Quell’antica zuppa che si fa moderna nel piatto. “La carabaccia”

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Da ragazzo aveva solo voglia di girare il mondo. Gli serviva un mestiere che lo accompagnasse nel suo viaggio. Per questo ha scelto di fare il cuoco. “Le Maldive, l’Australia, sono stati tanti i villaggi turistici in cui ho lavorato. Belle bimbe, sci nautico, tanto divertimento – racconta Emanuele Vallini, patron della Carabaccia a Bibbona – ma poca cucina. Il primo importante momento di svolta c’è stato quando ho deciso di fermarmi in Liguria”. E lì, davvero, ha ingranato la marcia giusta. “Puny” in piazzetta a Portofino, dove transita il jet set internazionale, i passaggi alla Locanda dell’Angelo per plasmare la mano sotto la guida di Paracucchi, quindi la decisione di rientrare in Toscana da dove era partito anni addietro. Al suo fianco la moglie Ornella, discreta presenza in sala.

Oggi andare a mangiare nel suo piccolo angolo di paradiso made in Tuscany, significa assaporare una lingua di mucca maremmana da bis (niente salsa verde, ma una delicata crema vegetale che segue la stagione), agnello pomarancino in crosta di noci ed erbette, trippe cotte al vetro, guancia di manzo stufata al vino rosso in bassa temperatura, un carpaccio di fegato di vitello marinato al sale grosso e finocchietto selvatico che regge la sfida con il migliore dei foie gras, la zuppa di cipolle rosse di Certaldo (carabaccia) al modo di Caterina dei Medici, antesignana della moderna soupe à l’oignon tanto decantata Oltralpe. Ma più leggera, aggiunta di quell’uovo “firmato” che per molti sta diventando una moda, qui un punto a favore del sapore. Infine una sorta di tiramisù dove la crema di mascarpone s’insinua tra cantucci di Mattei sbriciolati e il caffè (di Trinci) lo bevi a parte scegliendolo dalla carta delle miscele.

“Diventi un professionista nel momento in cui impari a stare al tuo posto. La cucina è una caserma – dice Vallini, classe 1970 e una passione sfrenata per quei sapori dell’infanzia, ritrovati solo più tardi – Dopo aver capito i tempi e le regole diventi libero di esprimerti per ciò che sei”. Si dice un timido e non si direbbe ascoltandolo parlare del suo lavoro. Sarà per la grande passione, sarà per i trascorsi in tv: a sdoganarlo sul piccolo schermo arrivò Antonella Clerici sette anni fa con un invito alla “Prova del cuoco”. La vita è una ruota che gira. Incontri persone (come ad esempio Carlo Raspollini, autore Rai) e tutto ad un tratto il panorama cambia. Adesso Vallini continua a spostarsi chiamato per conferenze e consulenze, invertendo però le priorità. “Viaggio ancora, sì, ma dopo un paio di giorni ho bisogno di rientrare a Bibbona. Fermarmi in silenzio ai fornelli e toccare la mia cucina. È lei la mia terapia”. In inverno è a Bibbona (paesino a due passi dai cipressi di Bolgheri) dal giovedì alla domenica, sostituito in modo egregio nei momenti di assenza da un valido secondo, plasmato a sua immagine e somiglianza. Da giugno in poi non abbandona il ponte di comando. Altra nota che ci è piaciuta molto: l’apertura sia a pranzo che a cena. Normale? Dovrebbe, ma non sempre è così…

“Bibbona, Bolgheri, Castagneto sono zone incontaminate dove ancora puoi permetterti di andare a fare la spesa dal contadino. A volte pensiamo che l’innovazione sia sinonimo di stranezza – dice Vallini – niente di più sbagliato. Si può offrire la novità anche lavorando sulla tradizione”. Quella che porta il nome di nonna Pia (ricordata nei sapori del coniglio stufato con le erbette mediterranee), di nonna Elisa (era lei, in casa, che con il mattarello stendeva la pasta) e di mamma Carla “perfetta nel marinare, tagliare e spadellare il cinghiale in umido”.

I profumi, i piatti dell’infanzia, la Maremma ogni giorno armano la mano di Vallini, in un percorso ammantato di nuovo. Ecco perché gli piace tanto, da toscano di terra, ragionare attorno al quinto quarto. Nel suo menù non mancano trippa, guancia, lingua, fegato elaborati con tecniche moderne. “Non a caso per il mio ristorante ho scelto un piatto che da solo racconta la nostra storia. La carabaccia è la zuppa fatta con le cipolle di Certaldo, portata in Francia da Caterina dei Medici” spiega lo chef, definito da Beppe Bigazzi “custode dei sapori perduti” ma con quel pizzico di novità che ne proietta le ricette verso il futuro. Poche le voci in carta “perché tutto deve essere fresco”. Ciascuna depositaria di un unico concetto: che senza la nostra storia non siamo niente. Sarà per questo che la Silversea Cruise (compagnia americana di navi da crociera, con clientela molto esigente e sensibile al made in Italy, soprattutto in fatto di cibo e vino) ha chiesto a lui di raccontare questo magico angolo di Toscana a quei facinorosi gourmet che attraccheranno a Livorno alla volta della Carabaccia, per rubare qualche scampolo di storia e cultura italiana di cui parlare nei salotti Oltreoceano.

La Carabaccia
Via della Camminata 15 – Bibbona (Li)
Tel 0586.670370
e-mail: lacarabaccia@lacarabaccia.it
www.lacarabaccia.it

La prima immagine è tratta da spaghi.it

Irene Arquint

2 COMMENTS

  1. Bell’articolo Irene, adoro il tuo stile come adoro Emanuele e la sua cucina e la cura nel servizio di Ornella! Quando ci si va insieme cosi’ ci conosciamo? Complimenti! A presto, Cristina

  2. Ma molto volentieri, cara Cristina! La bella compagnia fa sempre piacere.
    Allora a presto. In alto i calici! Irene

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