Castello di Stefanago: la linea della maturità nell’Oltrepò Pavese

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Prosegue, dopo la tappa di avvicinamento in bici, il viaggio alla scoperta dei vini e delle colline dell’Oltrepò Pavese, un territorio dalle potenzialità enormi ancora troppo poco conosciuto.

vista Castello di StefanagoJPGIl Castello di Stefanago sorge con la sua torre medievale a quasi 500 metri d’altitudine, a cavallo tra la valle Schizzola e la valle Coppa, nell’alta collina dell’Oltrepò Pavese. Al Castello arrivo dopo più di tre anni dal primo assaggio di un vino prodotto qui: allora fu una bottiglia di pinot grigio a catturarmi: caldo, ampio, pieno, con un sorso maturo, diverso da quello che mi aspettavo. Una bella impressione, poi lasciata depositare nella memoria, e non più richiamata fino a quando non ho deciso di armarmi di bicicletta e macchina fotografica e fare un giro nell’Oltrepò, per conoscere meglio questo territorio spesso sottostimato, a volte a causa di prodotti che puntano più al prezzo che alla qualità.

La torre e la tenuta del Castello di Stefanago appartengono alla famiglia Baruffaldi da cinque generazioni; l’attuale generazione è rappresentata dai tre fratelli Giacomo, Antonio e Antonietta, che si occupano rispettivamente del lato commerciale, enologico e delle relazioni esterne. Proprio da una visita alla torre Giacomo Baruffaldi fa iniziare la presentazione dell’azienda. Salendo per ripidi gradini, si ammira la struttura interna in pietra: le mura sono possenti, alla base superano ampiamente il metro di spessore; fu costruita tra l’XI e il XII secolo come torre di avvistamento, e faceva parte di un’articolata linea difensiva che partiva da Pozzol Groppo, nell’alto alessandrino, e passava attraverso Montesegale, Godiasco, Stefanago, Montalto Pavese fino ad arrivare al margine della pianura, a Stradella, con la funzione di segnalare dall’alto appennino verso la pianura eventuali invasioni provenienti dal mare.

panorama StefanagoOggi il Castello di Stefanago è una realtà produttiva agricola articolata, che punta al ciclo chiuso: nei 135 ettari di terreni collinari che sorgono tutt’intorno al colle dominato dalla torre, vengono allevati suini bradi per la produzione di salame di Varzi, favino e pisello proteico per l’alimentazione dei suini, orzo e spezie (coriandolo) per la produzione della birra nel microbirrificio da poco messo in funzione, terreni a bosco, e naturalmente la vigna, con 20 ettari vitati. Tutto è gestito in regime biologico dal 1990. Anche a livello energetico l’azienda punta all’autosufficienza, e si è dotata di una caldaia a biomassa che sfrutta gli scarti legnosi delle potature e della pulizia del bosco per il riscaldamento del piccolo borgo ai piedi del castello.

 

Un punto d’osservazione sull’Oltrepò
Salendo in cima alla torre si ha un panorama a 360 gradi, che può spaziare dall’alto Appennino, alle splendide colline dell’Oltrepò, alla pianura pavese, fino a raggiungere nei giorni più limpidi le vette innevate dell’arco alpino. «Qui ci si può Giacomo Baruffaldirendere conto di quanta bellezza abbia in sé l’Oltrepò, e di quanta varietà sia ricco: l’alta collina non è stata stravolta dalla monocoltura della vite, ma convivono boschi, vigneti, zone incolte, calanchi, campi di frumento… – spiega Giacomo Baruffaldi indicando i terreni circostanti – e poi c’è la storia, con borghi splendidi, castelli, ville… Il problema dell’Oltrepò è però il fatto che non riesce a far conoscere fuori la propria bellezza. Tutti sanno che qui si produce vino, ma quanti conoscono anche gli altri tesori gastronomici, i formaggi, i salumi (questa è zona di produzione del celebre salame di Varzi DOP), la frutta? Purtroppo non viene riconosciuto come una meta di vacanze, eppure il paesaggio è incantevole, basti vedere il vicino bogo di Fortunago».
In effetti l’Oltrepò soffre da anni di mancanza di adeguata attenzione da parte delle città vicine, Pavia e Milano; viene vista come terra di produzione vinicola, ma non come un territorio da scoprire.
«Le racconto una cosa: la vede quella villa laggiù? – e indica una splendida costruzione bianca vicino al borgo di Fortunago – Ecco, quella è la villa che è apparsa nel film di Virzì, Il capitale umano. Solo che nel film si faceva intendere che fosse in Brianza, non in Oltrepò. Questo è un piccolo esempio per far capire come qui ci sia un tesoro di bellezza, ma che non viene valorizzata per quello che è».

