Terre di Toscana 2012. Ritratti/5: Chianti, Chianti, fortissimamente Chianti…

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Il panorama delle cantine provenienti dal Chianti (Classico e non) “parla da solo” e ci conferma che Terre di Toscana 2012 possiede (anche) un grande cuore chiantigiano. Un cuore che batte di innumervoli pulsioni. Diverse quanto vogliamo ma accomunate dal fatto di essere invariabilmente d’autore. A cavallo fra tradizione e aggiornata modernità, fra case storiche, griffe stracelebrate e piccoli vigneron di culto, il parterre offre  motivi di attrattiva ineludibili, tante possibilità di lettura ed approfondimento e un mare di etichette emblematiche. Quale fiera testimonianza di una antica vocazione, il Chianti presente a Terre di Toscana si propone con tutto il suo portato di attualità ed esclusività. Un insieme di storie vecchie e nuove a raccontarci di una terra che è viva.

Badia a Coltibuono

Stimolata da nuovi entusiasmi e antichi, nobili terroir ( in particolare l’area di Monti e Argenina), la celebre cantina di Emanuela Stucchi Prinetti pare rivivere una seconda giovinezza: vini espressivi, puri, chiantigiani fin nel midollo, a partire dal sorprendente Chianti Classico “base”, su su fino al prezioso Sangioveto. Un livello qualitativo assoluto, in cui convivono carattere e naturalezza espressiva. Bio.

Brancaia

Precisione tecnica, dominante fruttata e serica morbidezza tannica sono le principali coordinate stilistiche sulle quali si fondano i vini di Brancaia, vini sicuramente “modernisti” nella impostazione (peraltro ben apprezzati sui mercati internazionali) senza però rinunciare alle peculiari doti di eleganza figlie legittime dei terroir di provenienza. I vigneti chiantigiani della famiglia Widmer si trovano sia a Radda che a Castellina. L’azienda non si è fatta mancare un’appendice maremmana (da cui nasce Ilatraia).

Capannelle

Una delle piccole/grandi cantine “modello” del Chianti Classico: parco vigneti importante proprio a ridosso del borgo di Gaiole e una particolare sensibilità interpretativa nel vestire di un carattere speciale il sangiovese dei luoghi, qui declinato in una serie di vini carismatici (Chianti Classico Riserva e Solare, quest’ultimo in compagnia della malvasia nera), elegantemente austeri e dal buon potenziale di longevità. Lo stile è moderno ma senza esagerare, sotto la guida tecnica di Simone Monciatti. A Capannelle nasce anche un ricercato Chardonnay, che nelle ultime edizioni ha subito una meditata rilettura nel verso della freschezza gustativa e della “sinuosità” aromatica.

Caparsa

Passione autentica da vigneron, cura dei dettagli, attenzione all’ambiente, stile moderno ma con calibro sono gli ingredienti che alimentano la produzione chiantigiana di Paolo Cianferoni. Rossi di particolare profondità tannica e ottima materia prima i suoi, mai scontati e da ascolto attento. Con Radda nel cuore.

Castell’in Villa

La “ principessa” (di nome e di fatto) del Chianti Classico: Coralia Ghertsos Pignatelli è da molti anni artefice di rossi emblematici, intrisi di una luminosa chiantigianità, persino archetipica. Oggi più che mai i suoi vini a base esclusiva sangiovese possono essere assunti a modelli di riferimento per attaccamento territoriale, purezza e profondità. Di fascino raro, si esprimono magnificamente anche nel tempo, nobilitando da par loro la peculiare marca sapida del terroir di Castelnuovo Berardenga.

Castello d’Albola

Punta di diamante della galassia Zonin, Castello d’Albola produce oggi vini dal rigoroso “ ascendente” territoriale: dinamici, profumati, molto equilibrati, a delineare con garbo e compiutezza le più tipiche direttrici stilistiche dei rossi di Radda, qui particolarmente ispirate dall’unicità dei terroir a disposizione, fra i più alti del Chianti. In decisa crescita.

