L’Abruzzo visto dalle guide dei vini… dubbi e conferme

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È arrivato implacabile l’ottobre guidaiolo e anche stavolta vorrei approfittarne per fare un esame allo stato di salute enologica del “mio” Abruzzo. Come l’anno scorso proverò ad incrociare i premi delle principali guide di settore con le considerazioni personali raccolte negli ultimi mesi, sperando che ne esca fuori qualcosa di interessante. Partiamo intanto da una tabella che riepiloga la situazione premi 2012:

Prima di addentrarci nell’analisi mi sembra opportuno specificare alcune cose:

  • Per  scelta personale ho limitato l’analisi alle quattro guide principali – che per il sottoscritto sono Gambero, Ais, Espresso e Slow Food – con l’aggiunta di quella del Touring Club con cui collaboro.
  • Sono consapevole che far riferimento solo ai vini premiati offra una visione parziale e non tenga in giusto conto l’enorme mole di lavoro che sta dietro una guida. Ci sono tanti vini finalisti, quattro grappoli, due bicchieri, 17/20, etc…che complessivamente ti danno la vera chiave di lettura di un’azienda e di tutte le sfaccettature di una realtà produttiva.
  • Per il confronto con i dati di produzione ho trovato solo i valori regionali complessivi. Avrebbe più senso ragionare solo sull’imbottigliato (al netto quindi di sfuso e mosto), ma le considerazioni che seguono dovrebbero restare comunque valide.

Ciò premesso, la prima cosa che mi balza agli occhi è l’estrema frammentarietà nei giudizi: solo un vino – il Trebbiano 2009 di Valentini – ha riscosso consensi pressoché unanimi, mentre tutti gli altri non sono riusciti a mettere d’accordo più di 2 guide su 5. Questo dato da un lato conferma come i parametri di giudizio e i gusti soggettivi delle varie commissioni d’assaggio possano essere molto diversi tra loro, dall’altro mi fa pensare che la regione non ha offerto in questa tornata vini “oggettivamente” straordinari.

Diminuendo la granularità dell’analisi – passando cioè dalla singola etichetta all’azienda (vedi tabella sottostante) – ci si accorge comunque che i nomi eccellenti sono pochissimi e ormai consolidati (Valentini, Cataldi Madonna, Masciarelli, Torre dei Beati; Emidio Pepe, Valle Reale…): produttori bravi e affidabili che ogni anno staccano tutti sul gran premio della montagna e si giocano in volata la vittoria di tappa. Oddio, in realtà ogni squadra (leggi ogni guida) prova anche a lanciare in avanti qualche “fuggitivo”, per cui, spulciando tra i tanti riconoscimenti, qualche nome nuovo lo si trova pure. Ma ho l’impressione che si tratti, in molti casi, di una necessità indotta da fini “editoriali”, derivante non tanto dal valore assoluto del vino, quanto dalla “sensibilità” della commissione d’assaggio verso un’azienda, uno stile produttivo, un vitigno o un territorio.

Quanto evidenziato finora vale in generale, per tutte le regioni, e sta ancora una volta a testimoniare che lo “strumento” guida va letto e interpretato,  considerando che i giudizi espressi non sono mai definitivi e incontestabili, e riflettono sempre un’impostazione di fondo che può anche essere molto diversa da un caso all’altro. Ma vuole anche dire agli amici produttori abruzzesi di darsi una svegliata! E’ vero che alcuni meccanismi intrinseci delle guide (l’assaggio ripetitivo e frenetico di centinaia di vini, le schede stringate, i punteggi, etc..) hanno poco senso e rischiano di non rendere giustizia al lavoro e alla fatica che c’è dietro ogni etichetta.

