Il vino dealcolizzato, una favola al contrario

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Le favole solitamente cominciano con situazioni tristi, illogiche, innaturali e poi, a mano a mano, si snodano facendo trionfare la normalità, la giustizia, la logica, la bontà. Purtroppo, oggi, anche nel vino, le cose stanno andando tutte all’inverso. Siamo davvero nell’epoca delle favole al contrario?

Scrivo queste poche righe prima di farla finita una volta per tutte. Ho deciso di arrestare tutti i miei processi metabolici e attendere inerme che la mia essenza stessa si trasformi in materia senza vita. Sono una cellula. Una cellula, come tantissime altre in giro per questo bellissimo pianeta che ci ha plasmato più di tre miliardi di anni fa.

All’inizio non è stato certo facile. I raggi ultravioletti penetravano senza pietà nell’atmosfera priva di scudi protettivi e di ossigeno, i vulcani ribollivano di lava e sputavano anidride carbonica, le comete si schiantavano al suolo riempiendo le depressioni di acqua, i fulmini tagliavano il cielo tra nuvole dense e spesse. Le lunghe catene di idrocarburi che si formavano nei primi mari, al riparo dai raggi cosmici, non avevano comunque paura e cercavano di unirsi e di difendersi come meglio potevano.

Non so dirvi come, ma un giorno nacqui io. Ero piccola e semplicissima, ma perfettamente in grado di sopravvivere e moltiplicarmi. Ebbi subito bisogno di cercare disperatamente del cibo, ma non ebbi problemi a trovarlo. In parte era piovuto dal cielo, in parte si era formato in quel caos terribile di reazioni chimiche che era la Terra primitiva. Il glucosio, comunque fosse nato, era lì davanti a me, appetitoso e carico di energia succulenta. La potevo scorgere perfettamente tra i suoi legami atomici e non vedevo l’ora di impossessarmene.

Tuttavia, dovevo farlo con logica, calma, perseveranza. Per sopravvivere non si potevano commettere sbagli: eravamo moltissime e il cibo non ancora sufficiente per tutte. Piccoli pionieri con il compito enorme e gravoso di aprire la strada alla vita più complessa e elaborata. Io e il glucosio, una davanti all’altro. E senza l’ossigeno libero che mi sarebbe stato utilissimo. Mi resi subito conto che non avrei potuto farcela da sola. Ci sarebbe voluto troppo tempo e io ne avevo poco, sapevo di durare un attimo prima di cedere il compito ai miei figli, se mai ne avessi creati.

Mi costruii degli amici speciali,  utilizzando quel poco che trovavo intorno. Mi avrebbero aiutato a sveltire le operazioni che dovevo compiere con estrema precisione e accuratezza. Enzimi, solo enzimi, ma senza di loro non avrei mai superato quei momenti drammatici. E nemmeno voi esistereste. Pensateci, creature egoiste e senza memoria. Parlai con i miei amici e decidemmo il da farsi. Non potevamo fare tutto e subito, né farci prendere dalla smania. Anche se la molecola di glucosio sembrava sempre più ghiotta e saporita e molte altre cellule l’avevano già adocchiata, dovevamo pianificare con calma gli interventi.

La prima fase doveva essere quella di  indebolimento del glucosio. Poi saremmo passati alla sua separazione in due molecole più semplici e, infine, avremmo potuto immagazzinare la tanto sospirata e necessaria energia. Non potevamo però illuderci. Sarebbe stata dura e avremmo dovuto faticare prima di ottenere il risultato. Avevo però già imparato una legge fondamentale che sarebbe stata valida per tutti gli esseri viventi e che solo voi, umani boriosi e senza spirito di sacrificio, avete dimenticato completamente: non si può riuscire in qualcosa senza prima faticare e dare il massimo di se stessi. Voi credete che con i soldi, magari rubati, si può ottenere tutto. Illusi! Se non ve li guadagnate con il lavoro e l’onestà siate sicuri che diventeranno prima o poi carta straccia.

Anch’io dovevo usare i miei “soldi”, l’unica moneta che avevo a disposizione, un piccolo insieme di azoto, carbonio, ossigeno e fosforo. Li tenevo ben stretti perché senza di loro non potevo iniziare il processo complicato che avevo davanti, nonostante l’aiuto disinteressato dei miei cari enzimi. Li chiamammo, e li chiamiamo ancora, ATP, anche se il loro vero nome è adenosina trifosfato. Una molecola con tre gruppi di fosfato, vera miniera di energia. Purtroppo, per indebolire il glucosio dovevo spendere due molecole di ATP, faticosamente guadagnate con il mio lavoro. Era, però, necessario spendere prima di poter guadagnare. Nessuno fa qualcosa per niente, tantomeno il glucosio.

