In salotto con Schigi, mastro birraio di Extraomnes

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MILANO – Ha i tratti dell’attore Bill Murray, è scanzonato, ironico, travolgente nel raccontare i mille aneddoti della sua avventura nel mondo della birra. Si tratta di Luigi d’Amelio, in arte Schigi, mastro birraio del birrificio Extraomnes di Marnate, in provincia di Varese. Schigi ExtraomnesL’occasione per incontrarlo è l’appuntamento del primo aprile di In salotto con il birraio, presso il Baladin di Milano. A fare gli onori di casa, come di consueto, Teo Musso e Alessio Franzoso; ma non occorrono molti preamboli: Schigi parte lancia in resta – anzi bicchiere in resta – a raccontare di sé e della sua visione della birra.

«Come birrificio siamo nati nel 2010. Scusate, il plurale… del resto me la tiro un sacco da quando sono birraio dell’anno…» Ci scherza su, ma in effetti è stato eletto birraio dell’anno 2013 nella classifica di Fermento Birra, network specializzato del settore.

«Come birraio nasco in maniera anomala. Ho tenuto un corso sulla birra a Legnano, poi alcune persone mi hanno proposto di fare la birra insieme a loro; io a quel tempo non avevo fatto nemmeno un kit da homebrewer, figurarsi… Però loro avevano lo spazio necessario: i locali di una torrefazione. E così nel 2006 abbiamo iniziato con un impianto da 30 litri nel retrobottega della torrefazione El Mundo di Marnate.
In pratica allora di birra non sapevo nulla… ma in compenso conoscevo un sacco di persone, che mi hanno dato consigli e dritte!»
«E com’era la prima birra?», interviene Alessio Franzoso.
«Una tragedia. Era imbevibile. Abbiamo passato due anni a buttar via cotte! Alla fine, con una bionda siamo arrivati a qualcosa di buono. Poi siamo passati a un impianto più grande, da 10 ettolitri e poi… eccomi qua!»

Teo Musso e Schigi«Cosa ne pensi di Internet? Lo usi per parlare della tua birra?»
«All’inizio sono stato uno dei più maniacali, fastidiosi, rissosi frequentatori di Hobbybirra, un newsgroup, quando non esistevano ancora i forum e c’erano questi spazi dove ci si infervorava tra appassionati… Si litigava per tutto, partivano commenti pesantissimi per un’inezia, per un lievito, per un luppolo… era un posto da matti, ma è stato bello. Prima ancora ho iniziato col vino (sono sommelier!!), e imperversavo sul newsgroup Hobbyvino»
«E poi?»
«Poi ho fatto un corso a Piozzo, da Teo Musso, e ho avuto la fortuna di fare alcuni viaggi alla Mecca della birra, il Belgio, insieme a Kuaska. Andare con lui in Belgio è come entrare non dalla porta principale: di più, entri direttamente dentro al retrobottega. Ti può capitare di vederlo parlare con monsieur Cantillon, e chiedergli come sta il suo gatto, tanto per intenderci…»

Parte nel frattempo la batteria delle tre birre in assaggio del birrificio Extraomnes.
La prima è la Zest, una blonde ale. Lo stile (e il lievito) è belga, anche se il luppolo usato, il Citra, è americano. Ha un naso freschissimo, agrumato, che ricorda il pompelmo. In bocca è ricca ma agile, la gasatura è lieve e sottile, chiude su una evidente nota amarognola, bella asciutta. Ben fatta, bilanciata e dissetante, è allo stesso tempo complessa e semplice da bere.

Alessio Franzoso gli chiede cosa ne pensa dei concorsi nel mondo birraio.