I numeri però parlano chiaro! Facendo una banale conta dei riconoscimenti complessivamente ottenuti, l’Abruzzo si trova solo al decimo posto, dietro Piemonte, Toscana, Alto Adige, Veneto, Campania, Marche, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Lombardia (l’ordine è indicativo) e più o meno alla pari con Puglia, Trentino e Sardegna. Mettendo tale dato in relazione con le quantità prodotte negli ultimi 5 anni (che potete leggere su http://inumeridelvino.it l’ottimo sito di Marco Baccaglio) si vede come, trascurando le regioni con produzioni numericamente poco significative, peggio dell’Abruzzo hanno fatto solo la Puglia (stessi premi ma con produzione ancora maggiore) e l’Emilia Romagna. Per rafforzare il concetto basta guardare alla Sardegna, che ha ottenuto all’incirca lo stesso numero di premi con una produzione media che è meno di un quarto! Per non parlare del confronto con regioni come Marche o Alto Adige, la cui percentuale di eccellenze, in proporzione, è veramente impressionante. Insomma, cari amici abruzzesi, c’è da rimboccarsi le maniche perché gli altri non stanno fermi…anzi!

Il Vino in Dettaglio

BIANCHI MISTI
Cococciola
, passerina, malvasia, montonico, falanghina sono i bianchi “alternativi”, che provano a insidiare il ruolo da protagonista del “vecchio” trebbiano. In realtà, appare ogni anno più evidente come l’unico serio antagonista del trebbiano sia il pecorino (di cui parleremo più avanti), con queste categorie minori destinate a ruoli di semplici comparse. Poche le produzioni veramente degne di interesse, con vini che faticano a trovare una loro identità. Qualche sussulto si nota nella cococciola – buona quella dell’azienda chietina Coste di Brenta – che inizia a trovare una discreta diffusione anche in versione spumante (parliamo sempre di micro-produzioni); poi c’è un montonico interessante dell’azienda teramana La Quercia o una malvasia sorprendente nella Valle Peligna ad opera di Filomusi Guelfi. Ma per ora sono guizzi estemporanei. Vedremo in futuro.

TREBBIANO
Lo si dice da anni: l’Abruzzo dovrebbe puntare con forza ad una rivalutazione del suo vitigno bianco più rappresentativo. Sta di fatto che di novità se ne vedono ben poche e il trebbiano continua ad essere nella media un vinello di poco conto, da sbicchierare con gli amici senza stare li a pensarci troppo su. Quando lo propongo in qualche serata di degustazione le reazioni sono sempre le stesse…vabbè per “scaldarci” c’hai portato ‘sto trebbiano, quand’è che passiamo ai vini seri?
Eppure, come dimostrano alcuni “illuminati”, se trattato in un certo modo il trebbiano può essere serio, anzi serissimo! Valentini lo conferma ogni anno  e anche questo 2009 è magistrale, risultando senza rivali il vino più premiato in regione. Tra i miei preferiti continuo ad annoverare il Castello di Semivicoli di Masciarelli (sugli scudi l’edizione 2010), che preferisco all’aristocratico Marina Cvetic (nel 2009 apparso meno “legnoso” del solito). Un gradino più in basso (ma è sempre un bel bere!) il Fonte Cupa 2010 di Montori, un vino senza acuti ma di una bevibilità disarmante, l’Emidio Pepe 2010 e il Cerano 2010 dell’azienda aquilana Pietrantonj.

Oltre questo poco altro in verità, a dimostrare che la cerchia dei “trebbianisti” d’autore si è ancor di più ristretta. Sottotono, ad esempio,  quello che si era fatto notare come la novità più interessante degli ultimi tempi, facendo incetta di premi nei primi due anni di produzione: parlo del Vigna di Capestrano dell’azienda Valle Reale, trebbiano a fermentazione spontanea, che paga una poco felice annata 2009. Annata che ha colpito in qualche modo anche i trebbiano di Barba o quelli della piccola azienda Centorame, che in passato ci avevano abituato a performance migliori.