Castello dei Rampolla

Luca e Maurizia di Napoli proseguono con grande dedizione alla causa la storia illustre di questa cantina, a buon diritto fra le più celebri del Chianti Classico. E lo fanno assegnando al rispetto per l’ambiente e alla naturalità dei vini una importanza fondamentalmente etica. Poi, l’innata vocazione di un terroir come quello di Santa Lucia in Faulle fa il resto. Così non dovrà sorprendere più di tanto se nei robusti, profondi rossi a base cabernet (d’Alceo e Sammarco) vi si respirerà “un’aria chiantigiana” che ha pochi eguali. Quanto al Chianti Classico, resta as usual un valore sicuro.

Castello della Paneretta

Da sempre tenace sostenitrice dei vitigni autoctoni (leggi sangiovese e canaiolo), la famiglia Albisetti – oggi in pista con le generazioni nuove, dopo la recente scomparsa del “capostipite” Fabio- prosegue con apprezzabile coerenza (ma con una profondità di dettaglio e una caratterizzazione dei vini casomai migliori di un tempo) l’opera di valorizzazione della più pura tipicità. La dominante galestrosa dei terreni a disposizione infonde una profonda mineralità e una raffinata tessitura tannica ai migliori esemplari della casa, da cui emergono ovviamente i Chianti Classico.

Castello di Monsanto

La cifra stilistica, la piena rispondenza alle caratteristiche tipologiche dei luoghi, la speciale eleganza dei rossi della famiglia Bianchi proietta questa cantina (non da ora ovviamente) nel novero delle migliori del territorio. Coniugando precisione tecnica e naturalezza espressiva, i Chianti Classico di Monsanto sono soliti distinguersi con merito, concretizzando prestazioni all’altezza di un cru. Paradigmatico in tal senso, e pure imperdibile, il celebre Poggio.

Castello di San Sano

Rigenerata dai cospicui investimenti operati negli ultimi anni in campo viticolo, San Sano si sta (ri)appropriando con merito del ruolo che gli spetta, contribuendo da par suo alla nomea dell’area gaiolese grazie a rossi espressivi, di grande affidabilità e compiutezza, pienamente rispondenti ai connotati tipologici del Chianti Classico.

Cinciano

Alle porte di Poggibonsi l’antica Fattoria di Cinciano riannoda il dialogo con l’espressività grazie a vini curati, eleganti, fruttati, “rotondi”, quali portavoce attendibili delle peculiarità della loro terra. Impronta enologica curata, rifinita, ma senza esagerare. La produzione della famiglia Garré sta cercando con determinazione un orizzonte nuovo, nel nome del sangiovese. Da seguire.

Domini Castellare di Castellina

Rientrano nei Domìni le due importanti proprietà toscane dell’imprenditore Paolo Panerai: quella storica chiantigiana, Castellare di Castellina, artefice di vini emblematici come I Sodi di San Niccolò, e quella -più recente- maremmana, Rocca di Frassinello, nata grazie alla joint venture con Lafite-Rotschild e fondata su ambiziosi progetti e cospicui investimenti. E se nel primo caso la “misura” tannica e il portamento dei Chianti Classico richiamano coerentemente le dolci colline di Castellina, nel secondo una manifattura moderna va plasmando con accuratezza tutta la forza propulsiva, il calore e la materia densa di una terra generosa.

Fattoria Corzano e Paterno

Se le etichette di Alijoscha Goldsmith (nome a parte, sancascianese pressoché dalla nascita!) non potranno fregiarsi del nome Chianti Classico per questioni di metri non importa, hanno già dimostrato una personalità che si fa un baffo delle più o meno intricate questioni geografiche “di confine”. L’anima chiantigiana è conclamata e trova su questi poggi una profondità tannica inusuale, tanto da aspirare alla dignità di cru (Corzano e Tre Borri docet). Ah, nasce qui uno dei Vin Santo più buoni di Toscana!

