Tenute Sella, Lessona. La grandezza del terroir

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villa Sella Lessona1Il Monte Rosa si staglia innevato, come sfondo onnipresente di tutto quello che si svolge qui, ai suoi piedi. La sede di questo pilastro dell’enologia italiana resta un po’ fuori dall’abitato di Lessona, piccolo centro del nord Piemonte in provincia di Biella. Ad un occhio poco attento potrebbe sembrare un’azienda come tante, se non fosse che da qua è passata la storia del vino italiano, non dell’ultimo secolo, ma degli ultimi 5-6 secoli.

«Benvenuti a Lessona, grazie di essere qui. Benvenuti alle Tenute Sella». Cristiano Garella, amministratore e enolgo delle Tenute Sella ci accoglie con un triplice benvenuto pieno di cortesia e di attenzione. Giusto il tempo di una stretta di mano e già ci fa salire in macchina: ci porterà a vedere le vigne della tenuta, per capire la terra che c’è sotto ai vini che l’azienda produce.
«L’azienda è molto antica, come vedete nel logo riportiamo la data 1671, anno in cui la famiglia Sella acquisì le prime vigne. Ma il vino qui è attestato già da secoli prima. Non molti lo sanno, ma qui un tempo era tutto coperto di vigne. A fine ‘800 c’erano 50.000 ettari vitati… Ogni colle era rivestito di vigne…».

È incredibile. Se oggi pensi al nord Piemonte, ti viene in mente una cenerentola, una piccola costellazione di nomi poco noti, difficili da individuare sulla carta geografica (Ghemme, Gattinara, Boca, Bramaterra, Lessona, Carema…) in cui si fa il “nebbiolo di montagna, quello meno potente del Barolo”… e non si sa molto di più. Eppure qui, un secolo fa, ai piedi del Monte Rosa c’erano più ettari vitati di quanti ce ne siano oggi in tutto il Piemonte.
«Pensate: nel 1864 due vini di Lessona erano esportati e venduti a New York», ci racconta Cristiano. E intanto ferma la macchina ai piedi di cipressi secolari.
«Poi il crollo. Non si è mai visto nella storia dell’enologia un collasso così enorme di un intero comparto. In pochi decenni è sparito tutto, quasi nessuno ha più coltivato la vite, i boschi hanno ripreso il posto delle vigne». Viene da chiedersi il perché di una storia così traumatica.
«Da metà Ottocento le fabbriche di Biella hanno cominciato a attrarre mano d’opera; questa è diventata la terra più ricca d’Italia, con le manifatture tessili che crescevano inarrestabili richiamando operai e distribuendo benessere… Poi nel 1905 ci fu una tempesta tremenda, che devastò i vigneti… e per finire arrivò la fillossera, che paradossalmente fece meno danni dell’industria. Sì, la vera causa del crollo della  viticoltura qua è stata la crescita del tessile nel comprensorio biellese».
nebbiolo «Fare vino qui non è facile. È un terreno dalle qualità eccezionali, ma è difficile. È uno dei terreni più acidi al mondo, e questo limita tantissimo la vegetazione. Se poi consideri che praticamente tutti gli anni arriva la grandine a fare danni… Viene facile capire il perché, con una alternativa tanto allettante, i contadini abbiano abbandonato la terra. Dopo questo crollo di inizio Novecento, per 40 anni la tenuta Sella è stata l’unica realtà commerciale in Lessona a produrre e imbottigliare vino».