PECORINO
Sul pecorino ho già scritto molto (leggi qui) e non mi dilungo. L’assegnazione dei riconoscimenti conferma una certa contrapposizione di stile che forse deriva più dai gusti e dalle convinzioni personali dei vari “guidaioli”, che dalle reali caratteristiche del vino e del  vitigno. Da una parte il Gambero Rosso, che, con i vini di Cataldi Madonna e della brava Cristiana Tiberio, lancia un messaggio chiaro su quello che a loro modo di vedere dovrebbe essere il pecorino: un vitigno aromatico o semi-aromatico, tipo riesling, in cui sono fondamentali quei profumi e quelle note eleganti che solo un’attenta lavorazione in riduzione è capace di preservare. Dall’altro l’Espresso, che non segnala pecorini abruzzesi degni di nota (il miglior punteggio è un “medio” 15,5) mentre, ad esempio, va a premiare le versioni marchigiane, vinificate in maniera tradizionale e, a loro modo di vedere, più coinvolgenti in bocca (vedi Aurora o Pistillo di San Lazzaro). Ora, al di la di queste contrapposizioni ideologiche, è indubbio che il pecorino stia scalzando pian piano il trebbiano dal trono dei vini a bacca bianca: ormai è il secondo vino bianco per la stragrande maggioranza dei produttori, e anche alcuni “storici” (penso ad Emidio Pepe ad esempio) ne stanno esplorando le potenzialità, anche se, mediamente, resto della stessa opinione dello scorso anno ([…] la mia impressione è che si punti tutto sulla piacevolezza (o meglio sulla “piacioneria”) e si faccia quindi sempre più fatica a dare un’anima e un carattere a questo vino [… ]).

Tra le etichette da segnalare, pur conservando alcuni dubbi sulla questione “stilistica”, mi vedo abbastanza concorde con il Gambero, perché è innegabile l’eleganza e la classe superiore del pecorino di Cataldi Madonna, di cui sembra degno erede quello di Tiberio. Continua poi il buon lavoro di Torre dei Beati, e il suo Giocheremo con i Fiori 2010 è senz’altro uno dei migliori. Spiazzante e per aficionados il pecorino di Faraone, vino senz’altro poco omologato. Poi tanti vini piacevoli e corretti, che vanno bene per una cena tra amici non troppo “pretenziosi”, per fare bella figura e mettere d’accordo un po’ tutti, ma che possono risultare banali e noiosi ad un palato appena più esigente.

MONTEPULCIANO D’ABRUZZO CERASUOLO
Dopo una 2009 non esaltante per i rosati, la 2010 mi sembrava decisamente meglio: un frutto generalmente integro, ben espresso, molto piacevole e beverino, senza eccessive “sparate” esotiche. Uso il passato perché i giudizi diffusamente positivi che avevo raccolto con gli assaggi estivi non sono stati poi confermati dai riconoscimenti guidaioli. Per Gambero ed Espresso i rosato d’Abruzzo risultano non pervenuti. L’AIS premia il 2010 di Valentini, troppo giovane a mio avviso per poter essere giudicato in questa fase. Il Touring è l’unico a premiarne due: il base di Cataldi Madonna,” vinello” emblematico per la sua tipologia, e la sorpresa del “carneade” Giancarlo Speranza, new-entry di grande profondità e sapidità che dovrà però confermarsi nei prossimi anni. Buono, ma più rosso giovane che rosato, il cerasuolo 2010 di Praesidium, vino assai versatile e da tutto pasto. Interessanti poi le versioni di Faraone, Pietrantonj, Montori, Nicodemi, Masciarelli e l’ultimo vino di Mimmo Pasetti realizzato dai nuovi vigneti di Capestrano (AQ).

MONTEPULCIANO 2010 e 2009
Mi devo ripetere: continuo a pensare che i montepulciano con meno di 3 anni abbiano poco senso. Sugli “infanti” 2010 veramente nulla da segnalare. Va un po’ meglio l’annata 2009, che, a un paio d’anni dalla vendemmia, inizia a proporre qualche “giovincello” degno di nota. Su tutti segnalerei la bella performance, ancora una volta, di Cataldi Madonna, sia col Malandrino, vino che anche in passato più di una volta ha riservato belle sorprese, che con il Montepulciano base, uno dei migliori nella sua tipologia. Tra gli altri base affidabili segnalerei i due teramani, Camillo Montori e La Quercia.

