Chateau Pech-Latt, il fascino tormentato e romantico del Languedoc-Roussillon

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di Alessandra Rachini

Apprezzo molto lo spirito e l’atmosfera raccolta di Millésime Bio, che si tiene a Montpellier. Rispetto ad altre manifestazioni, dove il fiume di gente ti trasporta imponendoti un’inerzia faticosa e inesorabile, si respira un’aria meno caotica ed il ritmo è più lento. Dietro ai banchi di degustazione, nella maggior parte dei casi, non trovi “venditori” ma vignaioli, che poi sono anche quelli che lavorano la terra con le loro mani. Una terra vissuta, dove le mani si sporcano, diventano ruvide e nodose come il fusto della vite, segnate dal vento e dalla fatica.

Mentre assaggi ti scrutano diffidenti, pronti a cogliere ogni tua impercettibile espressione . Quando si accorgono che ti hanno conquistato, gli sguardi si illuminano di orgoglio, come fosse la loro progenie quella che stai implicitamente apprezzando. A loro non importa chi sei, ma quanto sei realmente interessato al loro lavoro, al loro impegno; si sdegnano se è il prezzo ad essere l’unica discriminante, oppure se arrivano curiosi che vogliono assaggiare “il vino che ha vinto un premio”. E so che ci dovrei essere abituata, ma ogni volta mi colpisce l’entusiasmo e la passione che emerge prepotentemente, anche dai caratteri più schivi e musoni.

Quest’anno durante l’evento ho degustato molte cose interessanti e conosciuto  produttori ed enologi che poi sono andata a trovare a casa loro, “in vigna”. Una delle aziende che ho visitato è stata Chateau Pech-Latt, alle porte della città di Lagrasse nella regione del Languedoc-Roussillon, e che produce vini bianchi, rosé, rossi e dolci a base grenache noir, ovviamente tutto Bio. Occupa una superficie di 140 ettari di vigneti classificati AOC Corbieres e  non ha “vicini di casa”; questo consente di evitare contaminazioni alle colture biologiche, causate da eventuali trattamenti antiparassitari provenienti dai terreni confinanti. Siamo a quaranta chilometri dal mare, nella seconda regione più soleggiata della Francia. Il suolo è molto povero, calcareo, di origine marnica, e piove poco; l’orografia determina un microclima particolare e favorevole alla coltivazione della vite. Il panorama è bellissimo, fitto di boschi, brughiere, prati e fiumi, che compongono una variegata e variopinta cartolina; i vigneti sono divisi in ordinate particelle che da certe prospettive formano quadrati di diversi colori, interrotti da una fitta macchia con cipressi, lecci, sugheri e corbezzoli. Sono incorniciati da montagne a nord, e a sud da un anfiteatro di morbide colline.

Mentre stiamo piacevolmente passeggiando tra le vigne e un vento forte continua a spettinarci senza tregua, l’enologo dell’azienda Philippe Mathias spiega: “Questa è una zona molto ventosa, sia in inverno che in estate. Il vento che viene da ovest, secco e freddo, la fa da padrone ed incontra quello che viene dal mare, molto umido, che porta anche la muffa nobile, la Botritis”. Poi continua: “In inverno la temperatura va da zero a venti gradi, mentre in estate fa molto caldo e si arriva a 30-35 gradi.”

Philippe è bruno, con occhi scuri, il viso leggermente segnato dall’esperienza e dalla vita all’aria aperta, ed ha un fare composto, si direbbe riservato. Ci racconta che in un tempo lontano qui ci furono un insediamento romano e poi uno visigoto, perché una sorgente rendeva questo luogo molto favorevole anche per l’allevamento del bestiame. Fino al 1919 non c’erano strade, perciò era molto isolato, fino a che nella seconda metà del ‘900 non venne costruita la ferrovia dando così la possibilità di intraprendere progetti commerciali di più ampio respiro e di produrre vino. A Pech-Latt si cominciò ad imbottigliare nel 1970 e dopo vent’anni l’azienda era già divenuta completamente biologica, certificata nel 1996.