Il racconto drammatico dell’ultimo secolo del nord Piemonte si stempera al nostro ingresso nella bellissima vigna di San Sebastiano allo Zoppo, il cru più antico delle Tenute. Questa è la famosa vigna di 2,25 ettari acquistata dalla famiglia sella nel 1671, ma ci sono documenti d’archivio che testimoniano che già dal 1436 questa vigna vigna era vitata a nebbiolo. Un caso veramente unico di continuità storica documentata.
Camminando fra i filari, costellati di ceppi molto vecchi di nebbiolo (la media è tra i 70 e 80 anni, con alcuni rinfoltimenti), si nota subito una caratteristica interessante: il suolo. È quasi sabbioso, a prenderlo in mano risulta sciolto e leggero, dai riflessi aranciati. Si tratta infatti di sabbie plioceniche antichissime, lasciate qua quando il mare copriva la pianura padana e queste erano le spiagge, i primi affioramenti dell’arco alpino. Geologicamente si tratta di un unicum, preservato nei millenni dall’erosione eolica  dei venti del nord grazie alla mole del retrostante monte Rosa, e al tempo stesso dall’erosione morenica dei grandi ghiacciai alpini, che scendendo giù dal Rosa passavano poco più a est e poco più a ovest (rispettivamente dalla Valsesia e dalla Valle d’Aosta), e che raschiavano via tutto quello che trovavano sul loro cammino, lasciando terreni di diverse composizioni.

Terreno sabbioso Lessona«Questo suolo marino – spiega Cristiano Garella – è davvero una rarità. Ha un’acidità elevatissima e una grandissima presenza di minerali, tra cui il potassio, il ferro e il manganese; terreni di questo tipo ce ne sono solo in alcune vigne dell’Alsazia e nella Santa Rita Valley, in California. Tanto per dare un riferimento, il PH medio di questi terreni è 4,4, mentre a Barolo è 7,8. Completamente diversi. Per forza il nebbiolo di qua è differente da quello di Langa».
Tra l’altro, il PH acido limita moltissimo la vegetazione, sia delle infestanti sia dei ceppi di vite; se si aggiunge che la sabbia (che qua raggiunge lo spessore di 40 metri) drena moltissimo e che quindi le radici sono costrette a scendere in profondità per cercare un po’ di umidità, la resa per ettaro è bassissima.
«A Lessona si arriva a raccogliere 40 quintali per ettaro, senza diradare. È una zona dove la viticoltura è difficile, non c’è dubbio. Se si aggiunge che nelle ultime 12 annate, ha grandinato in 11…»
A livello di temperatura, il microclima è mite; attorno all’antica villa dei Sella, che domina il vigneto, si vedono palme, pini, ulivi, piantati già a fine ‘800, e che testimoniano un clima temperato anche in epoche passate. La posizione intermedia tra le montagne e la pianura crea una costante ventilazione e un ampio delta termico tra il giorno e la notte.
Dal punto di vista ampelografico, Cristiano racconta che purtroppo si è perso molto del patrimonio genetico iniziale; le barbatelle di nebbiolo presenti in azienda, anche le più vecchie, sono di varietà “lampia” e “michet”, di derivazione langarola. Sono rimasti però in Lessona alcune piccole vigne allevate “a maggiorina” (tre/quattro ceppi piantati insieme, e disposti a croce, a pergola bassa,) dove permangono vecchissime varietà sia di nebbiolo sia di altri vitigni quasi estinti, e li si sta studiando per valutarne il potenziale enologico.

Terreno a matrice acida Masserano, nord PiemonteSaliamo di nuovo in macchina, e mentre ci inoltriamo in strette stradine, tra case e boschi, Cristiano ci mostra un vecchio appezzamento vitato, in Masserano, poco più a est di Lessona: qui si capisce ancora meglio la natura di questi suoli; in pratica il terreno è spoglio, senza vegetazione, e affiora il sabbione dai colori caldi e ferrosi. A guardare il Monte Rosa si ha una sensazione di estraniamento: sembra una spiaggia in montagna, un tropico con la neve a pochi chilometri.

Di nuovo in macchina, in questo giro dei terroir, stavolta verso Bramaterra; ma intanto si parla anche di mercato del vino.
«Il Lessona, come tutto l’Alto Piemonte, ha un mercato davvero difficile: è sempre costretto a fare i conti con i “cugini” delle Langhe, Barolo e Barbaresco, che hanno una forza mediatica senza confronti in questo periodo. In Italia non riesci a far capire che esiste una altro modo, un altro stile per il nebbiolo, più fine, più sfaccettato, meno giocato sulla potenza e più sui chiaroscuri e sulla mineralità».

