Liguria Wine focus/2: Pigato 2011 (e non solo)

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E se dicessi che i Pigato 2011 mi sono piaciuti più di un po’? E se dicessi che in barba al millesimo apparentemente difficile sono riusciti a concretizzare prestazioni di rara coerenza e compattezza qualitativa? Esagero? Stando ai bicchieri, tanti, sempre di più mi convinco che l’annata sia stata una di quelle giuste, calda e asciutta: intanto, finalmente, ecco delinearsi silhouette aromatiche più ariose ed aperte del solito, capaci di dettaglio e di sfumature, capaci cioè di rivelare appieno la sottile fragranza fruttata e il corredo mineral-floreale che rappresentano la cifra più intima e seducente di questi bianchi garbati e mai espliciti.

In piena coerenza, ecco sviluppi tesi, senza fronzoli, profilati, affusolati, ravvivati da sapidità e freschezza agrumata, di efficace equilibrio alcolico (non so, forse i vignaioli si saranno passati la parola, ma è raro incontrare Pigato 2011 con più di 13 gradi in corpo!), in grado di instradare beve agili ed appaganti, senza scadere quasi mai in appesantimenti, melliflue rotondità od esasperati “mutismi”.

Sì, in questi Pigato 2011 (ma non mancherò di segnalare qualche interessante versione 2010, uscita sul mercato quest’anno) c’è qualcosa che attizza e conforta: l’idea che il “pighé”, autoctono ligure per eccellenza, abbia piazzato un colpo a effetto. Contrariamente ai Vermentino pari annata (leggi qua), dove bisogna saper cercare per immedesimarsi, qui la qualità appare più diffusa e generalizzata, a tutti i livelli di complessità. C’è garbo e savoir faire, ed  “appigli” territoriali netti da far cambiare idea anche ai detrattori più incalliti. Un vino-vitigno tutto da scoprire e che va conosciuto, questo è. Più di quanto non lo sia di già. Ebbene, il temibile millesimo 2011 ne ha rivelato il lato più intrigante, stimolando curiosità ed affetto. Meglio di così!

Nota ai margini: nell’excursus seguente, per semplicità e sinteticità ho omesso il nome della denominazione d’origine, che invariabilmente (e fieramente) recita in etichetta Riviera Ligure di Ponente.

L’imperiese

Qualità diffusa e sano imbarazzo per le scelte dell’appassionato, anche il più esigente: vini ben scanditi aromaticamente, fondati su registri eleganti nei profumi -intreccio virtuoso di florealità e mineralità-, tanto da ricordare per certi versi dei  Riesling. Aggiungiamoci poi profilatura, freschezza, assenza di lordure o, di contro, assenza di diluizioni, e il gioco è fatto: i migliori appezzamenti dell’imperiese non hanno passato la mano e si sono fatti garanti di una produzione interessante, simpatica e apprezzabile.

Tanto per cominciare, dalle vocatissime parcelle di Ranzo e Ortovero la proposta di Francesca Bruna (r)accoglie una serie di etichette ben riuscite e particolarmente ispirate in questa tornata di assaggi: alla spigliatezza del Pigato Majé 2011, l’ultimo nato della casa, brillante compendio di polpa e dinamismo, risponde una delle versioni più risolte degli ultimi anni dello storico Pigato Le Russeghine 2011, perfettamente calibrato nel “tono” aromatico, sinuoso e garbato nei modi, forse solo un pochino rugoso e rigido al gusto. E, a proposito di “storici”, il celebre Pigato U Baccan 2010, una delle etichette simbolo della Liguria, disegna una prestazione a tutto tondo dove ad emergere è la proverbiale flemma, l’austero portamento. Dal carattere sobrio e riservato, è supportato da una bella struttura e da un apprezzabile dinamismo, ciò che dovrebbe consentirgli una prospettiva temporale interessante.

Ancora in linea diretta da Ranzo, devo ammettere che nelle selezioni di Massimo Alessandri a colpire non è la complessità quanto la snellezza gustativa e la franchezza, doti queste che non mancano affatto al Pigato Costa de Vigne 2011, quasi quasi da preferire al Vigne V’ggie 2010, dagli aromi fumé e dalle sfumature d’orzo, modulato nei toni ma non propriamente dotato di una spinta superiore.

Dall’areale di Diano Arentino e Diano Castello, piuttosto incisiva la prova del Pigato 2011 di Maria Donata Bianchi, connotato su accenti mediterranei ai profumi (ginepro, muschio, rosmarino, agrumi) e su piacevoli risvolti sapido-minerali al gusto. Sempre da Diano (Marina), interessante la proposta “pigatesca” di Poggio dei Gorleri, anche se non appaia la brillantezza dei Vermentino pari annata: e mentre il Pigato Cycnus 2011 ha materia e grinta sapida da vendere ma sconta l’intransigente riluttanza della parte aromatica, l’ambizioso Pigato Albium 2010 assume un andamento gustativo morbido e rilassato, cremoso ed “educato”, anche se non proprio ficcante o propulsivo.