MONTEPULCIANO 2008
Annata regolare ed equilibrata, che a un inverno non troppo rigido ha visto seguire una primavera fresca e piovosa che ha ricostituito le riserve idriche bruciate nell’afoso 2007. Ciò ha consentito, in generale, un ottimo sviluppo vegetativo, preservato da un’estate non troppo calda e un settembre/ottobre che hanno portato a una vendemmia regolare e senza troppi patemi. Insomma, c’erano tutte premesse per un’ottima annata, che anche dal punto di vista quantitativo è stata abbondante, con +35% rispetto a quella dell’anno precedente.

Come ho già detto ritengo che tre anni siano il tempo minimo per iniziare ad apprezzare un buon montepulciano. E infatti non mancano le etichette interessanti. Sfogliando tra i nomi delle aziende premiate troviamo molti “classici”. Il  Montepulciano di Pepe è sempre un riferimento, anche se il 2008 non ha il dinamismo e la precisione del 2007. Sempre sugli scudi il Tonì di Cataldi Madonna, il Mazzamurello di Torre dei Beati che se la batte con il fratello Cocciapazza, il Nòtari teramano di Nicodemi, il San Calisto di Valle Reale, e, per il sottoscrittio, una delle migliori versioni di sempre dell’Adrano di Villa Medoro e del San Clemente di Zaccagnini.

MONTEPULCIANO 2007
Annata bollente, che nelle recensioni dello scorso anno aveva portato alla luce vini di grande materia ma con qualche problema di maturazione fenolica che mi aveva destato più di una perplessità (leggi qui). Alla distanza devo confessare che questa annata sta uscendo fuori bene. Diversi produttori hanno aspettato un anno in più per far uscire i propri vini ed i risultati sono stati buoni, con vini che hanno trovato per strada un maggior equilibrio e un migliore amalgama generale. Tra tutti mi piace segnalare un grandissimo Villa Gemma di Masciarelli, a livello delle migliori espressioni degli ultimi anni. Tra i miei preferiti resta poi il Neromoro Riserva di Nicodemi, anche stavolta più che convincente. Una segnalazione infine anche per l’azienda pescarese La Valentina, che con il fresco e reattivo Spelt e l’intenso ed elegante Binomio mette sul piatto un’accoppiata niente male, e per il Pieluni Riserva di Illuminati, “vinone” di grande impatto e potenza, ma di buon equilibrio complessivo.

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

10 COMMENTS

  1. ah…ma allora i confronti tra le guide si possono fare…. Sono un po’ confuso. Fernando mi dai qualche lume a riguardo…
    Non vorrei mi fosse stato fatto un processo alle intenzioni… Va bene, ormai ci sono abituato…

  2. @Marco Meloni
    Agriverde è una gran bella realtà, con alle spalle un approccio “naturale” di lunga data. Dire che sia LA migliore in Abruzzo è forse un po’ esagerato 🙂 A mio modo di vedere, forse, “disperdono” le forze su troppe etichette…comunque la linea Solarea spesso mi piace e il Plateo, quando non è troppo carico, è uno dei migliori montepulciano in circolazione.

    @Enzo
    Il mio, qui, non voleva essere un confronto fra le guide, ma un’analisi in dettaglio della situazione nella mia regione, partendo da alcuni dati statistici che mi sono serviti solo per fare le considerazioni che hai trovato nel pezzo.
    ciao