Felsina

Dalle propaggini meridionali del Chianti Classico, area Castelnuovo Berardenga, uno dei nomi di culto della vitivinicoltura toscana. Poche presentazioni qui: vini come Rancia e Fontalloro sono portavoce efficaci non solo di un percorso stilistico e di una storia importanti, ma anche di una speciale sensibilità interpretativa, vanto di una denominazione tutta. Non è un caso se sono nati a Felsina alcuni dei Sangiovese più significativi d’Italy.

Fontodi

Altro nome di rango dell’enologia toscana. Dalla imponente Conca d’Oro di Panzano vini sanguigni, viscerali, espressivi e carismatici: Flaccianello della Pieve e Vigna del Sorbo sono gli artefici principali di una esperienza da prima pagina, a cui la famiglia Manetti ha contribuito con incrollabile passione in tanti anni di attività, passione oggi addirittura amplificata dalle scelte agronomiche effettuate, in odor di naturalità. Trovano inoltre casa a Panzano curiose quanto interessanti escursioni “d’Oltralpe”: un Pinot Nero e un Syrah (targati Case Via) a volte sorprendenti e perdipiù maledettamente chiantigiani!

I Fabbri

Vini che danzano sulle punte, schietti, sinceri e rarefatti, a raccogliere le suggestioni di un terroir particolare come quello di Lamole, fra i più alti del Chianti. La proposta di Susanna Grassi sposa garbo espositivo e competitività nei prezzi, delineando un percorso stilistico apprezzabile e futuribile.

Il Borghetto

Un tratto stilistico molto personale, teso ad esaltare le doti di eleganza del sangiovese chiantigiano, arricchisce di preziose sfumature i vini di Antonio Cavallini. Vini profumati, caldi e avvolgenti, dal tessuto tannico raffinato. Una delle cantine emergenti del Chianti Classico, e una delle proposte migliori provenienti da San Casciano Val di Pesa, Approccio bio.

Isole e Olena

Uno dei nomi imprescindibili per capire un po’ di più  di Chianti Classico. Finezza, complessità, naturalezza espressiva, unite a sapienza enologica, riflettono di una luce tutta particolare nei vini di Paolo De Marchi. Chianti Classico e Cepparello onorano ad alti livelli la tipicità. Ma ci sono tutta una serie di monovitigni che mai come in questo caso portano appiccicata addosso la timbrica del terroir di Barberino Val d’Elsa. Un must.

Lanciola

Impegnata sia sul fronte imprunetano, dove assomma la gran parte dei vigneti, che su quello classico chiantigiano (Greve), l’azienda della famiglia Guarnieri ha impostato la propria produzione nel segno dell’eclettismo e della precisione esecutiva:  ai vini del territorio (Chianti Colli Fiorentini e Chianti Classico) fanno da contraltare vini di “fantasia” dal sicuro appeal, come lo storico Terricci.

La Porta di Vertine

Un’agricoltura di impronta biologica e una enologia molto curata ci restituiscono Chianti Classico polposi, pieni, croccanti e saporiti, secondo uno stile moderno che privilegia frutto e morbidezza e onora da par suo la sponda gaiolese da cui traggono origine. Grande affidabilità.

Le Cinciole

I Chianti Classico di Luca Orsini e Valeria Viganò non tradiscono di certo i fondamentali del territorio, rendendo per intero, nel tratto stilizzato e nel gusto sapido e floreale che li contraddistingue, tutte le sfumature di cui sono attenti “suggeritori” gli argilloscisti di pietra forte de Le Cinciole, fresco e appartato versante dell’area di Panzano. La sincerità espressiva sta di casa. La pratica bio anche.

Marchesi Mazzei

Non rientra propriamente negli scoop del secolo scoprire che Fonterutoli ha segnato, nella sua lunga storia, le tappe fondamentali del Chianti Classico d’autore. La dolcezza di frutto, la materia densa e sinuosa dei suoi migliori cru disegnano oggi vini curati, riconoscibili, enologicamente impeccabili, assecondando con sapienza i dettami di uno stile che intende coinvolgere i bevitori del mondo intero. Fra i Chianti Classico di stile “moderno” il Chianti Classico Castello di Fonterutoli resta un must. Di grande lignaggio il supertuscan Siepi. La famiglia Mazzei possiede anche la Tenuta Belguardo in Maremma, da cui ricava rossi voluttuosi, morbidi e pieni.

