Expo 2015: facciamo le vie di grano al posto delle vie d’acqua

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MILANO – Ad un anno dall’inizio dell’Expo Milano si prepara – sia a livello di infrastrutture sia di tematiche da affrontare – all’evento che molto probabilmente ne deciderà una buona fetta dell’immagine internazionale per i prossimi anni. L’andamento dei lavori è a corrente alternata, giocata tra la difficile coabitazione di strutture amministrative di diversi orientamenti (Direzione Expo, Governo, Regione, Provincia, Comune), e con sulle spalle il peso dell’incredibile impasse immediatamente successiva alla nomina di Milano come sede dell’Esposizione.

Se a livello concettuale il tema “Nutrire il pianeta. Energie per la vita” apre ai timori che una manifestazione di questo tipo, se non attentamente pianificata, possa trasformarsi un una immensa fiera del cibo, in un trionfo di regionalismi scollegati e svuotati di senso, a livello infrastrutturale sono assai evidenti alcuni punti nevralgici.

Primo fra tutti il rapporto dell’Expo con la popolazione.

Expo Milano 2015

La questione delle “vie d’acqua” è un esempio molto eloquente di queste problematiche, utile da indagare anche a livello urbanistico e sociologico. Il punto è: il passaggio dai progetti fatti sulla carta alle opere sul territorio reale, abitato dalle persone reali.

Le cosiddette vie d’acqua erano state uno dei punti cardine nella progettazione dell’Esposizione: richiamandosi alla tradizione dei Navigli, si pensava di collegare il sito espositivo ai canali preesistenti per creare un raccordo, un’armonzzazione paesaggistica, per creare assi suggestivi di collegamento (più ideale che reale), direttrici da far affiancare da piste ciclabili e parchi tematici. Tutto questo, sulla carta.

Expo 2015 canale

Ma il giorno in cui gli abitanti del quartiere Gallaratese (zona nord-ovest di Milano), lungo la direttrice nord-sud che avrebbe dovuto collegare il Canale Villoresi con l’Expo e quindi con il Naviglio Grande, si sono ritrovati nei parchi sottocasa le transenne e le recinzioni arancioni, qualcosa di inaspettato è scattato.

Parco Pertini, un piccolo parco urbano strappato dagli abitanti al degrado con dure lotte e tanto volontariato, oggi pulito e costellato alberi, di giostre e altalene per i bambini e di panchine per i pensionati. Stretto e lungo. Le recinzioni lo sbranano per oltre la metà della superficie.

Parco Pertini devastato vie d'acqua

Parco del Trenno, uno dei grandi parchi di Milano ovest, incastonato tra la zona dell’Ippodromo e dello stadio di San Siro e lo splendido parco del Bosco in Città, da anni punto di riferimento per gli amanti della corsa campestre, delle passeggiate all’aria aperta, delle grigliate, delle partite di calcio fra amici. Tagliato in due dalle reti arancioni.

Parco del Trenno recinzioni Expo 2015

Stessi problemi al Parco delle Cave, poco più a sud, verso il Naviglio Grande.

Il progetto del canale che dovrebbe bagnare il sito dell’Expo ha un costo enorme: 90 milioni di euro, dovendo scavare argini, bypassare strade, linee della metropolitana, aggirare ostacoli… L’utilità sarebbe limitata ai soli giorni dell’esposizione, come un pittoresco abbellimento del sito. Ma sono i costi sociali quelli che hanno mobilitato la gente: il canale è stato visto come un elemento invasivo, che entra nei parchi per dividerli, stravolgerne l’aspetto, cementificarli e poi lasciarli in balia di un futuro del tutto incerto. Chi curerà la manutenzione dopo l’Expo? Chi garantirà che la “via d’acqua” non si trasformi in un incubatore di zanzare e spazzatura?

E in più: ci sono analisi precedenti* che testimoniano che in alcuni punti (zona di via Quarenghi e una zona del Parco delle Cave) siano presenti nel sottosuolo sostanze fortemente inquinanti, scarti di precedenti interramenti o di strutture industriali dismesse; che agenti potranno essere rimessi in circolazione con gli scavi e il passaggio del canale?

