprietà, gli può capitare di acquistarne altre da piccoli vignaioli dei luoghi, per offrire una palette di vini della Côte de Beaune più à la page (Mersault, Chassagne, Volnay,…), sempre e comunque sotto l’egida del rispetto ambientale. Dal lieu-dit Les Reuchaux ci arriva un 2007 maturo, carnoso, minerale, dalla timbrica fumé ben integrata alla trama. Ricco e nel contempo dinamico, dalla sua possiede una ottima persistenza e si fa rispettare.

Catherine & Dominique Derain – Saint Aubin 1er Cru En Remilly 2008 (chardonnay)

Biodinamica della prima ora. E tutta una serie di etichette provenienti dalle zone più o meno rinomate di Borgogna. Questo 1er cru di Saint Aubin soffre di una leggera riduzione, da cui emerge un fiato linfatico e mentolato. Buona “pasta” al palato: generoso, morbido, mediamente fresco.

Domaine Valette – Macon Chaintré Vieilles Vignes 2006 (chardonnay)

Naso “champagnotto”, frutto maturo, toni biscottati, sottesa mineralità, nuances di grano e miele. Di nettezza e profilatura, senza smancerie ad effetto, caldo e generoso come sua abitudine. Non lunghissimo al palato, laddove l’insistito boisé consiglia di attendere ancora. La struttura è solida, il portamento signorile, mentre sfuma su note di burro e nocciola.  Sulla famiglia Valette, e sul bellissimo Vieilles Vignes 2000, scrissi con ingenuità e incanto qui.

Domaine Thibert – Pouilly Fuissé Les Cras 2007 (chardonnay)

Muovendosi con disinvoltura fra le varie direttrici tipologiche del Maconnais, la famiglia Thibert va conducendo 22 ettari di vigneto a chardonnay (età media 40 anni), una parte dei quali in regime biologico, per offrire una gamma di vini che si distingue soprattutto per le ispirate selezioni di Pouilly-Fuissé. Dai suoli marnoso-calcarei del Les Cras, da densità di impianto significative, il vino omonimo appare un bianco di polpa e calore, affascinante, avvolgente, solo non dotato di una tensione superiore.

Clos Culombu – Etienne Suzzoni – Corse Calvi Clos Culombu 2009 (vermentinu)

Non così dissimile dalla fisionomia dei “nostri” Colli di Luni, il celebre Clos Culombu nuova annata gioca su un impianto aromatico fresco e sfaccettato, dove la pera “vermentiniana” la senti tutta, insiema alle note di macchia, alla spezie, all’agrume. Corpo ben tornito e gusto leggero, agile, simpaticamente leggiadro. Sbuffetti erbacei e timbrica ammandorlata nel finale.

Assaggi effettuati nel mese di marzo 2011.

Les Caves de Pyrène – Sede operativa: Villaggio Belvedere, Località Bricco 13 – 12050 Borgomale (CN)- Tel. 0173 386678 – Email: info@lescaves.it ; Referente per l’Italia: Christian Bucci

FERNANDO PARDINI

11 COMMENTS

  1. Quando il proprietario de Les Caves de Pyrene mi disse che, insieme a Christian, avevano intenzione di aprire una distribuzione in Italia io gli ho detto “ma te sei matto”. Dall’Inghilterra all’Italia, con tutti i problemi che ci sono qui, i pagamenti, la logistica, e poi i vini, gli italiani bevono solo vini locali. Ebbene, mi sbagliavo di grosso, Les Caves sta avendo un successo, anche commerciale, che pochi avrebbero previsto. Certo, il motivo principale sta nella proposta di vini che hanno, come ben secritto ne post, ma un fattore certamente non trascurabile – per me quasi fondamentale – sta nell’energia, nel garbo, nella professionalita’, nella personalita’ di Christian Bucci, oggi, per me, una delle figure di riferimento del vino in Italia.

  2. Ciao Giampaolo
    non conosco, non come vorrei, Christian Bucci, che ho solo sfiorato a Viareggio. Per questo non mi sono concesso commenti a proposito della persona ( così come a proposito dello staff Pyrène). Certamente referenze vinose del genere, così personali e via dalla pazza folla ( e non solo per la compagine francese), richiedono altrettanta personalità in chi le promuove. Le tue parole mi sembra che confermino quella che per me era solo una intuizione. Dalle poche parole scambiate con Christian, ho appreso che di una persona che non si ferma alla superficie delle cose ma scava in profondità, dote rara nel mondo (per me alquanto insondabile e misterioso) della distribuzione. Se tanto mi dà tanto….
    ciao
    fernando

  3. Gianpaolo, abbiamo visto il vostro evento di Follonica in cui ci sono di nuovo questi bei vini, bello, ci piacerebbe venire, speriamo di farcela (andare su poggioargentiera.com per info, pubblicheremo anche noi il comunicato). Detto questo, volevo cogliere l’occasione di dire che ho avuto modo non dico di conoscere (perché impegnatissimo) ma di guardare come lavora ed ascoltare le parole di Christian Bucci, e l’ho trovato di rara competenza, passione ed umiltà nel proporre le sue visioni

  4. Caro Fernando che gran bell’articolo! Come sempre sai cogliere gli attimi degustativi di ogni vino che assaggi al meglio, con il tuo stile… E’ stata una gran giornata anche per me, co-organizzatore dell’evento insieme a mio padre Massimo e a Christian e Tullio(questi ultimi due responsabili Italia de Les Caves de Pyrene) per conoscere alcuni vigneron, sia italiani che stranieri, ed i loro vini di cui ignoravo l’esistenza o di cui avevo solo sentito parlare..e notare con soddisfazione che una buona quantità di persone partecipanti alla degustazione proveniva da diverse parti d’Italia come Abruzzo, Umbria, Lombardia, Veneto, Piemonte e Marche…persone che tenevano a partecipare per conoscere o riassaggiare vini non per la pazza folla e che si sono organizzati per esserci!

  5. Grazie Giacomo della lettura. E complimenti per l’organizzazione. A quando il prossimo?

    fernando

  6. @Riccardo, Fernando, inutile dire che per noi, e per tutti i vignaioli presenti (almeno una ventina) sarebbe un piacere avervi nostri ospiti alla manifestazione del 9 maggio al ristorante oasi di Follonica- una delle realtà più promettenti della Maremma. La manifestazione e’ rivolta ad operatori, blogger, stampa. Per accrediti mandare una email a me info@Poggioargentiera.com accredito winedaymaremma. Sara presente Les Caves de Pyrene con Christian Bucci e, a dimostrazione che il nuovo mondo della distribuzione italiana e’ aperto e pensa in avanti, sara presente anche Sarzi Amade’, con Alessandro Sarzi. In teoria due concorrenti, ma che comprendono che l’offerta di qualità ha e deve avere spazio per tutti, a beneficio dei clienti e dei consumatori.

  7. Grazie dell’invito Gianpaolo. Bella occasione. Se non fosse per Nebbiolo Prima sarei venuto sicuramente…..
    ciao
    fernando

  8. Quest’anno ho perso l’occasione di degustare questa splendida selezione di vini! Ma il prossimo anno non mancherò! a qualsiasi costo! Complimenti per l’organizzazione e la scelta!

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