Gelato al mosto d’uva, ricerche e gustosi risultati

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DSCN2812PISA – Il gelato sta vivendo un momento felice, è molto amato dagli italiani e dai turisti che vengono nel nostro paese, e all’estero ha un grande successo nonostante spesso i suoi prezzi siano assai più alti di quelli a cui siamo abituati da queste parti. Fortunatamente questa congiuntura felice coinvolge anche gli artigiani che, se sono veramente tali, riescono a trasmettere anche a questo mondo la filosofia (semplice ma spesso dura da mettere in atto) della materia prima naturale e lavorata in modo diretto, resistendo alle scorciatoie dei preparati “omnibus” fonte di lauti profitti realizzati per giunta evitando di stoccare e sbucciare frutta, frullarla, rompere uova, eccetera eccetera.

In questa ottica è stato interessante curiosare fra i risultati della sperimentazione di gelati realizzati con mosti d’uva da vino, effettuata cercando di trasmetterne il più fedelmente possibile i profumi. Soprattutto perché il “gusto uva” non è molto comune, nonostante l’Italia sia grande produttrice di questo frutto. Una sperimentazione resa possibile grazie a due soggetti, un produttore di IFgelato che non è  solo un “mestierante” ma anzi è appassionato e curioso (anche per ragioni commerciali, beninteso), ed una istituzione che abbia mezzi e strutture adeguati a disposizione.

A Pisa questa sinergia si è felicemente realizzata: da una parte, la Facoltà di agraria dell’Università di Pisa, che gestisce un laboratorio nella località di San Piero a Grado, a pochi chilometri dalla città in direzione mare, dove custodisce circa 200 varietà tipiche della costa toscana catalogate con cura in tutti gli aspetti, da quelli morfologici, a quelli fenologici (caratteristiche di fioritura, eccetera), e che fra l’altro ha curato la realizzazione di un Database vinicolo italiano. Dall’altra Gianfrancesco Cutelli, una vita passata dietro vino e ristorazione, poi un giorno folgorato dalla DSCN2804passione per il gelato: l’apertura della sua De’ Coltelli ha segnato una piccola svolta nel gusto in una città spesso dominata dalla “medietà” gastronomica. Poche le concessioni ai gusti “strani”, unico obbiettivo la piena e naturale rispondenza nel gusto di frutta e creme, e non artificiosa o caricaturale rappresentazione, grazie ad una materia prima ricercata con curiosità in mille direzioni ed elaborata con competenze acquisite sul campo. Se il cioccolato è rigorosamente De Bondt (artigiano/artista del cacao pochi metri più in là, sul Lungarno Pacinotti), il pistacchio naturalmente di Bronte, la liquirizia Amarelli, il pinolo del parco di San Rossore, il mirtillo è inseguito fin sull’Abetone (il “piuro”, uno dei migliori d’Europa) e la frutta è colta nella sua stagionalità ricercando le varietà (di pesca, albicocca, ad esempio) a seconda del periodo di maturazione. E, per la prossima stagione, la novità del latte crudo che subisce così un’unica pastorizzazione quando entra nella lavorazione con l’uovo.

DSCN2816I risultati si sono potuti assaggiare in un seminario organizzato durante l’ultima edizione di Dolcemente Pisa, appuntamento goloso e  ormai consolidato; Claudio d’Onofrio, il ricercatore che ha coordinato i lavori, ha ribadito il concetto di come l’Italia sia assai ricca in fatto di vitigni: su 5000 tipologie riconosciute, 2300 circa albergano nel nostro Paese, tutti membri della grande famiglia della Vitis vinifera nata nel Caucaso e poi diffusasi grazie a fenici, greci e romani. Ma perché per fare il gelato si è sceto di usare uve “da vino”?  Sicuramente per l’importanza che in esse hanno i profumi, ma anche per la buccia spessa che influisce sulla consistenza del gelato e porta con sé un corredo di sostanze antiossidanti che lo rendono salutare: e lo sarebbe ancora di più se si potessero in qualche modo includere i vinaccioli, anch’essi portatori di sostanze benefiche come polifenoli, vitamine, sali minerali.

IFVisto che il fine era quello di preservare gli aromi dell’uva (quelli primari, e non quelli fermentativi o dovuti all’affinamento in legno, legati alla pruduzione del vino) trasferendoli il più possibile intatti nel gelato, è stato necessario far sì che le loro molecole aromatiche fossero in uno stato libero (“volatili”) e non legato, perché in questa forma sono percepibili dal nostro olfatto, cosa che infatti succede maggiormente nelle varietà cosiddette “aromatiche”. E dunque, per “liberarne” la maggior quantità possibile, soprattutto dalle molecole di zucchero, sono stati usati enzimi alimentari.

E dagli assaggi è stato possibile non solo verificare una corrispondenza aromatica uva-gelato davvero assai riuscita, ma è stato sorprendente cogliere come anche altre specificità delle uve siano state trasferite nel gelato. Caratteri che hanno molto in comune con quelli riscontrabili in un vino, come la consistenza e la tessitura percepite al palato, o la persistenza gustativa. Esempio calzante, quello del gelato a base di sangiovese, che si avvertiva corposo, e stupiva per una DSCN2810notevole “lunghezza” del sapore. Il gelato al vermentino, assaggiato insieme, era più delicato ed elegante; quello al traminer era assai ricco nel finale, mentre nel gelato al cabernet era chiaramente percepibile l’originaria nota l’erbacea; del moscato si riproduceva fedelmente la inconfondibile dolcezza fruttata, del ciliegiolo sensazioni  acute e penetranti, e si avvertiva un finale dal gusto amarognolo. Il gelato al brachetto era delicato e “sorridente”.

Un esperimento sicuramente interessante, che ci si augura troverà presto una adeguata applicazione nei banconi delle gelaterie di qualità.

Gelateria De’ Coltelli
Lungarno Pacinotti, 23 – Pisa
Tel. 345-48.11.903
www.decoltelli.it

Nelle immagini: Gianfrancesco Cutelli e Claudio D’Onofrio.

 

 

Riccardo Farchioni

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