«Ho fatto tutti i concorsi per homebrewers di Piozzo, non per vincere, ma per conoscere, incontrare gente, scambiare idee… Penso che i concorsi siano importanti per chi si sta formando, perché Extraomnessono una grande occasione di crescita. Per i birrifici invece è diverso… Non credo siano così importanti a quei livelli… personalmente non mando le birre ai concorsi, ci sono troppe variabili incontrollabili, temperature, servizio, ambienti…»
«È vero – interviene Teo Musso – nei concorsi a volte ci sono fattori ambientali che non ti permettono di assaggiare una birra a dovere. A me è capitato di essere in giuria in concorsi dove assaggi 300 birre in un giorno… alla fine finisci per premiare quelle più estreme, che ti danno una scossa maggiore, che escono dagli schemi… Mentre anch’io concordo sul fatto che i concorsi per gli homebrewers sono importanti, è bello vedere l’emozione palpabile delle persone.»

«Io sono più fiammingo che vallone!» dichiara Schigi all’arrivo della seconda birra, la Straff. L’esclamazione, per me che sono a digiuno di cultura birraia suona criptica, ma il buon Schigi specifica poco dopo che l’impostazione fiamminga è quella più mirata alla precisione esecutiva, al rigore. Straff in fiammingo vuol dire “punizione”, forse riferendosi alle conseguenze che colgono il bevitore dopo un po’ di calici di questa Strong Belgian Ale, birra potente, da 9,5 gradi alcolici.  È burbera, sull’inizio il naso se ne sta sulle sue, in bocca esplode violenta, ampia, sicura di sé.  Per certi aspetti diresti che è quasi piccante, una caratteristica data dal lievito Saison, lievito difficile ma che se gestito alle giuste temperature di fermentazione dà questi esiti speziati, senza aggiunta di spezie.

ExtraomnesTra una birra e l’altra, c’è il tempo per qualche curiosità sul birrificio, come ad esempio il nome latino Extraomnes, che è l’espressione usata durante i conclavi in Vaticano quando dalla Cappella Sistina si fanno uscire tutti  tranne i cardinali che dovranno eleggere il pontefice. «Extra omnes era un modo scherzoso per dire: fuori tutti, arriviamo noi, vi facciamo vedere!»
Ha a che fare con il latino anche il logo del birrificio, un cane nero al guinzaglio dal fare aggressivo: è ispirato al mosaico pompeiano del “Cave canem”, ossia l’avviso “attenti al cane” che veniva posto davanti al portone delle case. Attenzione però, perché guardando nel dettaglio spunta un altro po’ di latino: sul guinzaglio infatti c’è la scritta “Licet insanire”, ossia “è lecito far pazzie (o impazzire)”, derivato dall’espressione proverbiale “Semel in anno licet insanire”: ma se nell’originale la pazzia era raccomandata una sola volta all’anno (semel in anno)… nel caso di Extraomnes non si stanno a mettere paletti!

ExtraomnesTerzo tempo, e arriva la Kerst Reserva 2013, 12 gradi alcolici per questa birra di Natale (Kerst significa Natale in Fiammingo) ambrata, affinata in botti da vino. È ispirata alle birre natalizie del birrificio belga De Dolle. In fase di bollitura, viene utilizzato uno zucchero candito prodotto dal succo di mela, ricco di acido malico; per l’affinamento vengono invece usate barriques in cui è stato affinato un vino. Nel caso della Reserva 2013, il Barolo di Marziano Abbona.
Il primo impatto al naso è un colpo che tocca corde inaspettate dei ricordi d’infanzia; rimanda allo zucchero filato, al caramello. In bocca ha una grandissima complessità, e l’acidità rimane molto sostenuta. Assolutamente sorprendente, golosa, spiazzante, e al tempo stesso molto “gastronomica”. Me la immagino col foie gras, con piatti affumicati, o anche con mousse al cioccolato e per affinità, con dolci alla mela. Un’avventura che si vive comodamente seduti.

L’ultima domanda della serata riguarda l’eterno confronto tra vino e birra. «Ci sono secondo te casi in cui la birra supera il vino?»
«Sì. Quando il sommelier si arrende (verdure crude come i carciofi, piatti acidi con aceto e limone…) e ti dice: “Beva acqua”, il birrofilo risponde: “Col c____o che bevo acqua!»

 

Birrificio Extraomnes, Marnate (VA)
via L. Guzzetti, 135
tel. 0331.600426-0331.603130
www.extraomnes.com
info@extraomnes.com

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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