Ancora Philippe: “All’inizio, nel 1987, ero molto “inquadrato” e facevo le analisi chimiche di tutte le vigne, per scoprire il momento perfetto per la vendemmia. Nel tempo ho capito che talvolta il proprio palato e la capacità di osservare le piante sono più attendibili, soprattutto se si vive fra i filari.” Faccio un rapido calcolo e penso che sono 25 anni che lui è qui, spettinato da questo vento, in questo luogo aspro, così intenso e pieno di emozioni, carico di un fascino tormentato e romantico. Stare qui, camminare su questa terra sassosa, tra i fusti contorti delle viti, trasmette un senso di isolamento e vulnerabilità nei confronti di una natura libera ed impetuosa. Penso poi che le piante in questi luoghi possiedono un apparato radicale molto sviluppato, che consente loro di trovare nutrimento nel cuore profondo della terra, e chissà se anche l’uomo qui sviluppa la capacità di cogliere ciò che c’è di più profondo nell’essenza della vita.

Philippe ci porta in cantina, dove ci fa assaggiare dei campioni di botte: si comincia con un Grenache, uva che matura tardi e ha bisogno di un clima caldo e secco; i profumi molto intensi ed i tannini morbidi e soffici; proseguiamo con un Syrah che presenta una trama tannica più verde e scalpitante, poi un Marselan, da un incrocio di cabernet sauvignon e grenache creato per la prima volta nel 1961 vicino alla città di Marseillan, di grande carattere, potente, in cui la ricchezza di antociani conferisce al bicchiere un colore cupo.

A Pech-Latt la raccolta delle uve si effettua manualmente e di solito dura tre o quattro settimane. Nei bianchi, la cui produzione è limitata, si utilizzano uve marsanne, vermentino e moscato; sono vinificati in legno con una pressatura soffice, a temperatura costante e con una fermentazione controllata. Nei rossi (si coltivano prevalentemente syrah, mourvedre, grenache e carignan), si utilizzano solo uve arrivate a completa maturazione. “Ci vuole pazienza e grande conoscenza del ciclo vitale della pianta in quelle specifiche condizioni” spiega Philippe- “è questo che dona una grande ricchezza gustativa e perfetto equilibrio.

Ho degustato dei rossi di grande struttura, rotondità ed equilibrio, finezza aromatica, complessità e grande eleganza. Ho trovato lo Chateau Pech-Latt Corbière 2009 (carignan, grenache, syrah e mourvèdre) estremamente godibile con i suoi aromi intensi di mirtillo rosso e mora, che acquisisce complessità grazie a toni lievemente speziati di pepe bianco e che possiede una bella persistenza accompagnata da una trama tannica elegante e setosa. Poi uno Chateau Pech-Latt Vieille Vigne 2006 notevole, ed il  Tamanova, il cui nome è un omaggio all’omonimo romanzo di André Alix, scrittrice di romanzi rosa e precedente proprietaria della tenuta, una “riserva” che matura in legno. Tutta la produzione è accomunata da uno stesso stile: garbato, fine e al contempo complesso, con vini che hanno due chiavi di lettura, presentandosi estremamente piacevoli e bevibili, ma al contempo conservando grandi ricchezze da scoprire sorso dopo sorso.

Giunti ai saluti Philippe mi dice che vende quasi la totalità della sua produzione all’estero. Perché? ”Il mercato francese è terribilmente influenzato dalla moda del momento. Adesso si ricercano le minuscole produzioni Bio, persino l’etichetta può essere un elemento frenante per il compratore che non vuole niente che neanche vagamente gli ricordi i grandi Chateau bordolesi, ma ricerca al contrario qualcosa che rimandi al concetto di artigianale, di nicchia, solo per pochi, molto piccolo; magari si tollerano dei difetti, che vengono spesso considerati prova di autenticità”. E’ un’ingiustizia, penso, ma ma lo tengo per me visto che non amo soffermarmi sulle cose negative e così mi esce uno scontato “Nessuno è profeta in patria”, concetto che impiego circa tre quarti d’ora per tradurre in francese.

Dopo aver passato una splendida mattina a degustare, aver zompettato giuliva tra filari e salite, con il vento sferzante che ha reso la mia chioma simile ad un cespuglio di more selvatiche, penso che queste sono le cose vere, tangibili, sane. Qui mi sento molto distante dalle mode e dalle parole di convenienza e più vicina ed in sintonia con chi ha perso quelle sovrastrutture limitanti, e scopre ed apprezza i ritmi lenti e l’antico e rispettoso contatto con la natura ed il suo sentire.

L’immagine dei vigneti è tratta da organicwinejournal.com

L'AcquaBuona

1 COMMENT

  1. semplice,leggera ma precisa puntuale nel cogliere le piccole pause che racchiudono l’intensità dei segnali che la natura trasmette,ahime’non rilevabili dalla maggior parte delle persone che per voglia o per i ritmi imposti dalla routine quotidiana non riescono ad apprezzare.
    Complimenti

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