  3. Bene franco , una gran bella analisi. Sono anni che dico e penso che il pecorino sia un piccolo riesling mediterraneo. Sul trebbiano sei un poco ingiusto, credo che sarà il vino del futuro e che alcuni prodotti che vanno al di la del vino da paparazze lo dimostrino. Sul Montepulciano trovo che sia semplicemente il più grande vitigno a bacca rossa d’Italia, ma l’annata 2009 è sfigata :D. Per quanto riguarda cococciola, montonico e co. Aspetto ancora di assaggiar e una versione veramente buona, ma temo che avessero ragione i nostri antenati a metterli nel trebbiano! Sui nomi da te citati sono quelli giusti, compresa Agriverde che disperde un po’ di energie nelle tante bottiglie, ma il Plateo resta la migliore versione di Montepulciano mediterraneo e potente, quest’anno sfiora di poco il traguardo. Resta il mistero del preconcetto Trulli, una bellissima azienda che ha scelto il cemento per vinificare e che sta in un bellissimo territorio, ma se ne parla pochissimo, temo un po’ di snobberai dal mondo enofichetto… 😀
    Ciao A

  4. Grazie Alessandro. Anche io spero molto nel trebbiano, ma quello che volevo dire è che sono ancora pochi, troppo pochi, i trebbiano “seri”. Anche su Trulli sono d’accordo con te (anche se lo Jarno resta bello “carico”, eh?:-)). A riguardo mi ero già espresso proprio su queste stesse pagine.

  5. caro franco, è sempre un piacere leggerti nella tua puntualità e precisione.

    hai fatto benissimo a mettere in risalto la soggettività dei premi. questi produttori e questi chef “mi” cominciano un po’ a soffrire di ansia da prestazione 🙂

    posso dirti che nella mia beata ignoranza il pecorino mi piace ma non mi entusiasma, e che dopo averlo bevuto ad una serie di cene consecutive di cui ero ospite, alla prima in cui mi hanno dato del trebbiano (tra parentesi, proprio quello non filtrato di valle reale), ho sussultato e mi sono chiesta perchè diavolo si ostinassero a proporre pecorino, quando abbiamo questo vino che è stato accantonato pudicamente come un vestito a cui si è affezionati ma che è passato di moda. lo rivogliamo! 🙂

  6. @Franco Santini
    Interessante articolazione sulle ragioni delle nostra regione
    Posso sapere cosa quando un vino – un trebbiano – può dirsi serio?
    Grazie

  7. “…@franco santini
    Stavo aspettando la tua risposta sulla “serietà” di un vino.

    Ho desiderio di imarare le categorie di analisi per affrontare un ragionamento su ciò che è proprio in Abruzzo.

    Successivamente alla tua risposta, mi piacerebbe affrontare anche altre “proprietà” della nostra terra.

    Credo infatti che questo sia uno spazio interessante per poter ragionare a più intenzioni ciò che in Abruzzo è accaduto e sta accadendo.

    Fiducioso nella tua disponibilità affido a te il compito di dar vita ad una dinamica dialogante, in questo modo cogliendo al volo lo spazio allargato che si percepisce nel tuo articolo…

    Sai le aree che potrebbero essere attraversate dalle dinamiche dialoganti sono di interesse generale, in questo “scorcio di fine secolo”.

    Vincenzo Zappalà, proprio su questo stesso sito, ha articolato, in maniera interessante, il suo punto di vista sul rapporto tra vino e arte.

    Perchè allora non iniziare a ragionare anche sulle questioni relative alla “Cucina come Arte e Altre Cose”?

    Non mi dire che non puoi, so che ti stai occupando di molte cose….oltre il vino.

    Tra l’altro, caro franco, sono in procinto di inviare, in questo secondo momento di spedizione, il libro a molte altre personalità.

    Mi piacerebbe infatti capire “i luoghi del mio errare”. Mi piacerebbe capire anche quelli dell’errare di un territorio: il mio.

    Io continuo a credere, però, che sia tu in errore quando affermi che i concetti [premessa/conseguenza] della mia ricerca sono incomprensibili e sbagliati…l’unica cosa su cui ti do ragione è che il libro è postumo (sono cose che scrivevo e che ho fatto girare a partire dal 1999/2000), ma non è, come hai più volte affermato, libro ovvio e superato.

    Per questo mia intenzione è ragionare….quale migliore occasione allora lo spazio di un tuo operato!?!

    Bene. Io aspetto.

    Mario

    P.s. Sai come firmo. Allora non ti stupirai delle virgolette….”

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