Qui Londra/”Pellegrini del giorno” al Borough Market

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Schermata 2015-02-12 a 10.23.56LONDRA – Sarà segno di italico provincialismo, ma questa Southbank a Londra ci ricorda un po’ i “Tras” o gli “Oltre” fiume che nelle nostre città indicano spesso vita cittadina più vera e magari un filo alternativa: i grandi monumenti e le attrazioni si intravedono dall’altra parte e le frotte di turisti che sciamano dall’uno all’altro sono distanza di sicurezza. Da questa parte panchine, moli, ristoranti che si affacciano sulle rive, gli immancabili runners e gli appassionati di arte moderna/contemporanea diretti alla Tate Modern.

IFLa stella polare per arrivare al Borough Market è The Shard, l’altissima “scheggia” di Renzo Piano che finisce con una punta aguzza ed incompiuta. Arrivati, si capisce subito una cosa. Che sotto questa struttura ampia, alta, di un verde scuro molto ecologico c’è un mercato vero, o meglio classico, quello in cui si compra e non si mangia, o si mangia poco e scomodamente. Ossia, non è un mercato del mangia-mangia, come possono essere quelli madrilenos di San Miguel o il San Antón di Chueca, o come il più recente San Lorenzo di Firenze dove spicca l’orgoglio e l’esibizione di due nazioni forti della miriade di prodotti tipici e di preparazioni tradizionali, e nei quali una visita stile full immersion può far imparare (mangiando) tanto in poco tempo (un tanto che va assimilato poi con calma, però) oltreché, ovviamente, dare tante belle soddisfazioni al palato.

IFAl Borough c’è invece il quartier generale alimentare, certo ben configurato in modo da essere leggibile e fruibile dalla specie dei moderni foodies ed anche dai fotografatori compulsivi orientali e non, di una nazione che fu impero e che ambisce ad essere ancora potente e rispettata selezionatrice di quello che di buono c’è in giro per l’Europa e nel mondo seguendo gusti e trend, e sentendo di avere l’autorità di definire scale di valori.  Ecco, in questo senso vale la pena scoprire quale è la scala dei valori gastronomici inglesi, setacciando in lungo ed in largo i banchi popolati di artigiani affabili e che non hanno l’atteggiamento cerimonioso e un po’ sacrale che spesso si osserva qui da noi, di chi sembra ti stia vendendo l’oro colato.

IFIl primo banco che si incontra e che si fa notare è quello “vegan”, che poi sarebbero verdure, marmellate, succhi ed acque aromatizzate agli agrumi. Tante carotine di tutti i colori, cavoletti di Bruxelles, zucche, tutto molto colorato, ordinato, un po’ mignon. All’opposto, ci sono i piccioni, ma anche fagiani in bella vista e la carne di cervo delle Highland. Nel banco del pesce quelli che attirano di più sono gli affumicati, bellissime le aringhe che, elaborate secondo antiche tradizioni, vengono dall’isola di Man.

Per quanto riguarda i formaggi, non c’è che l’imbarazzo della scelta. IFForse i più scenografici sono gli svizzeri e francesi di Mons Cheesemongers. Hervé Mons, affinatore alla terza generazione con sede nella Loira, è famoso per i suoi buonissimi Mont d’Or e Beaufort Alpage, quest’ultimo esposto qui in forme spettacolari, come sono spettacolari le forme di Salers de Buron (Auvergne) e di Blue de Termignon da latte vaccino crudo prodotto nelle montagne della Savoia. A proposito, par di intravedere qui il buon momento che vivono gli erborinati, a partire naturalmente dallo Stilton, passando per il Roquefort ed arrivando al Gorgonzola, ma ogni produttore fa il suo “blue”. Poi, ancora gli svizzeri di Jumi (contrazione di Juerg e Mike) dalla regione di Emmental.

IFEd proprio è sui formaggi che si scatena l’orgoglio british; allo stand di Alsop&Walker questi artisan cheese makers del Sussex orientale ci dicono che sono gli inglesi ad averne la più grande varietà, ma non c’è sufficiente consumo e le produzioni rimangono minime e sconosciute. Ampia la loro gamma di produzione a latte vaccino, e sono formaggi dolci, godibili, a trama finissima e della consistenza del burro, con profumi che vanno dal latte alla nocciola a seconda della stagionatura. E poi c’è il “mitico” Wildes Cheese, instancabile e interessantissimo “twittatore” (@wildescheese), dove si selezionano formaggi da piccoli produttori inglesi, fra cui l’Alexandra, a pasta seimidura e molto penetrante, e il “blue-not-blue” Howard.

IFE l’Italia? La gloria italiana è diffusa sotto varie forme e dà l’idea, se ce ne fosse bisogno, di quanto sia ricco e diversificato il nostro patrimonio di materie prime. Forse un po’ defilato il comparto formaggi (ci sono le mozzarelle di bufala) ma poi c’è il tartufo (“Smell me”), i “mountain salami”, ossia speck e salumi dall’Alto Adige, nello spazio dedicato all’olio di oliva si parla la nostra lingua. Ma la sua vetrina è soprattutto è Gastronomica, una bella selezione delle nostre risorse, che ha la punta di diamante nei “panini” celebrati anche sulla Lonely Planet, che invogliano con i colori mediterranei del prosciutto e della bresaola, della mozzarella e del pomodoro. E il successo di pubblico è innegabile.

riso-paella-RE poi, alla fine, si mangia anche qualcosa. Anche se come si diceva all’inizio siamo lontano dal modello del mercato “mangia-mangia”, anche il Borough si concede qualche cibo preparato: uno dei colorati risi in versione risotto, vietnamita e paella, un fish&chips da asporto, o una delle zuppe di verdure, di funghi o  di pollo versione “thai” di Turnips. In piedi, e con dignitosa compostezza.

Borough Market
Southwark Street, 8 – London
http://boroughmarket.org.uk/
Twitter: @boroughmarket

 

galleria fotografica

Riccardo Farchioni

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