Montellori

Non solo articolata, ma soprattutto qualitativamente “motivata” l’offerta enoica di Alessandro Nieri, che dalle storiche colline fiorentine, fra Cerreto Guidi e il Montalbano, produce vini in decisa ascesa caratteriale. A partire dai Chianti, schietti e rigorosi, per arrivare alle selezioni (Dicatum e Salamartano), che hanno già dimostrato uno spessore non banale fin dalle prime apparizioni, senza dimenticare le amate bollicine, che trovano a Montellori una delle testimonianze più intriganti al di fuori delle zone classiche di produzione: un blanc des blancs di inusuale brillantezza e complessità.

Monteraponi

C’è il respiro della classicità (la più pura) nei Chianti Classico di Michele Braganti. Una storia vitivinicola piuttosto recente non ha impedito a Monteraponi di ritagliarsi in poco tempo un posto al sole fra le cantine del territorio, grazie alla misura, alla capacità di dettaglio, all’autorevolezza dei propri vini, fedeli come pochi ai caratteri del territorio raddese. Campitello e Baron’Ugo le selezioni da non mancare.

Montevertine

C’è chi dice che vada di scena a Montevertine “il” sangiovese, non ”un” sangiovese. D’altronde la storia di questa cantina, oggi guidata da Martino Manetti, parla chiaro. Vini che hanno segnato il territorio e assurto a metro di paragone. Ancora oggi, più che mai, prodighi di sensazioni struggenti e di umori difficilmente dimenticabili, nel segno di uno stile classico senza ammiccamenti. Solo e soltanto al cuore del discorso. Montevertine, Pergole Torte, per arrivare al piccolo-grande Pian del Ciampolo, restano tre esempi mirabili di chiantigianità, e non desta sorpresa il ritrovarli ai vertici dell’enologia regionale e nazionale.

Pacina

Una “ruralità consapevole” regola l’approccio alla campagna di Stefano Borsa e Giovanna Tiezzi, che si affidano soprattutto al loro Chianti dei Colli Senesi per trasfondere tutto il portato di tipicità e franchezza che attiene a gesti e modi rispettosi dell’ambiente. Promiscuità colturale, etica del territorio, idealità stimolano vini umorali, reattivi, vivi: vini figli della terra loro.

Podere Il Palazzino

Piccola cantina di stanza a Monti in Chianti (area Gaiole), Il Palazzino della famiglia Sderci ci ha abituati bene già da tempo, grazie ad alcune straordinarie versioni del loro sangiovese di punta, Grosso Sanese. Il tempo passa, le storie possono cambiare i contorni. Così, se il vigneto del Grosso rinascerà a nuova vita in un prossimo futuro, ci pensano i vigneti nei pressi della struggente Pieve di San Marcellino, e quelli del fresco versante dell’Argenina, a riproporre con forza le credenziali di questa serissima realtà artigianale (e familiare) chiantigiana.

Poggio Al Sole

Vini “rigogliosi”, pieni e polposi quelli di Giovanni Davaz, che dalla Badia a Passignano ha fatto parlare di se già due o tre lustri fa grazie ad alcune riuscitissime edizioni del Chianti Classico Riserva Casasilia e ai guizzi autoriali di un avvolgente Syrah. Più in palla che mai, la produzione continua a coniugare ricchezza estrattiva, densità ed eleganza secondo un disegno stilistico “moderno” e rifinito. Da conoscere.