Gli chiediamo quali siano i principali mercati.
«Il 37 per cento delle vendite va negli USA. Là c’è un mercato consapevole, che sa apprezzare le  caratteristiche di questi vini. Ho conosciuto importatori dotati di grandissima cultura enologica… e ristoratori altrettanto attenti. Lo stereotipo della clientela americana che cerca solo la potenza e il frutto nei vini è assolutamente riduttivo. Basti questo dato: noi vendiamo a San Francisco 20 volte tanto quanto vendiamo a Milano. Negli Stati Uniti ho trovato carte dei vini magnifiche per ampiezza e profondità. Qua in Italia spesso ci si trova davanti carte che si assomigliano tutte».
E intanto, curva dopo curva abbiamo lasciato anche il comune di Masserano, per entrare, andando verso est, in quello di Bramaterra, dove le Tenute Sella posseggono 2 appezzamenti.

vigne Sella a Mesola, BramaterraRispetto a Lessona, il terreno di Bramaterra è meno sabbioso, si trovano rocce affioranti, e le vigne sono ricavate proprio dai disfacimenti delle rocce di porfido, mescolate a vene ferrose e calcaree.
Lasciando la strada asfaltata, saliamo per una strada bianca tutta curve, in mezzo a boschi cresciuti di recente: guardando in mezzo alla vegetazione fitta, si nota che il terreno è tutto terrazzato: quei boschi cento anni fa erano vigne. Con uno sforzo di immaginazione, si può tornare ad allora: qui era tutto come oggi è in langa: ogni più piccolo colle era coperto di vigne.
Salendo ancora si lascia il bosco e appare una conca vitata: è l’area della Mesola, dove Sella nel 2010 ha acquistato un appezzamento posto al vertice della collina. Si alternano vigne vecchie “a maggiorina” e nuovi impianti, ed anche qui i colori della terra la fanno da padrone. Macchie rosse di filoni ferrosi si fanno spazio in mezzo ai toni caldi e ai minerali del porfido quarzifero, e qua e là appaiono venature grigiochiaro di calcare; un coacervo geologico antichissimo, che non può non influenzare i vigneti. Anche qua il nebbiolo la fa da padrone, e viene affiancato da alcune parcelle a vespolina.
«Purtroppo non abbiamo la quantità sufficiente a produrre la vespolina in purezza, ma io la consiglio a tutti quelli che iniziano a produrre qui. In questi terreni esprime delle caratteristiche meravigliose».

Il tempo di un paio di foto, per toccare questo terreno così particolare, e siamo di nuovo in macchina, verso l’altra tenuta di Sella in Bramaterra, nel comune di Villa del Bosco, acquisita nel 1886.  È la parte più ampia delle Tenute Sella, 18 ettari vitati in una conca spettacolare esposta a sud, con altitudini che partono da 250 e arrivano a 450 metri. È la vigna più a est del comprensorio del Bramaterra, subito dopo inizia quello del Gattinara. Il suolo è composto da porfidi disgregati, ricchi di ferro e potassio; anche qui la vegetazione spontaea è ridotta, non è un ambiente facile nemmeno per le erbe infestanti.

Cru I Porfidi, tenute SellaAl culmine della tenuta, si nota una parcella molto particolare, composta da vecchi ceppi. «Quello è il nostro cru, l’abbiamo chiamato “I porfidi” perché vi si trovano filoni affioranti di porfido rosa, è la parte più alta e più pregiata, vitata a nebbiolo. Stiamo rinnovando gli impianti, sostituendo pali e fili, ma senza toccare le vecchie viti, che hanno circa 70 anni e sono preziosissime per la loro produzione».
C’è da giurare che i vini di questa parcella siano particolari; già guardando il terreno, aspro, scheggiato, difficile, si intuisce che il nebbiolo qui possa dare prove di valore assoluto.

