Pizza, che piatto da chef! Le ultime tendenze dal congresso Identità Golose

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il logo di Identità GoloseMILANO – Dire che possa chiamarsi pizza solo quella sfornata all’ombra del Vesuvio, oppure che le sue caratteristiche debbano essere versioni standard di un copione già scritto… richiama alla mente una frase del Benigni in “Berlinguer ti voglio bene”: “Pòle la donna permettisi di pareggiare co’ l’omo?”.

In un momento di crisi, di fiato corto per la ristorazione, vince chi investe, chi studia, chi esce dall’immobilismo. E proprio dal basso arriva il messaggio. Dalle pizzerie, locali pop a prescindere, che oggi lavorano un prodotto da quattro elementi guida: qualità, territorialità, stagionalità, estro. Andando oltre ciò che è stato. Impastando le migliori farine da grani italiani (molti di loro impiegano quelle di Molino Quaglia, macinate a pietra), utilizzando pomodori veraci, mozzarelle degne di rispetto, stendendo una mano alla cucina e poi, e poi…

Franco PepeTorniamo da “Identità Golose”, il congresso milanese di cucina d’autore internazionale ideato dal giornalista Paolo Marchi, dove per la seconda stagione (su nove) si è parlato di “margherita” e delle sue sorelle. Persino da Napoli (roccaforte integralista), per bocca dei fratelli Salvatore e Francesco Salvo, si alza il monito: non chiudiamoci. “Ormai il concetto pizza si è talmente evoluto da diventare assurdo il rifiuto di un’apertura verso l’esterno – ha sottolineato Francesco Salvo, del locale di San Giorgio a Cremano che fa storia da tre generazioni – Napoli deve confrontarsi con le tante altre realtà di qualità, ormai sparse in tutto il Paese”. E aggiunge, spezzando una lancia a favore della tradizione: “senza però dimenticare da dove veniamo, le nostre radici”, non abdicando al credo che “innovazione è tradizione.” “La grande forza di questo prodotto è il fatto che cresce, cambia, si evolve – dice Franco Pepe di Pepe in Grani di Caiazzo – Ho trasferito i sapori trasmessi da mio nonno in saperi, puntando sul lavoro in team e sui migliori ingredienti del mio territorio”.

Salvatore Salvo mentre impastaA parlare della direzione che sta prendendo il piatto di pasta lievitata, farcito da una materia prima d’eccellenza, spesso un condimento preso in prestito all’alta ristorazione, sono stati i migliori d’Italia. Che ormai non concoscono connotazione geografica. Perché la pizza è buona dalla Sicilia al Veneto. Accanto ai fratelli Salvo hanno infatti snocciolato i loro segreti Simone Padoan dei Tigli di San Bonifacio (Vr) che per l’occasione ha duettato con il pasticcere siciliano Corrado Assenza; il campano Franco Pepe di Pepe in Grani di Caiazzo (Ce); il toscano Massimo Giovannini di Apogeo Giovannini di Pietrasanta (Lu) coinvolto da qualche mese in una sperimentazione a quattro mani con lo chef Andrea Mattei della Magnolia del Byron di Forte dei Marmi (Lu). E poi Lello Ravagnan del Grigoris di Mestre; Stefano Callegari (l’inventore del trapizzino) delle romane Sforno e Tonda; ancora un veneto: Renato Bosco di Pizzadarè e Saporè.

Stefano CallegariStefano Callegari di Sforno a Roma ha giocato con le ricette di tradizione romanesca e con la geometria. Nascono così la saporitissima cacio e pepe e il calzone in tre modi (amatriciana, gricia e carbonara), oltre agli ormai noti “trapizzini” (punto dì incontro fra pizza bianca e cucina locale).

Insomma: la nostra insegna all’Italia a pensare ad ampio respiro. Crescendo (ma mi raccomando che la spinta sia data dal lievito madre), dimostrando che a 4 euro e 50 puoi addentare una margherita con pomodori San Marzano dop, un eccellente fiordilatte, olio extravergine di oliva Zahir monocultivar Ravece. “Il costo dei prodotti di qualità è un falso problema – ha sottolineato Salvatore Salvo, di San Giorgio a Cremano – Noi siamo la dimostrazione che si può fare qualità anche su grande scala, mantenendo prezzi contenuti”. Ossia dalle 400 alle 1300 pizze al giorno ad alta idratazione con alle spalle oltre 10 ore di lievitazione, farine dal basso indice di forza per una maggiore digeribilità, cotture molto brevi in forno a legna ad altissima temperatura.

Massimo Giovannini e Andrea MatteiTempi ancora più lunghi per Apogeo Giovannini a Pietrasanta: 48 ore totali in tre differenti step che prevedono una partenza con farina molto ricca di germe di grano, un inno alla digeribilità dato dalla gelificazione degli amidi attraverso un processo di idrolisi a caldo. Come vuole la tendenza recente, anche la sua è una spianata abbastanza alta: croccante fuori, morbida dentro. “Perché va mangiata con le mani, e dovendo sostenere ingredienti pensati partendo da un piatto – ha spiegato lo chef Mattei che collabora con Giovannini nel progetto “La pizza si veste da sera” – necessita di un impasto capace di sorreggerlo. Si inizia dai fornelli per poi correggere in funzione dell’appoggio, badando all’armonia tra il sopra e il sotto”. “La collaborazione tra uno chef e un pizzaiolo non deve far pensare ad una distorsione, bensì ad un’offerta aggiuntiva alla classica – ha precisato Giovannini – Il fatto che stia riscuotendo successo, dimostra che anche un prodotto ritenuto di serie B può andare di pari passo con la grande cucina”.

Padoan, Barberini, AssenzaCome loro anche Simone Padoan: “La pizza nasce con gli ingredienti poveri a disposizione in dispensa, ma la cucina si evolve – ha spiegato – Ho cercato di creare un connubio tra due mondi, rispettando entrambi, in una visione moderna. Non è detto sia la strada giusta o l’unica strada, è quella che abbiamo iniziato a percorrere noi”. Sicuramente la più luminosa, in cui crede un numero crescente di professionisti. Tra i vari assaggi durante Identità Golose, Padoan ha proposto un connubio con i distillati di Bonaventura Maschio. In foto: con battuta di manzo Limousine, Prime Uve Oro, spinacine al profumo di Pratum, scaglie di cioccolato di Modica. E ancora: cappesante marinate con Prime Uve Selezione 25° Anniversario e miele, raperonzoli, mela verde e maionese del loro corallo.

Galleria Fotografica

Irene Arquint

4 COMMENTS

  1. Grazie tante è stata una bellissima esperienza,incontrare tanti professionisti fa soltanto bene,confrontarsi,rispettando le idee ed il lavoro di ognuno di loro.

  2. Grazie Irene per questo vivace ed esaustivo resoconto di Identità. Pizza che mi sono persa, si sente che il tema ti appassiona! Bene che i partenopei scendano dal loro piedestallo,largo alla fantasia e si alle materie prime di qualità! A proposito di Giovannini e Mattei avevo già letto di questa collaborazione ma leggere non basta, urge assaggiare, Apogeo arrivooooo 🙂 evviva la pizza!
    Ciao, Cristina

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