Riecine

Si respira aria di Chianti “vero”, aria di vigneron, al solo accostarsi a Riecine. Dall’indimenticato John Dunkley, fondatore dell’azienda e pioniere fra i più ispirati della riscoperta in termini qualitativi del Chianti Classico, all’estro di Sean ‘O Callaghan, attuale anima e patron, tutti i passaggi e i testimoni di questa storia hanno contribuito a rubricare gli stupendi rossi di Riecine fra i cavalli di razza del territorio. Grazie peraltro a vigneti estremamente vocati e ad una sensibilità interpretativa che non ha mai conosciuto tentennamenti. Imperdibile e bio (o bio-imperdibile)

Rocca di Castagnoli

Di cose ne sono cambiate a Rocca di Castagnoli. In meglio ovviamente. L’ingente ristrutturazione viticola, forte di appezzamenti storici gaiolesi di grande prestigio (Stielle, Poggio ‘a Frati), con la risistemazione infrastrutturale accorsa, hanno fatto guadagnare in fretta credibilità all’azienda dell’avvocato Calogero Calì, che oggi può contare su una serie di Chianti Classico sensuali ed evocativi, azzeccato trait d’union fra tecnica e territorio. Da ricordare infine che alla proprietà appartiene anche la Tenuta di Capraia (area Castellina in Chianti), dai cui bellissimi vigneti provengono cru reputati, affascinanti, seducenti e garbati.

Ruffino

Da oltre un secolo proprietà dei Folonari, Ruffino è uno dei marchi del vino toscano più conosciuti al mondo. Storia illustre la loro, lunga, fiera e istruttiva. Dalle diverse proprietà disseminate negli angoli più suggestivi della regione se ne escono vini tecnicamente inappuntabili, che stanno ritrovando un radicamento territoriale importante, come il glorioso Chianti Classico Riserva Ducale (Oro), il Lodola Nuova a Montepulciano, o ancora il Greppone Mazzi a Montalcino. Un mondo ampio quello di Ruffino, ma pieno di anfratti da scoprire.

San Felice

Azienda storica del Chianti Classico, con cuore e vigneti a Castelnuovo Berardenga, San Felice è andata estendendo i propri orizzonti produttivi prima a Montalcino (Campogiovanni) poi in Maremma (Perolla), conservando una apprezzabile identità stilistica e un salvifico radicamento territoriale. E se Vigorello, Chianti Classico Riserva Poggio Rosso e Brunello Campogiovanni restano a ragion di storia le etichette più conosciute ed apprezzate dai cultori, tutte da scoprire appaiono le declinazioni vinose a base di pugnitello, un vitigno recuperato dall’oblio su cui la proprietà sembra puntare molto.

San Giusto a Rentennano

Vigneti ottimamente vocati sono alla base della reputazione dei vini della famiglia Martini di Cigala, una reputazione conquistata negli anni grazie a certe straordinarie versioni di Percarlo, il sangiovese principe della casa, alla terragna consistenza chiantigiana di un merlot atipico come La Ricolma, alle evoluzioni in odor di territorio del Riserva Baroncole e alla granitica garanzia offerta dall’inossidabile Chianti Classico “base”. Figli di una enologia moderna e di una viticoltura biologica, son vini che prediligono adeguati tempi di affinamento per incanalare al meglio la loro scalpitante energia vitale e il loro nerbo sapido. L’attesa è ben riposta e sarà ben ripagata. Ah, dimenticavamo: nasce qui un Vin Santo coi fiocchi.

Solatione

Generosi, fragranti, tipici e calibratamente maschi, i Chianti Classico della famiglia Giachi ci raccontano un versante affascinante quanto poco esplorato quale quello di Mercatale Val di Pesa. Il rigore espressivo, la solidità senza fronzoli, la concretezza gustativa di questi vini pescano a piene mani dal territorio d’origine, e in quella loro veste fieramente “sangiovesa” concretizzano una bella compagnia.

Tenuta degli Dei

Se il progetto vitivinicolo di Tommaso Cavalli (sì, il figlio del celebre stilista di moda fiorentino) non ha inteso per adesso sposare la causa della docg Chianti Classico, optando per fantasiosi uvaggi di ispirazione internazionale, dobbiamo ammettere che i Supertuscan prodotti nei possedimenti di famiglia, di cui uno alle porte di Firenze e l’altro a Panzano, hanno poco di omologato nel loro dna: l’estrazione accorta, l’alcol soft, il disegno e l’articolazione aprono a traiettorie stilistiche tutto men che scontate, prediligendo il punto di vista della finezza. Da seguire con attenzione.