Chiediamo come facciano con le potature e le lavorazioni. «Puntiamo molto ad avere manodopera stabile. Alle Tenute siamo in 9, a tempo pieno; anche perché, con i vecchi ceppi di nebbiolo e croatina hai bisogno di personale molto esperto per le lavorazioni, non puoi fare un lavoro meccanico perché ogni pianta è un caso a parte. Distribuiamo letame organico che prendiamo da un allevamento biologico, e cerchiamo di intervenire il meno possibile, stando attenti soprattutto alla vespolina, che è delicatissima e soffre squilibri dovuti al meteo e alla carenza di sostanze. E poi, c’è la quotidiana battaglia con i cinghiali e i daini, che in vigna fanno danni rilevanti».
È il momento di riscendere in basso, verso la sede, per assaggiare i vini.

Cristiano Garella«Ci tenevo di farvi vedere i nostri terreni, prima di farvi assaggiare i vini», ci dice Cristiano, con una punta di orgoglio per queste vigne che stiamo attraversando. «Per fare un grande vino territoriale non ci vuole solo la tecnica. Ci vuole anche la conoscenza del tempo, l’esperienza del passato. In Lessona ci sono bottiglie dell’Ottocento, qua la storia e la tradizione ci sono. E ci sono anche vari registri di cantina, con caratteristiche delle annate, operazioni in vigna, date di vendemmia… Un patrimonio importantissimo, purtroppo non completo; sarebbe stato fondamentale per noi avere i registri di tutte le annate; è una storia che va a ricostruirsi». «Quando si parla di storia del vino, in Italia pensiamo a Cavour a Barolo, e a Ferruccio Biondi Santi a Montalcino; ma all’epoca in cui nascevano quei grandi vini, qua si era già avanti di secoli. Basti pensare che fu proprio con il Lessona che Quintino Sella brindò nel 1861 all’Unità d’Italia».

Viene il momento di accomiatarci da Cristiano Garella, amministratore ed enologo di questa splendida realtà vinicola dell’alto Piemonte, orgoglioso di essere nato in queste terre dal prestigio antico. Giusto adesso mi fermo un secondo a considerare la sua età, e glie la chiedo. Ventinove anni. Complimenti. E in bocca al lupo a tutta la denominazione, che sappia farsi  apprezzare per quanto i suoi vini e la sua storia valgono.

I VINI

Coste della Sesia bianco Doranda 2011 (13%)
Da uve Erbaluce in purezza, è giallo paglierino intenso e brillante, floreale all’olfatto, in bocca è ampio, sapido, bevibile e appagante, di discreta lunghezza. È un vino affinato in acciaio, sereno, senza sofismi.

Rosato MajoliCoste della Sesia rosato Majoli 2011 (13,5%)
100% nebbiolo ottenuto al 90% da macerazione breve e 10% da salasso dei cru. Vendemmiato nell’ultima settimana di settembre, affinato in acciaio senza fermentazione malolattica.
Color buccia di cipolla brillante, ha un naso fruttatissimo di melograno. In bocca è sapido e croccante, di buona lunghezza.

Lessona 2007 (13%)
80% nebbiolo, 20% vespolina, da vigne di età media 55 anni allevate a guyot. Fermentato in acciaio per più di 20 giorni, affinato 24 mesi in botti da 25 hl.
Rubino limpido e senza cedimenti, splendido naso fruttatissimo, un naso “parlante”, bilanciato tra la morbidezza calda e la freschezza di note di viola, richiama sensazioni ematiche e calde; in bocca è compatto e di buon corpo. Un vino di pienezza.

Lessona Omaggio a Quintino Sella 2006 (12,5%)
85% nebbiolo, 15% vespolina, vendemmiato l’8 ottobre, fermentato in acciaio e affinato per 4 anni in botti da 25 ettolitri.
Rubino caldo e trasparente, dai riflessi mattone. Naso accattivante, bilanciato tra note fruttate e floreali, ricorda la frutta fresca e la viola, con lievissime note ematiche e ferrose. In bocca è più discreto, giovane, dal tannino presente. Sinuoso e di grande persistenza in bocca, è un vino soplendido da abbinare alle carni.

