Carema primo contatto: paesaggio invernale con pilun

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Nell’alto Piemonte, dove la pianura lascia spazio alle ondulazioni del Canavese, superata Ivrea, per l’appassionato enofilo si attivano inconsci recettori: quando le montagne si avvicinano, e la piana della Dora Baltea si ritrae in una valle assai stretta, si comincia a realizzare che intorno c’è vigna. A confermarlo, uno strano esercito di immobili statue: i pilun. Dopo che li hai notati cominci a vederli dappertutto, come gli indiani nei film western, che appaiono dall’alto e se ne stanno immobili. CaremaI pilun sono le colonne di pietra che sorreggono la pergola, il sistema d’allevamento tradizionale di queste parti. Massicce colonne troncoconiche, con un sasso circolare in cima, a volte monolitiche, scolpite nel granito, a volte in pietra e mattoni, a volte in cemento. Hanno una forma da archetipo, come i giganti dell’Isola di Pasqua; solo che qui siamo nel pieno della concretezza sabauda, e i pilun sono così perché servono così, nessuna concessione all’estetica in più di quel che è necessario alla funzione. E però vederli nelle vigne arroccate sui fianchi della montagna è uno spettacolo indimenticabile, volenti o nolenti. Anche in inverno, anzi soprattutto in inverno, quando le viti son nude e lasciano vedere in pieno la forza dei loro sostegni.
Sassi a non finire, con cui si sono realizzati nei secoli i terrazzamenti qui a Carema. L’ultimo paese del Piemonte prima che inizi, una casa più in là, la Val d’Aosta.
Il perché della forma dei piloni è dovuta alla loro funzione termoregolatrice: accumulano calore durante il giorno e lo restituiscono di notte, in modo da proteggere la vite da sbalzi troppo grossi, e permettere la maturazione dell’uva anche in questo clima tipicamente montano.
Del vino di Carema purtroppo siPergola Carema parla molto poco nell’ambiente; la denominazione è minuscola, le aziende produttrici poche, eppure qui si produce uno dei migliori nebbioli: nebbiolo di montagna, quindi fine, profumato, minerale.
Appena all’ingresso del paese, si incontra la Cantina dei Produttori di Nebbiolo di Carema. All’esterno ha l’aspetto un po’ datato, non attira certo per bellezza. Eppure, per chi va oltre le apparenze e si affaccia nel piccolo punto vendita, le sorprese saranno piacevolissime.
La Cantina raccoglie le uve di 60 soci conferitori che lavorano piccolissimi appezzamenti terrazzati; l’estensione massima posseduta dai singoli soci arriva a 5000 metri quadrati, mezzo ettaro. In tutto l’estensione lavorata dalla Cantina è di soli 17 ettari (all’incirca, l’80% dell’intera DOC), con una produzione annua che oscilla tra i 450 e i 500 ettolitri.

Cantina Produttori CaremaLe vigne di Carema trasudano storia: dalla storia di fatica delle persone che nei secoli hanno realizzato i terrazzamenti e scolpito i pilun, alla storia degli eserciti che sono transitati da questa valle che conduce alla Francia, fino alla storia a noi più vicina. Se infatti, pochi chilometri più a levante le fabbriche tessili di Biella avevano, tra Ottocento e Novecento, risucchiato forza lavoro dalle valli vicine, portando all’abbandono delle vigne in zone come Lessona, Bramaterra, Boca, qui a Carema la presenza nel secondo dopoguerra della Olivetti di Ivrea ha invece favorito il mantenimento delle vecchie vigne: data la piccola estensione delle proprietà, era possibile fare i turni in fabbrica e continuare ad avere un po’ di tempo libero per accudire la vigna. Per questo le vigne si sono salvate finché c’e stata l’Olivetti.
I problemi sono iniziati dopo: i giovani, costretti a lavorare più lontano, verso Torino, non hanno avuto più la possibilità di condurre i vigneti; ecco che la popolazione dei vignaioli di Carema è oggi avanti negli anni, e spesso non si riesce più a mantenere le vigne. Anche perché le piccolissime estensioni delle proprietà non permettono la nascita di aziende professionali, che possano lavorare e sostenersi producendo solo vino. Ecco il perché di quei pilun lasciati isolati, senza pergole appoggiate, senza viti alla base. Purtroppo le vigne più impervie stanno diventando in alcuni casi un museo di pietra, senza la linfa delle viti a ravvivarli.

botti grandi CaremaEppure le potenzialità qualitative sono enormi, come si comprende al volo da un rapido giro di assaggi presso la Cantina, ogni anno in grado di mietere riconoscimenti e premi. Approfittando della gentilezza dell’addetto, assaggiamo tre tipologie di vino.