Finalmente iniziammo, con i miei magnifici enzimi, passo dopo passo. Ne dovevamo fare dieci. Non piansi per gli ATP spesi subito e  nemmeno quando dovetti utilizzare la mia macchina speciale che mi serviva per trasportare i bizzarri e agitati elettroni durante l’ossidazione. Che apparecchio fantastico il NAD, ossia il nicotinammide adenina dinucleotide. Mi stupisce sempre come possa riuscire a catturare o cedere quelle piccolissime particelle negative che proteggono il nucleo atomico. Tuttavia, come tutte le macchine, ha bisogno di essere accudita e ricaricata. Non per niente, anche quando finisco il mio duro lavoro e recupero l’energia persa (guadagnando però anche qualcosa), devo pensare a lei prima di ricominciare tutto da capo.

Dopo avere indebolito il glucosio e averlo trasformato in fruttosio, lo spaccammo in due e infine -che emozione!- recuperammo ben quattro molecole di ATP. Avevamo concluso un’operazione meravigliosa nella sua complicatissima semplicità. Il glucosio era ormai al sicuro all’interno della mia membrana, spaccato, distrutto e trasformato in energia. Prendemmo un attimo di fiato e decidemmo, senza troppa difficoltà, il nome per quella meravigliosa avventura: glicolisi.

A questo punto devo dirvi che tipo di cellula sono. In altri tempi sarei stata fiera di pronunciare il mio nome. Oggi no, ne ho quasi paura. Sono un lievito, il saccharomyces cerevisiae, in particolare. Se penso che proprio a noi lieviti si devono le due cose più importanti della storia dell’uomo, il pane e il vino, ho quasi pietà e compassione di voi. Ma poi la vostra stupidità e ingordigia ha il sopravvento e sento solo rabbia, una rabbia senza fine.

Molte altre cellule  usano spesso e volentieri la glicolisi. Anche quelle che fanno parte degli animali più evoluti. La mia lotta contro il glucosio ha insegnato molto a tutti e anche adesso che  la vita può sfruttare l’energia del Sole e l’ossigeno, proseguire con processi più facili e redditizi come la fotosintesi e la respirazione, il primo passo è spesso ancora uguale a ciò che avevo inventato insieme agli enzimi, tanti miliardi di anni fa. Voi uomini, però, frastornati dai miti fasulli di oggi non ve ne ricordate più.  Bando alla tristezza, torniamo al mio racconto.

Mi rimanevano ancora due passi da fare. Ridare la carica alla mia macchina trasportatrice e lasciare liberi i residui di tutta l’operazione: l’anidride carbonica e l’alcol etilico. Ebbene sì, ho pronunciato quel terribile nome e non ne ho vergogna. Quando lo guardo e penso a tutta la fantastica avventura che abbiamo vissuto assieme, mi commuovo sempre. E nemmeno voglio dimenticare che è proprio la mia lotta tra le acque dei primi oceani ad avere permesso la nascita del vino, uno dei simboli dell’uomo attraverso i suoi pochi millenni di esistenza.

Ora sono qui, ormai pronta al suicidio. Non voglio ripetere più la bella favola che vi ho voluto raccontare. Pensate che lo faccia solo perchè non mi sento  più importante come una volta? O perché la glicolisi è una tecnica arcaica ormai sorpassata? O magari perché  penso all’immane fatica che serve solo per guadagnare due misere molecole cariche di energia? No, vi prego, non mi insultate! Lo faccio per un motivo ben più grave. L’ho sentito in televisione, letto sui giornali, ascoltato da molte voci, anche di coloro che dicono di amare il vino. Non solo vogliono ripudiare il mio prodotto finale, ma addirittura invertire il senso della mia favola. Vogliono dealcolizzare il vino, farlo diventare acqua colorata! Pretendono di andare contro Natura, schiacciare sotto i piedi uno dei processi più antichi del mondo.

Come pensate possa sentirmi? Prima o poi vorranno invertire anche la glicolisi, costringermi magari  a produrre glucosio a partire dall’alcol e dall’altrettanto vilipesa anidride carbonica. No, questo non lo posso permettere e spero che la Natura prima o poi si ribelli e vi punisca.