L’impostazione in vigna
vigne StefanagoCi focalizziamo sulle vigne sottostanti. L’altitudine delle vigne aziendali va dai 320 ai 470 metri, una quota di tutto rispetto; «Ma in Oltrepò si può andare anche più in alto, anzi – racconta Giacomo – ci sono alcuni esperimenti di nuovi impianti che alcune aziende stanno facendo a quote più alte, e sono molto incoraggianti per il livello qualitativo». Dicevamo del regime biologico che l’azienda ha adottato da molto tempo: con le frequenti precipitazioni di questa primavera e estate 2014 sono stati costretti a un monitoraggio strettissimo sulle vigne, con trattamenti mirati.
«Per questo le nostre vigne sono tutte suddivise in appezzamenti di dimensioni limitate: si immagini una vigna di grandi dimensioni, da svariati ettari: se scoppia un focolaio di una qualche malattia, non riesci ad arginarlo: per questo abbiamo mantenuto la filosofia dei piccoli appezzamenti separati da tratti boscosi, in modo che ogni vigna sia indipendente dall’altra»
I sistemi di allevamento sono il guyot e una tipologia particolare chiamata “casarsa”, con i tralci verdi molto in alto; è specifica per i vini bianchi, e serve nei periodi più caldi a tenere i grappoli lontano dal suolo, in modo che non soffrano del riverbero del caldo. I vitigni coltivati sono croatina, barbera, pinot nero (nei due cloni per vini fermi e per base spumante), botti rossicabernet sauvignon, riesling renano, pinot grigio, müller-thurgau, per rese medie di 60 quintali di uve per ettaro. L’export è il principale canale di vendita del vino aziendale, con l’80% della produzione che viene venduto all’estero, principalmente in USA (dove spopola la croatina!), nord Europa, Brasile e Giappone.

Dalla torre, passando attraverso i locali per gli eventi gastronomici e l’accoglienza turistica, scendiamo nella cantina. Saltano all’occhio le botti di acacia da 1500 litri, che vengono usate per l’affinamento del riesling e del pinot grigio (in quest’ultimo caso con tonneaux più piccoli); per i vini rossi vengono invece utilizzate le botti in rovere. La barbera è quella che fa gli affinamenti più lunghi, 3 anni, per smussare la notevole acidità.

 

Gli assaggi

brut roséBaruffaldi Spumante Rosé Metodo Ancestrale brut (12,5 %) (10 g di residuo zuccherino)
L’annata (non dichiarata in etichetta) è la 2012. Si tratta di uno spumante fatto con il cosiddetto “metodo ancestrale” (senza aggiunta di zuccheri esterni, sfruttando gli zuccheri presenti nell’uva), da 100% pinot nero, con uve raccolte a piena maturazione, fermentazione in acciaio, blocco della fermentazione con il sistema del freddo e successivo imbottigliamento, presa di spuma nella primavera successiva (seconda fermentazione) e infine sboccatura dopo almeno 18 mesi. Si presenta con un tenue rosa antico. Al naso rivela un profilo morbido, con petali di rosa, susina sangue di drago, mora. L’ingresso in bocca è ampio, ricco, con bollicine vivaci e sensazioni retronasali di frutta. È un vino di grandissima bevibilità, saporito, senza scalini, maturo. Ottimo a tutto pasto, dall’aperitivo ai salumi alle carni bianche, un sorso che conferma il fil rouge della maturità nei vini aziendali che avevo a suo tempo notato nel pinot grigio di qualche anno prima. A 16 euro in cantina.

riesling San RoccoSan Rocco Riesling Provincia di Pavia IGT 2010 (13%)
Vinificato in acciaio e affinato per un anno in botti grandi di acacia. Paglierino intenso, ha un naso ricco, minerale, agrumato (pompelmo e limone), con tratti idrocarburici. All’assaggio, convince subito per il bilanciamento tra l’acidità dell’ingresso, e l’ampiezza della struttura. Fruttato, ampio, un vino sereno e di ottima persistenza. Bel vino davvero, nel momento perfetto di evoluzione. 12 euro in azienda.

San Rocco Riesling Provincia di Pavia IGT 2011 (13%)
Paglierino tendente al dorato, forse annata più piccola rispetto alla 2010, ma scalpitante, fresco e agrumato (per adesso la nota minerale è meno evidente). È snello e bevibile, con un finale amarognolo. Con l’ossigenazione si apre progressivamente, e va verso la frutta gialla, sempre mantenuta salda dalla spina dorsale sapida. 10,50 euro in azienda.

Croatina Provincia di Pavia IGT 2011 (13%)
Il Castello di Stefanago aderisce da alcuni anni al progetto VinNatur; da questo rapporto nasce questa croatina prodotta senza aggiunta di solfiti; per ovviare alla mancanza della protezione dei solfiti, il vino viene lavorato in iperriduzione. Il risultato è un vino che all’analisi chimica ha solo 2 mg/l di SO2. Il colore è rubino intenso, con unghia violacea. All’inizio, come è normale aspettarsi, si percepisce una leggera nota ridotta; dopo una breve ossigenazione appare il frutto croccante, note sanguigne, pietrose. In bocca è sapido, pieno, avvolgente, dal giusto tannino e dalla spiccata sapidità. L’evoluzione nel bicchiere è continua, dal fruttato si va verso il sanguigno… È come un libro che si apre e che riesce a raccontare sempre nuove cose. Ha un solo limite: il fatto che manchi solforosa, ne impedisce la conservazione ottimale a bottiglia aperta oltre un paio di giorni; problema di poco conto, data l’estrema bevibilità. 9,20 euro in cantina.