Canavese Rosso DOC Turel
È il vino base della cantina, blend di nebbiolo, barbera e neretto vernazza. Deriva da vigne che non rientrano nella zona del Carema, coltivate sulle pendici meno accentuate della destra orografica della Dora; qui i terreni sono alluvionali e abbastanza profondi, ricchi di ghiaia. Ne nasce un vino che rispetto ai fratelli maggiori è meno acido e meno alcolico. Ha un naso caldo, fruttato, rotondo. Giovane e dalla grande facilità di beva, fa affinamento in solo acciaio. Qui alla Cantina Produttori è venduto al prezzo favorevolissimo di 4,35 euro la bottiglia.

Carema DOC 2010 (13%)
Luminosissimo nel bicchiere, molto trasparente. Naso di ciliegia, fitto e persistente. In bocca è scorrevole e piacevole, sapido e d’impostazione “verticale”, di lunga persistenza. Venduto al dettaglio in cantina a 8,45 euro.

Carema DOCCarema Riserva DOC 2009 (13,5%)
Rubino più intenso rispetto al precedente, naso di grande personalità che ricorda la ciliegia, la fragola, oltre a note speziate. Un bouquet morbido e calibratissimo. In bocca mostra ancora qualche spigolosità di gioventù, il tannino è infatti ancora un po’ da smorzare, ma è un tannino fine che promette belle evoluzioni. Sapido e di lunga persistenza, un vino da conservare in cantina per i prossimi anni. Prezzo 12,75 euro.

La gamma della cantina si completa con un Canavese bianco a base Erbaluce, Canavese Rosato, Canavese Nebbiolo. Novità recente, il Villa Nova, brut metodo classico rosé da uve nebbiolo. Chiude al vertice la gamma il Carema Selezione Olivetti, una riserva speciale dedicata ad Adriano Olivetti, personaggio che con la sua visione industriale a misura d’uomo ha saputo dare molto a questa terra.

Battistero San Giovanni Settimo VittoneUna dritta per mangiare nelle vicinanze: a pochi chilometri da Carema, tornando verso Settimo Vittone, si sale su per una bella via di montagna, fino a circa 600 metri di quota. In frazione Cornaley si trova il bar ristorante La Baracca. Cucina semplice, improntata al mantenimento delle tradizioni del territorio: in inverno si trovano le castagne (semplicissime e deliziose nella versione bollita servita con burro fresco), in primavera i menù esaltano le erbe spontanee locali. Tra i dolci, imperdibile il bonet alle castagne, e per chi ama i formaggi c’è una proposta veramente ricca di tome locali, oltre al raro salignùn (una ricotta asciugata conciata con sale, cumino e peperoncino). Tra i vini, oltre ai Carema e a una bella scelta di bottiglie di Langa e nazionali, anche vini localissimi, come quelli dell’azienda Giovanetto di Settimo Vittone, che oltre al nebbiolo in purezza propone il Sogno d’an Piole, blend tra nebbiolo, barbera e neretto vernazza. Prezzi più che onesti e grande gentilezza in sala.
Poco più in basso, scendendo verso Settimo, da non perdere il complesso paleocristiano della Pieve di San Lorenzo e Battistero di San Giovanni, dall’architettura arcaica e suggestiva.

Alcuni riferimenti
Cantina dei Produttori Nebbiolo di Carema
via Nazionale 32, 10010 Carema (TO)
tel. 0125811160
www.caremadoc.it
cantinaproduttori@caremadoc.it

Ristorante La Baracca, Loc. Cornaley 68, Settimo Vittone (TO) tel. 0125 658109

Giovanetto vini: Fraz. Montestrutto, Settimo Vittone (TO) Telefono:  347 3138300
www.giovanettovini.it

GALLERIA DELLE IMMAGINI

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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