Sono ormai troppo vecchia e stanca per sopportare questa umiliazione e preferisco spegnermi da sola, lasciandovi alla vostra insulsa esistenza.

A mai più risentirci…

Vincenzo Zappalà

6 COMMENTS

  1. …articolo scritto veramente molto molto bene…complimenti all’autore…non sono tuttavia riuscito a trovare un reale collegamento tra l’evoluzione cellulare e l’antica produzione del vino e di come la dealcolizzazione offenda la vita cellulare..forse offende solo alcuni uomini….detto questo il “vino”dealcolizzato che evidentemente vino non è più non andrà mai a sostituire il vino quello vero…vorrei tranquillizzare la cellula della favola…lo so perchè lo vendo tutti i giorni…le persone che bevonoil vino dealcolizzato sono persone che non avrebbero mai bevuto il vino vero o perchè in pessime condizioni di salute o per scelta…il vino dealcolizzato è per una piccola nicchia di uomini…forse metabolicamente differenti…un saluto analcolico a tutti.
    Ivan

  2. caro Ivan,
    ti ringrazio innanzitutto. La nostra cellula primordiale usa ancora la fermentazione come metodo per produrre energia vitale. In assenza di ossigeno questo era l’unico modo che permetteva la vita nelle prime fasi della Terra. La prima parte della fermentazione alcolica è proprio la glicolisi. Mentre gli organismi superiori hanno migliorato la tecnica di produzione energia prima attraverso la sintesi clorofilliana e poi attraverso la respirazione, la fermentazione rimane comunque il primo passo di molti processi metabolici. L’alcol etilico era ed è lo scarto della fermentazione cellulare dei primordi della Terra e resta ancora un processo utilizzato dall’uomo. Ecco perchè la nostra cellula è offesa e umiliata… Forse ho dato per scontate alcune cose… e me ne scuso.
    Speriaamo tu abbia ragione!
    Enzo

  3. Ciao Enzo, sempre stimolanti le tue storie e in questo caso anche un po’ amare. I prodotti senza alcool delle fermentazioni anaerobie sono prodotti per due vie differenti: per sottrazione dell’alcool attraverso membrane speciali e sistemi di filtrazione particolari o come risultato di una fermentazione con lievito poco o per niente produttori di alcool, ( ma allora debbono produrre qualcos’altro per poter scaricare il NAD). Comunque sempre qualcosa di estraneo e modificato rispetto alla via naturale che guarda caso è anche quella energeticamente più conveniente ( per i lieviti). Per noi rimane la considerazione che un vino dealcolizzato non è un vino e non invecchierà o si evolverà come un vino. Un vino senza alcool non invecchia, si deteriora un po come i succhi di frutta o le bevande gassate che non migliorano con il tempo, anzi….
    A noi poveri amanti del vino non ci resta che aprire rigorosamente a casa propria una bottiglia di Riesling di Hering del 2004 ( vincitore del concorso mondiale dei Riesling a Strasburgo) e assaporare, come ho fatto l’altro giorno, tutto ciò che con l’alcool e nato cresciuto e si è affinato negli anni.

  4. caro Lamberto,
    meno male che molti vini resistono benissimo per molti e molti anni… Io mi accontento del Riesling Herzù di Sergio Germano… e magari di qualche barolo e barbaresco… A meno che la mente umana rinsavisca di colpo: ma è possibile? Ho molta paura, ma vale la pena sperare nei giovani.
    A presto… e grazie!

  5. Sappiamo bene che piccole quantita’ di alcool di un bicchiere di vino fanno bene al cuore perche limitano i disturbi cardiovascolari anche per la presenza di potenti catalizzatori antiossidanti come il Resveratrolo. Inoltre e’ utile capire che moderate quantita di alcool del vino e della birra fanno bene al cervello vedi : http://www.molecularlab.it/news/commento.asp?n=2056.
    IInfatti modeste quantita di alcool nel cervello oltre che generare energia biologica per mezzo del metabolismo mitocondriale “aerbico” permettono anche la attivazione di una componente piu antica del meccanismo di produzione di energia biologica “anaerobico” ; tale coattivita “aerobica ed anaerobica” della produzione di Energia biologica nei neuroni e’ utile specie nella vecchiaia la dove la ossigenazione del cervello diviene naturalmente piu lenta. Paolo Manzelli 24/MARZO/2012

    Vedi e partecipa a Nutra Scienza http://www.facebook.com/groups/195771803846822/

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