Il verde sulla carta dei patinatissimi progetti iniziali è stato visto dalla popolazione sotto un aspetto completamente diverso: quello delle recinzioni in plastica, quello grigio del cemento che resterà alla fine di tutto. Con la consapevolezza che l’interesse comune è stato scavalcato da interessi superiori e non negoziabili. Infatti le infrastrutture legate a Expo sono slegate dalla giurisdizione locale e comunale: l’Amministratore delegato di Expo può disporre opere senza farle vagliare dal volere dei rappresentanti della popolazione. Ignorando i piani alternativi, nettamente meno costosi, presentati sia da Italia Nostra, sia dal Politecnico di Milano.

no canal

Ed ecco accadere l’inaspettato, nella Milano che sembrava ormai rassegnata allo strapotere politico: la gente è scesa in piazza, a lungo, a muso duro, organizzata e arrabbiata, e ha fatto sentire in modo diretto la propria voce. Ha avuto l’ardire di rovesciare le recinzioni, di irriderle con striscioni, di farsi sentire.
Tanto a lungo, per i mesi di novembre e dicembre, da sorprendere tutti e far preoccupare le istituzioni.
Tanto da far bloccare i lavori.

Ad oggi, inizio gennaio 2014, al Parco Pertini e al Trenno tutto è fermo, le ruspe tacciono nel freddo nebbioso**. I cartelloni e le strisce continuano a ricoprire le transenne di un progetto fatto a tavolino, inutile e costoso se calato sul terreno reale abitato dalla gente vera, non dagli omini finti che costellano i rendering degli studi architettonici più alla moda.

E allora facciamo una piccola controproposta agli amministratori di questa Expo: invece delle vie d’acqua facciamo le vie di grano; seminiamo una striscia di grano dove doveva passare il canale, senza abbattere alberi, senza usare nemmeno un chilo di cemento. Vogliamo “Nutrire il pianeta”? Seminiamo una via di grano, che sarà maturo a luglio 2015, in pieno Expo. Ovvio, non seminiamola sui siti inquinati, ma al parco del Trenno, che da sempre ha avuto una storia agricola; facciamone il simbolo di un percorso di armonizzazione tra istituzioni e gente comune, di riconciliazione tra il gigantismo dei grandi eventi e le esigenze della popolazione.

Dopo la raccolta, il parco tornerà come sempre senza spendere milioni. Con in più la consapevolezza che il nutrimento del pianeta non è il cemento, è la capacità delle persone di unirsi per il bene comune. In poche parole, è la partecipazione.

Parco Trenno recinzioni vie d'acqua

 

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Alcune informazioni riguardo alla vicenda delle vie d’acqua:

La pagina Facebook del comitato di difesa del parco di Trenno:
https://www.facebook.com/difendiparcotrenno

Qui si può scaricare dal sito dell’Expo il materiale informativo sul progetto originario delle vie d’acqua

Il sito di Italia Nostra, che ha avanzato una dettagliata proposta alternativa:
http://italianostra-milanonord.org/
http://italianostra-milanonord.org/2013/07/25/via-dacqua-nelle-cave-la-nostra-battaglia/
http://italianostramilanonorddotorg.files.wordpress.com/2013/06/analisi_tecnica_variante.pdf

Il reportage de L’Espresso

*Ringrazio Enrico Fedrighini, attivista dei Verdi del quartiere Gallaratese per le dettagliate informazioni che mi ha gentilmente fornito riguardo alla presenza di agenti inquinanti in alcune aree, nello specifico quelle di via Qarenghi (idrocarburi e derivati), attestati da indagini del Comune di Milano del 2004 e 2008 e tra cava Cabassi e fontanile Ghiglio, nel parco delle Cave, rilevate tramite analisi tomografiche (materiali ferrosi non identificati).

**Il mattino del 6 gennaio 2014, giorno dell’Epifania, un gruppo di operai è stato visto mentre risistemava le recinzioni al Parco Pertini, segno di quanto ancora la questione sia aperta e delicata, e anche di un certo nervosismo da parte dei vertici Expo, se sono stati fatti intervenire gli operai in giorno festivo.

GALLERIA FOTOGRAFICA

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

3 COMMENTS

  1. Non montiamoci la testa di costruire Milano da zero, né col delirio delle nuovi grandi opere, né spacciando per recupero l’apertura dei navigli, come Pol Pot voleva rifare l’antico impero Khmer. Pure a Venezia alcuni canali sono stati ai tempi chiusi, e ancor oggi si chiamano “rio terà”. Con l’Expo a Roma si sarebbe rimesso a nuovo il COlosseo, con pure spettacoli di gladiatori, magari utilizzando il lavoro di schiavi

  2. Bella idea Paolo, ce la farà a scalare piani alti del palazzo? Ci vorrebbe un po’ di marketing virale!

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