Alla cieca. Cinque affinamenti per un bicchiere di Pietrisco

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Castione Andevenno (Sondrio, Valtellina). 19 ottobre 2014; è domenica mattina, e nella cantina dell’Azienda Agricola Boffalora di Giuseppe Guglielmo c’è calma. Oggi la giornata è splendida, molti stanno vendemmiando o hanno già vendemmiato. Giuseppe ha deciso invece di aspettare ancora alcuni giorni per raccogliere le uve del suo Pietrisco, affidandosi alle previsioni meteo che annunciano finalmente una settimana filata di sole.

Pietrisco cielo

Giuseppe mi propone una prova. Testare alla cieca cinque campioni di Pietrisco 2013, ancora in fase di affinamento. Cinque campioni prelevati da contenitori differenti, ma originati tutti dalle stesse uve, quelle di nebbiolo della selezione aziendale atte a divenire Valtellina Superiore Pietrisco. La prova gli servirà ad avere un parere sul blend dei legni d’affinamento che ha deciso di utilizzare per l’affinamento del suo vino di punta dell’annata 2013.

pietriscoAccetto volentieri il test, e preparo il blocchetto degli appunti. Mi sistemo fuori, al sole, dove il vino possa prendere un po’ di calore e riscaldarsi rispetto alla temperatura di cantina; preparo cinque numeri e li applico ai bicchieri, poi Giuseppe sparisce in cantina e mi porta man mano i campioni, senza far trapelare nulla.

Prima di iniziare con il racconto degli assaggi, è il caso di inquadrare l’annata 2013 in Valtellina, nello specifico nel comune di Castione Andevenno, dove si trovano le vigne del Pietrisco. Si è trattato di una buona annata, sia per la quantità sia per la qualità delle uve, resa però difficile dal meteo in fase di vendemmia: nel periodo di raccolta infatti ci sono state frequenti piogge che hanno costretto a numerosi stop. Giuseppe racconta: «Non ho mai fatto così tante vasche di fermentazione diverse. Raccoglievamo l’uva, poi pioveva e per tre giorni dovevamo aspettare che asciugasse… È stata una vendemmia difficile. Ma le uve erano molto belle. Abbiamo finito di vendemmiare il 9 novembre.»
Lo stile di vinificazione di Giuseppe punta a limitare gli interventi: una piccola quantità di solforosa alla pigiatura, fermentazione spontanea con i lieviti indigeni, fermentazione di 14-15 giorni, poi fino a marzo il vino resta in acciaio, dove svolge la malolattica, senza travasi, in ambiente di riduzione.
“Se il vino non manifesta particolari esigenze, tendo a fare un solo travaso, nel momento del passaggio in legno: ogni travaso infatti comporta l’aggiunta di solforosa, e io punto a metterne la minor quantità possibile. Preferisco infatti in questa fase una leggera riduzione piuttosto che aggiungere altra solforosa.

Ecco le note di assaggio sui 5 campioni
Nebbiolo 100% da uve del comune di Castione Andevenno, nell’area Valtellina Superiore DOCG.

Colore
I campioni 1, 2, 4 hanno il colore più trasparente, classico nebbiolesco, con unghia di color rubino lieve. Il 3 e 5 sono più scuri, e in assoluto il 5 è il più scuro di tutti, con unghia più carica tendente al porpora, il 4 quello più scarico.

barriqueNaso
Campione 1
Fresco e lieve di frutti, vellutato e raffinato, nebbiolesco per eccellenza, di gran classe. Arioso, aperto. Nessuna scontrosità data dalla gioventù del vino, che si presenta già ottimo.

Campione 2
Più segnato dal legno, poi note di cuoio. Il frutto fa fatica a emergere, poi appare anche qui, ma è più nascosto dal legno. Ha bisogno di ossigenarsi nel bicchiere. Morbido ma ancora una certa “crudità” al naso.

Campione 3
Ancora in divenire. Anche qui si direbbe in fase cruda, il frutto è un po’ irrigidito, emerge dopo una leggera ossigenazione. La presenza del legno è ancora assai evidente. In sottofondo, bella nota di cuoio e tabacco.