San Sebastiano allo ZoppoLessona Omaggio a Quintino Sella 2005 (12,5%)
Rubino nobile, unghia senza cedimenti, naso sanguigno, minerale, con qualche lieve nota vegetale; ampio e floreale; in bocca ha il respiro della classicità, da nebbiolo del nord, con tannino finissimo e note sanguigne che riemergono al retronasale; paradossalmente è un vino ancora giovane, ha davanti a sé uno splendido futuro. Migliora ulteriormente a un giorno dell’apertura.

Lessona San Sebastiano allo Zoppo 2006 (13%)
È il cru storico delle Tenute Sella, la vigna acquisita nel 1671; un’unica collina sabbiosa piantata a nebbiolo in prevalenza (85%), con un saldo di vespolina. L’età media delle viti è di 75 anni. Vendemmiato il 2 ottobre e fermentato per 25 giorni in acciaio, poi affinato 24 mesi in botti da 25 hl e un anno in tonneaux. Il colore appare più intenso rispetto ai fratelli, sfoggia un naso esplicito, che più marino non si può, sa di sale, di erbe salate, è caldo e raffinatissimo. In bocca si presenta subito come un fuoriclasse, con lunghezza entusiasmante e corpo perfetto, e uno sviluppo inarrestabile, non giocato sulla potenza ma sulla espressività. Lascia di stucco per il suo linguaggio perfetto, è un ponte verso la Borogogna. Ottima tenuta all’ossigeno, nei giorni successivi si evolve raffinandosi ulteriormente.

Lessona, Tenute SellaBramaterra I Porfidi 2007 (13%)
70% nebbiolo, 20% croatina, 10% vespolina; età media delle viti 79 anni. Fermentato per 24 giorni a contatto con le bucce in contenitori di acciaio, affina per 24 mesi in botti da 25 hl e un anno in barriques.
Rubino brillante e trasparente, sfoggia da subito un naso ematico, più terroso e cupo rispetto agli altri vini aziendali,  con innesti di erbe aromatiche e richiami caldi. È un naso nobile e ricco, dove le note calde del legno si avvertono di più rispetto agli altri rossi aziendali, pur rimanendo ben integrato all’insieme. In bocca emerge subito la grandissima sapidità, che mantiene viva e vibrante la beva; tannini giovani ma già fini, molto lungo. Un vino roccioso, minerale, di gran classe.

A margine, assaggiamo anche un nuovo vino dell’azienda:
Renano 2011 (14%)
Da uve riesling renano coltivate in Bramaterra, si presenta con un colore dorato brillante. Il naso è aromatico e caldo, con qualche nota di surmaturazione e richiami pietrosi. A dispetto della morbidezza olfattiva, in bocca colpisce per la sua vena secca, sapida, in cui l’aromaticità si ripresenta sullo sfondo nelle sensazioni retrolfattive. Un vino ancora in divenire, forse da mettere ancora a punto, ma una strada interessante da portare avanti.

Fotografie di Anteo d’Angiò e Paolo Rossi

TENUTE SELLA
Via IV Novembre, 128
13853 Lessona (Biella)
Telefono: +39.015.99455
Fax: +39.015.99455
www.tenutesella.it
info@tenutesella.it

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

3 COMMENTS

  1. Vini emozionanti e con un carattere unico. Il Nord Piemonte è una fucina di meraviglie enologiche e meriterebbe di essere più conosciuto dagli appassionati (ma forse, egoisticamente, è meglio che resti un’area di nicchia, lontana dai clamori e dai rischi che la notorietà si porterebbe inevitabilmente dietro). Complimenti per l’articolo.

  2. Per me biellese, che si trova da qualche anno in Toscana per lavoro, è un piacere conoscere la storia dei vini della mia zona con un cui ho un legame fortissimo.! Complimenti a Cristiano Garella.

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