E ancora, il giovane Luca Dallorto, che già si sta proponendo come uno dei nuovi nomi di riferimento del Rossese di Dolceacqua, nonostante la recentissima storia di vignaiolo conferma per l’ennesima volta il suo talento di vinificatore, con un Pigato 2011 (proveniente dal vigneto Monte Curto di Camporosso) affascinante, ben accordato fra le parti, seducente e sfaccettato. E a proposito di “nuova”, così è anche la proposta del giovane Roberto Rondelli, che oltre agli ispirati Rossese firma oggi un Pigato 2011 sapido e simpatico, solo piuttosto incerto ai profumi. E nuova non può non dirsi la proposta de La Ginestraia, recentissima realtà imperiese che punta decisamente le sue carte sul Pigato, realizzando una serie di etichette tutte curate nella forma, alcune delle quali affinate in rovere, ma che trova proprio nel Pigato 2011 “acciaioso” il conseguimento più risolto in termini di focalizzazione stilistica e compiutezzza espressiva. Davvero buono, è un bianco arioso, sciolto, ben bevibile ed elegante.

E finalmente ritroviamo il ritmo e la definizione attesi anche nel Pigato La Torretta 2011 di Pino Sola, alias Colle dei Bardellini, che riannoda brillantemente il discorso con un passato già prodigo di conseguimenti autorali. Fontanacota invece, interprete di Vermentino ben più che affidabili, realizza un Pigato 2011 reattivo, leggermente vegetale al gusto, screziato da note di erbe di campo e idrocarburi. Una profilatura di “stampo” minerale, e tanto rigore, appartengono invece al Pigato 2011 di Lupi, un’etichetta a cui difficilmente fanno difetto nettezza e precisione esecutiva (nota: Lupi produce anche il celebre Petraie, pigato da vecchie vigne ubicate in Albenga, quindi in provincia di Savona).

E infine, mentre le ultime uscite dei Pigato di VisAmoris accendono i riflettori  sulla cantina di Roberto Tozzi e Rossana Zappa (un Pigato Verum 2011 sottile, infiltrante, sapido e soavemente floreale; un Pigato Domé 2011 sfumatissimo, timido ma raffinato; un Pigato Sogno 2010 terso, netto, piacevolissimo, dalla timbrica floreal-minerale) ecco che dalle alte vie della Val Nervia, segnatamente dai suoli “lunari” incastonati fra i calanchi delle Terre Bianche, Filippo Rondelli e Nicola Laconi firmano uno dei bianchi migliori dell’anno in Liguria: il Pigato 2011 di Terre Bianche è una accordatura felice di accenti e sottigliezze. E’ freschezza e dinamismo. E cura nei dettagli. E beva reiterata. Da non mancare.

Il savonese

Più sparuta, come sempre, la rappresentanza savonese, che vede però nobilitate le virtù del Finalese grazie alle azzeccate interpretazioni di Cascina delle Terre Rosse, in grado di coniugare espressività, profondità di trama e grammatica enologica in modo virtuoso e mai scontato. Se non fosse per l’ambiziosa politica dei prezzi, niente da eccepire su Apogeo 2011, la selezione di Pigato più importante della casa, in questa edizione dotata di pienezza e dinamismo, freschezza balsamica e sferzante coté agrumato. Meno lungo ma più sottile il Pigato 2011: un chiaroscuro di erbe e macchia, un morigerato tenore alcolico e un buon ritmo.

Fra le altre proposte, appare ancora contratto, quindi da attendere, il Pigato d’Albenga Ma René 2011 di BioVio: stimoli “cerealicoli” al naso, gusto innervato da una promettente ma compressa salinità. E la tattilità non è la miglior dote per il Pigato 2011 di Riccardo Sancio, le cui uve provengono dalle suggestive alture di Spotorno, anche se non manca di spinta e determinazione (ma i rossi della casa riservano una snellezza e una piacevolezza superiori). Infine, con i suoi modi accomodanti, “rilassati” e consolatori, il Pigato 2011 di Cascina Feipu dei Massaretti (azienda che “nel cor mi sta”, avrebbe detto il Veronelli) è un vino più largo che teso, con accenti malinconico/bucciosi nella dote di frutto.

Puntate precedenti: Liguria Wine focus – Vermentino 2011

FERNANDO PARDINI

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