Campione 4
Simile all’1 ma con un pizzico di complessità in più; frutti rossi e in più una lieve nota vegetale, poi una nota di talco.

Campione 5
C’è ancora in atto un residuo di malolattica, qualcosa che punge le narici; è un naso ancora tutto da assestare. Il frutto bicchier Pietriscoè nascosto da note animali, leggera traccia di riduzione.

In bocca
Campione 1
Giovanissimo, tannico (tannino di buona finezza), ben sviluppato. Frutti rossi freschi, con una buona persistenza gustativa. Giovane e vitale.

Campione 2
Note più amare in prima battuta, poi note legnose, sviluppo e persistenza in bocca più lunga del campione 1; finale amarognolo. Si direbbe un vino che è ancora “da farsi”.

Campione 3
Tannino più ispido e secco. Sviluppo in bocca più compresso e sfuggente, ha una minore persistenza al palato.

Campione 4
Vino più lieve, si coglie una netta somiglianza con il campione 1, tannino presente ma fine. Frutto in evidenza, buona lunghezza e finale amarognolo fresco.

barrique MittelbergerCampione 5
Segnato dalla nota ridotta. In sottofondo note animali. Tannino molto astringente. Vino nervoso, ruvido.

Sveliamo i campioni

Campione 1
Barrique esausta – Tonnellerie Remond (Francia)

Campione 2
Barrique nuova – manifattura Mittelberger (Bolzano)

Campione 3
Tonneau nuovo – Mittelberger

Campione 4
Botte grande troncoconica da 20 hl – Garbellotto (Conegliano)

Campione 5
Barrique esausta francese*

*Una nota a margine: il campione 5 era un “check”, un campione extra che non verrà utilizzato nel taglio. Si trattava infatti del vino ottenuto dalla torchiatura (con pressione da 100 a 300 bar) dalla svinatura del Pietrisco. Il campione aveva appena finito la malolattica. Si capiscono quindi le nette differenze e la rusticità molto più spiccata rispetto agli altri campioni.

colmatore botteTirando le somme

La prima cosa interessante che emerge da un confronto come questo, è quante differenze possano emergere dopo un anno di affinamento dello stesso vino in contenitori di dimensioni ed età differenti. In alcuni casi si ha un vino già pronto, in altri casi invece l’affinamento è più lento. I contenitori nuovi, su un nebbiolo fine come questo rivelano un impatto assai deciso, che avrà bisogno di tempo per essere assorbito. Sembra che la strada della barrique esausta e quella del tino da 20 hl dia al vino una espressività più piena fin dal primo anno di affinamento.

A fine degustazione chiedo a Giuseppe di sintetizzare la sua idea sull’uso dei legni per l’affinamento del Valtellina Superiore.
«Che idea mi sono fatto dei diversi legni di affinamento? Che non ci sono mai delle regole codificate, che in questo campo non hai mai delle ricette predefinite che ti danno risultati certi. Anche quello che ti può dire un produttore di barriques per esempio, è solo un input teorico: va poi messo alla prova dei fatti con il tuo vino, con l’annata, con la tua sensibilità. Finché non si prova non si può sapere l’effetto che un contenitore ha sul tuo vino. Nella mia esperienza, noto quanto sia grande l’importanza del blend di diversi contenitori, per forma e per numero di passaggi che hanno alle spalle. Di sicuro, sul mio vino, per i contenitori piccoli come le barriques preferisco che abbiano fatto già vari passaggi, per non marcare eccessivamente il risultato finale».

botte Garbellotto«In definitiva per te qual è la principale funzione dei legni nell’affinamento?»

«Fondamentalmente è la microossigenazione. L’acciaio infatti è un contenitore che non dà niente, impedisce al vino la sua naturale evoluzione. Per questo è importante lo scambio che può dare il legno. Poi ci sono vari stili, c’è chi ama un vino più segnato dal rovere e chi meno; l’importante è che il vino sia pulito e non abbia squilibri».

Azienda Agricola Boffalora
Via Balzarro 48c – 23012 – Castione Andevenno (SO)
aziendagricolaboffalora@gmail.com
Telefono: +39 347 489 2385

 

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Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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