I Vini dell’Angelo

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di Riccardo Modesti

Naturalmente_manifestazioneROVERETO (TN) – Ospite di “Naturalmente“, manifestazione recentemente svoltasi al museo Mart di Rovereto e organizzata dall’amico Walter Forrer, ho potuto scoprire con grande soddisfazione un progetto davvero interessante e sorprendente: si chiama “Vini dell’Angelo”, e più che un progetto è soprattutto un marchio che fa parte della sempre interessante proposta di Proposta Vini (scusate il gioco di parole), distributore sito in quel di Pergine Valsugana (Trento), molto apprezzato tra chi vuole assaggiare vini che abbiano qualcosa di particolare da raccontare.

Anche in questo caso non sono rimasto deluso, perché i “Vini dell’Angelo” sono appunto vini ottenuti dal recupero di varietà di uva trentine diffuse in loco fino alla fine della Prima guerra mondiale, e cadute poi nell’oblio. In questi casi il lavoro è davvero importante: si gira tra i vigneti, anche quelli più reconditi, si individuano le piante un po’ diverse dal solito, le si osserva, le si duplica, le si alleva e poi si decide sul da farsi. Il progetto, in questo caso, è completo, perché non si effettua un recupero fine a se stesso ma si punta poi alla commercializzazione dei vini ottenuti. Di fondo, ovviamente, c’è il desiderio e l’aspirazione di dare nuova vita non solo a varietà dimenticate, ma anche e soprattutto di salvaguardarne la biodiversità in uno scenario mondiale che tende troppo spesso a semplificare e massificare. I partner sono importanti: la fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e i Vivai Cainelli di Nave San Rocco (che hanno curato la riproduzione delle varietà). La collezione di queste varietà è conservata presso la Collezione Matonari a Civezzano.

E così, fatte queste premesse, passiamo a parlare dei vini degustati: in questo caso devo ringraziare Roberto Zeni, Alfio Nicolodi e Gianpaolo Girardi che mi hanno assistito durante gli assaggi, ahimè incompleti, perché i vini in gioco erano davvero parecchi. Da dire, infine, che risulta difficile fornire un giudizio su vini così unici, perché mancano dei riferimenti più o meno assoluti ai quali rifarsi. Diciamo che per ogni vino mi esprimerò per quello che ho provato, più che per il suo valore assoluto. Beninteso, si tratta di vini tutti enologicamente più che corretti, quindi perfettamente in linea con ciò che richiede il mercato.

Lagarino Bianco – Alfio Nicolodi

Alfio Nicolodi spumantizza secondo i canoni del metodo classico questa varietà a bacca bianca tipica della Valle di Cembra, al punto che nel 1975 se ne producevano addirittura 20.000 quintali circa. Nicolodi mi ha raccontato delle attitudini e delle necessità di questa uva sorprendente: a maturazione tardiva, molto resistente al freddo, necessita di essere allevata su terreni poveri, porfido cimbrino quindi, con rese non troppo basse, e quando matura le gradazioni potenziali sono sempre piuttosto basse. L’acidità spiccata la rende perfetta, appunto, per la spumantizzazione. Il vino è apparentemente semplice e lineare, ma in realtà non lo è affatto. L’acidità spiccata ne favorisce molteplici abbinamenti, e le note verdi lo rendono rinfrescante. Buono. Ah, dimenticavo: Nicolodi affina lungamente sui lieviti questo metodo classico. Quello da me assaggiato passava i 60 mesi di affinamento sui lieviti, ma nella sua cantina vi sono bottiglie che sono in punta addirittura da molto, molto più tempo.

Turca – Istituto Agrario di San Michele all’Adige

Varietà a bacca rossa proveniente dal bellunese e diffusasi successivamente nella Valsugana Occidentale e nel banale, permette di produrre vini dal timbro aromatico inconfondibile: quello da me assaggiato, annata 2013, è davvero gustoso, profondo nel colore e morbido. Molto buono.

Pavana – Francesco Poli

La Pavana è l’uva per antonomasia della Valsugana, e il suo nome richiama una probabile origine veneta. Anche qui 2013 l’annata: il vino è scarico di colore, con una acidità spiccata, semplice, diretto e finemente profumato. A me ha ricordato l’Avanà della Val di Susa. Particolare.

Rossara – Zeni

Non sapevo che la Rossara, a bacca rossa, fosse diffusa in passato anche in Valtellina, oltre che in Veneto. Oggi sopravvive a stento nella Piana Rotaliana, il suo terroir per eccellenza in Trentino, dove negli anni Cinquanta ne venivano prodotti 40.000 quintali circa. Oggi la corsa al Teroldego l’ha quasi cancellata. Allevata a rese basse, è in grado di dare un vino singolarmente molto buono e accattivante. Zeni ha avuto la fortuna di trovare un vigneto di 80 anni, un’età più che adeguata per cogliere il meglio da questa uva. Che dire di questo vino, annata 2012?? Secondo me è straordinario, ha un’ampiezza e una finezza davvero pregevoli, il tutto in un vino dalla bevibilità e dalla leggerezza eccezionali. Sorprendente.

Groppello di Revò – Augusto Zadra

Di questo vitigno a bacca rossa ne sento parlare da anni come dell’ultima possibilità che ha la Val di Non per far risorgere la viticoltura locale, che qui c’è sempre stata. In effetti è un’uva che gradisce gli ambienti di montagna e le forti pendenze. Annata 2011, ha grande lunghezza in bocca e acidità spiccata, con poco colore. Coerente.

Negrara – Pravis

Altra varietà a bacca rossa, ho assaggiato l’annata 2010. Molto molto buono, caratterizzato da un’esplosione di frutta ammantata da una grande freschezza in bocca. Piacevolissimo.

Teroldigo – Cipriano Fedrizzi

Tranquilli, è sempre il conosciuto Teroldego, qui in una versione davvero di lusso per essere un 2013. Qui i riferimenti, trattandosi di Teroldego, ci sono, e il paragone con molti altri non solo regge ma viene stravinto.

P.S. Cinese, San Lorenzo, Portoghese, Negrone, Verdealbara, Valderbara e tanti altri vitigni, insieme ad altri già in corso di recupero, vi aspettano. Partecipate numerosi, dunque!!

L'AcquaBuona

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