Tolaini

Pierluigi Tolaini -origini garfagnine ma lunghissima esperienza lavorativa in Canada- non ha lasciato niente al caso quando una decina di anni orsono, una volta ritornato in patria, ha rimodellato un colle fra Pianella e Castelnuovo Berardenga per piantarvi varietà internazionali, si è dotato di una modernissima cantina, ha chiamato in soccorso enologi stracelebrati e dispiegato così la sua vibrante energia imprenditoriale. I vini (Valdisanti, Picconero, Al Passo) si muovono sicuri negli alvei di uno stile internazionale, giocando su polpa di frutto, densità e morbidezza. Alla schiera si è recentemente unito un Chianti Classico Riserva che intende dare voce al sangiovese dei luoghi, interpretandolo con calibrata modernità. Percorso in crescita, tutto da seguire.

Vecchie Terre di Montefili

Dall’alto dei suoi 500 metri, Montefìli può contare su altimetrie importanti, suoli galestrosi, esposizioni propizie e salvifiche escursioni termiche, ovvero su una condizione microclimatica a suo modo “estrema” che più di altre riesce a connotare i vini a base sangiovese su un registro sapido/minerale ben riconoscibile. Nella cantina della famiglia Acuti, sorvegliati dalla premura di Tommaso Paglione, nascono Chianti Classico reattivi e stilizzati, di dichiarata desinenza minerale e pervasiva freschezza acida. Da non dimenticare i due significativi esponenti della genìa Supertuscan, Anfiteatro (sangiovese) e Bruno di Rocca (sangiovese e cabernet sauvignon), elaborati secondo tecniche calibratamente moderne ma che nulla hanno a che spartire con le banalizzanti derive espressive nelle quali questa tipologia è spesso  incappata nel corso della sua storia.

Vignamaggio

Da una delle cantine più “in vista” dell’area grevigiana, da oltre vent’anni di proprietà dell’avvocato Gianni Nunziante, ecco qua vini tecnicamente irreprensibili e degnamente prodighi di vibrazioni territoriali. Ciò che si estrinseca con apprezzabile continuità già a partire dalla linea “base” (Chianti Classico Terre di Prenzano e il simpatico Morino). Sul fronte dei cru, sempre polposo ma mai fuori dalle righe, con un potenziale di eleganza in grado di raggiungere traguardi significativi, è il Chianti Classico Riserva Monna Lisa. Per chiudere in fantasia, diciamo che sensualità, fascino ed eleganza sono doti fondanti per Vignamaggio, inteso come vino. Uno dei più fini rappresentanti della categoria Supertuscan, le cui uve cabernet franc provengono da un vigneto vecchio più di 40 anni.

Villa del Cigliano

Una delle sorprese più interessanti del Chianti Classico. Non che la storia non fosse passata da qui, dalla bellissima Villa del Cigliano, nei pressi di San Casciano Val di Pesa, ma quantomeno dal punto di vista vitivinicolo era stata affidata agli estri   della casa madre Antinori, fino a quando, a partir dal 1999, la famiglia Maccaferri Montecchi non ha deciso di correre con le proprie gambe (e con le proprie etichette). Chianti Classico senza orpelli, sinceri, di grande bevibilità e tipicità tirano le fila ad una produzione in forte crescita di definizione, che a una schiettezza gustativa dal piglio fin quasi “artigiano” associa una genuina propensione verso le sfumature. Occhio!.

 

FERNANDO PARDINI

5 COMMENTS

  1. questi sono i commenti che mi piacciono e che indirizzano veramente al sodo… Poi ognuno valuterà a modo suo… Grande Fernando!! Si sente la vera passione enoica… A presto
    Enzo!

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