Piedilupo Barbera Provincia di Pavia IGT 2007 13,5%
Rubino intenso, dall’unghia fitta ancora giovanile. È un vino che parla di frutta, di lampone, e conferma ancora una volta la “mano” aziendale, che predilige vini in cui la nota dominante è la maturità piena del frutto accostata alla vena sapida. 10,5 euro.

Antonio BaruffaldiCampo Castagna Pinot nero dell’Oltrepo Pavese DOC 2010 (13,5%)
Rubino trasparente, ha un naso marino, fine, con forse un filo di alcolicità in evidenza; in bocca è setoso, morbido, lungo, con note pepate al retronasale, unite alla componente fruttata, che si fondono in una percezione gustativa lunghissima. In vendita a 11,80 euro in azienda.

In mezzo alle degustazioni, ci raggiunge Antonio Baruffaldi, enologo; porta in assaggio una bottiglia di Metodo Classico ancora da sboccare: un’anteprima inattesa per testare insieme lo stato evolutivo del prossimo vino aziendale, ancora in fase di preparazione. La bottiglia è dell’annata 2012 con tirage effettuato a maggio 2013. Il tirage viene fatto aggiungendo lo stesso mosto, ed è quindi definibile come spumante ancestrale. L’uvaggio è 75% pinot nero e 25% chardonnay. Al colore, dietro le velature dei lieviti, si mostra giallo paglierino, al naso esprime crosta di pane, fieno, frutta; in bocca è cremoso, vinoso, caldo, con note di pasticceria. Dopo una mezz’ora dall’apertura, i lieviti sono saliti completamente in sospensione, il vino è radicalmente cambiato, divenendo ancora più cremoso e morbido. Un’emozione rara: condividere con i produttori un momento così importante come l’assaggio di un vino in divenire, che ancora non è in commercio, per osservarne le potenzialità, l’evoluzione, il rapporto con il tempo.

Il birrificio
birra Stuvenagh 1
Verrebbe da restare davanti a quelle bollicine ancora un po’, ma il tempo purtroppo è tiranno e pretende che io ritorni verso la pianura. Ma c’è ancora un’occasione per approfittare della splendida accoglienza della famiglia Baruffaldi per visitare anche l’ultima novità sorta all’ombra del castello. Poco distante, vicino alla strada che porta a Fortunago, c’è il Birrificio Stüvenagh, con l’edificio di produzione, e il pub. Alla guida, la nuova generazione, con Jacopo, figlio di Giacomo a gestire il pub, e Ambrogio, il mastro birraio. Orzo autoprodotto (per adesso maltato all’esterno), coriandolo e altre spezie coltivate sul posto, scarti di lavorazione impiegati nella filiera dei suini… ecco qua il neonato Birrificio Stüvenagh (dall’antico nome di Stefanago), che tende anch’esso a realizzare una filiera produttiva completa. Al momento è in produzione una Kolsch da 4,6 gradi, beverina e rotonda, poco luppolata, poi arriverà una red ale e un’altra ancora, per arrivare a tre birre di base, più le stagionali, sempre con l’obiettivo di realizzare tutto all’interno della tenuta.

fratelli Baruffaldi«Cinque generazioni di esperienza su un territorio sono una ricchezza enorme. Bisogna conoscere il proprio territorio, e insieme a questo, non smettere mai di sperimentare».

Queste le linee guida di Giacomo e Antonio Baruffaldi; la loro azienda ha idee chiare e linee guida ben delineate: rispetto del territorio, azienda polivalente tendente al ciclo chiuso, linea stilistica dei vini mirata all’integrità e alla maturità del frutto. Un punto di riferimento in Oltrepò Pavese per conoscere appieno un territorio dalle potenzialità qualitative enormi.

 

Contatti:

Castello di Stefanago azienda agricola, vitivinicola, agrituristica
loc. Castello di Stefanago, 27040 Borgo Priolo (PV)
www.castellodistefanago.it
tel. +39 0383 875227 – +39 335 6992052 27040
info e acquisto vini: info@castellodistefanago.it

Birrificio Stüvenagh
Località La Boatta-Castello di Stefanago
27040 Borgo Priolo (PV)
tel +39 0383 875227
www.stuvenagh.com
mail: stuvenagh@gmail.com

GALLERIA

 

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

2 COMMENTS

  1. Che articolo! Una piccola enciclopedia del territorio e del produttore. Bravissimo!
    Ho conosciuto Giacomo ieri sera al Vinodromo, bella persona e ottimi vini! Assaggiato il metodo Ancestrale e il Riesling e devo dire che mi ritrovo nelle tue parole. Per altro dopo l’articolo sul Banino di San Colombano un altro articolo “di nicchia” che parla di vini che mi piacciono molto;)

    un saluto

    Massimo

  2. Grazie Massimo!
    Eh sì questi sono vini in piccole tirature, che bisogna un po’ andarli a scovare. E il modo migliore per farlo è… girare il territorio, anzi “assaggiare” il territorio!

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