Sauternes-Barsac Chateau Climens 1989

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Il vino: Sauternes-Barsac Château Climens 1989

Cru/provenienza: Barsac – Acquitania – Francia

Vitigni: semillon

Data assaggi: dicembre 2013

Il commento:

chateau climens 89 etiOro antico sontuoso e coinvolgente, limpido e luminoso. Naso caleidoscopico, impressionante per compiutezza e capacità di dettaglio, cangiante ch’è tutto dire. Sì da riproporre -in cadenzata successione- tutti gli agrumi del mondo, dopo l’iniziale montata safrané. Floreale ed albicoccoso, gentilmente mielato, delicato e pervasivo, è uno scrigno di umori buoni da odorare ancora e ancora.

Grandissimo equilibrio en bouche: carezzevole, di particolare grazia, ti scuote per freschezza acida, ritmo e profilatura. E per smisurata persistenza. Nessuna traccia di solforosa nei dintorni, figuriamoci; nessun fastidio di volatile: tutto appare mirabilmente fuso, tutto perfettamente integro & integrato, pulsante e vivo: la dolcezza in un sorso solo, senza la stucchevolezza delle cose dolci.

E’ joie de vivre. E bicchiere senza età, a cui il tempo ha deciso di non dare più fastidio, come in ossequioso rispetto. A rintracciare come segugi le ormai rarissime bottiglie, una da 75cc, come questa qui, potrebbe stare sui 100 euro. Ma è prezzo mutevole, come i vezzi dei collezionisti.

La Chiosa:

Mi piace vincere facile, eh? Oddio, a mia discolpa posso dire che solitamente non è così. Nella vita come nei vini. In questo caso, a sparigliare le carte, mettiamoci pure un’annata che non è proprio l’altro ieri e una bottiglia che da quasi vent’anni staziona in una cantina privata senza paracadute tecnologici. Certo, non dobbiamo stare troppo a puntualizzare che l’annata in gioco è una di quelle assolute per la denominazione, né sottolineare ulteriormente che trattasi pur sempre di Climens. Vabbé, mi sto arrampicando sugli specchi. Ma a dir la verità una bellezza del genere non me la sarei mai aspettata in un Sauternes o in un Barsac; una bellezza che strappa il ricordo alla penna, e che non puoi fare a meno di scriverla. La proverbiale finezza di questa etichetta ha poi fatto il resto, partorendo uno dei più grandi assaggi “in dolce” di sempre. Un assaggio di “anormale” unicità, giunto alla fine di un anno complicato, fatto di (contro)luci ed ombre.

Climens, il Sauternais…. mi riportano indietro di un paio d’anni, all’ultima trasferta bordolese. Quel paesaggio, con gli inarrivabili châteaux e tutto il contorno di grandeur, suscitò in me pensieri contrastati, dicotomici, ispirandomi un capitoletto inserito poi nella saga dei “diari di Bordò” e  intitolato“ L’altalena di Yquem”. Ecco, in alcuni passaggi  – che ripropongo – si cela il mio stato d’animo attuale. E, a ben vedere, anche l’augurio per l’anno che verrà:

“…. I contorni netti delle cose, il bagliore bianco riflesso dai bellissimi muretti a secco, la via degli châteaux, l’incanto delle vigne, il silenzio assordante: un universo visivo di pregnante e bucolica consistenza, questo è. Poche case nei dintorni, mentre su piccole collinette spuntano i profili emblematici delle dimore storiche e dei castelli. Mi sarei atteso un territorio lussuoso, tirato a lucido. Non è del tutto così. I rumori, pochissimi, sono quelli della campagna reale, gli orologi sono quelli con le lancette rimesse regolarmente all’indietro, come per ogni campagna che si rispetti.

Passeggio nei vigneti di Yquem, al centro del mondo. Unica presenza discreta, alcuni cavalli a ruminare l’erba. Mi guardo attorno e noto una cosa che mi colpisce immediatamente. Di fronte all’ingresso dello château, laddove senti il peso della Storia calare dall’alto la sua solenne sentenza di unicità, proprio aldilà della strada, ci stanno un paio di casette NORMALI, con i loro piccoli disordinati giardini NORMALI, i loro cancelli (mal funzionanti) NORMALI, le loro mura NORMALI bisognose di una rinfrescata (NORMALE pure quella). Un paio di casette semplicemente vissute, quotidianamente vissute. Sparsi nel giardino spelacchiato, insieme al barbecue, i giochi di un bimbo: una macchinina di plastica a gambe all’aria, l’immancabile duo secchiello & paletta, ma soprattutto un’altalena, che un timido refolo di vento si ostinava a far oscillare lievemente, quasi si trattasse di tenerla sempre e comunque in movimento. Quella visione ha assunto il nitore abbagliante di un segno: di fronte al mito c’è una piccola altalena, sparuto avamposto di una quotidianità silente che non sembra per niente toccata dall’aura di esclusività che respiri tutt’attorno. Non so se quella famiglia, che mi immagino umile, senta il privilegio (o il peso) di avere un dirimpettaio tanto famoso. Eppure tutto mi porta a credere che i pensieri di quella gente siano altri. Doverosamente altri. Obbligatoriamente altri. Fortunatamente altri. Ed è così che ho sognato una campagna piena di altalene.”

FERNANDO PARDINI

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