Badia di Dulzago. Un sabato d’inizio maggio tra le risaie del novarese

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Tra aprile e maggio il paesaggio delle pianure tra Milano e Torino si trasforma di giorno in giorno: una specie di prodigio ben visibile anche passando lungo l’autostrada. La terra scura dei campi, ben arata e livellata, viene progressivamente allagata: inizia il ciclo del riso. Perché non approfittare di una bella giornata per lasciare l’autostrada e addentrarsi nel silenzio della campagna, ad ammirare lo spettacolo delle risaie appena allagate? Gli itinerari possibili sono tanti, dalla Lomellina pavese alle vaste pianure vercellesi, dal lodigiano all’ovest milanese, dalle campagne attorno al Ticino fino alla fascia pedemontana della Baraggia biellese.
dulzago verso nord

Complice una dritta “mangereccia” delle Osterie d’Italia di Slow Food si può ad esempio decidere di lasciare l’A4, la Torino-Milano all’altezza di Novara Ovest, e puntare a nord, verso angoli poco conosciuti come Badia di Dulzago, un minuscolo borgo di origini abbaziali sorto nel XII secolo, dalle caratteristiche prettamente agricole. Sorge su un rilievo morenico, e a vederlo da lontano sembra proprio che galleggi sopra la distesa delle risaie che lo circondano. La voce di Wikipedia che la riguarda dà già nella prima riga un’idea delle dimensioni di questo borgo: “Badia di Dulzago è una frazione di circa 14 abitanti del comune di Bellinzago Novarese, in Provincia di Novara.” Già, 14 abitanti. Un tempo, quando le lavorazioni del riso erano condotte manualmente, erano molti di più, e la borgata era attrezzata ad ospitare i “pigionanti” (contadini a pigione), in apposite strutture porticate. Ancora oggi nel cortile riservato ai lavoratori si possono vedere le stalle dei suini: per ogni pigionante corrispondeva una postazione, in quanto ogni operaio aveva diritto a un suino da ingrassare.

cortile Dulzago

Grazie alla forza motrice data da un fontanile che scorre abbondante presso il borgo, la Badia era attrezzata per svolgere tutto il ciclo delle lavorazioni del riso: ancora oggi si può vedere quel che rimane della ruota in ferro che trasmetteva il moto all’impianto risicolo. Qui, date le grandi quantità di riso lavorate, si concentravano tutte quelle operazioni che tradizionalmente erano fatte dai contadini sull’aia: la trebbiatura (separazione dei chicchi di riso dalla spiga), essiccazione e pilatura (separazione dell’involucro esterno del chicco di riso, mediante l’azione alternata di un palo di legno all’interno di pile di granito). L’acqua per le risaie qua intorno non proviene dal Ticino (che scorre circa 25 metri più in basso sul livello del mare, a est), ma fa un percorso più diretto, e proviene dalle vicine montagne affiorando per risorgiva, o attraverso il torrente Terdoppio.

fontanile Dulzago

Oggi il borgo sembra incantato, in una dimensione fuori dal tempo. Vi si arriva costeggiando strette vie in mezzo alle risaie, e facendo levare in volo qualche trampoliere rimasto a beccare lombrichi al bordo della strada; appena spenta la macchina fuori dalle mura del paese, si viene colpiti dal silenzio. Arrivando al mezzogiorno, sembra che tutto sia fermo, quasi un paese di spiriti. Si passa un arco in mattoni e si entra nei cortili del borgo, dove gli abitanti hanno sistemato cartelli informativi che spiegano le funzioni dei diversi edifici. Si ha una curiosa idea di accoglienza, di apertura: anche se non c’è nessuno in giro, tutto è visitabile, i cortili sono aperti, e i cartelli guidano il visitatore raccontando la storia del borgo. Fuori da una casa, c’è un tavolo con un cestino di uova e un cartello: “Dal produttore al consumatore. Self service: avvolgi, paghi e porti via. 30 centesimi ogni uovo”. C’è la carta del giornale per avvolgere le uova e il cestino per gli spiccioli (tutto libero; ci si fa il resto da soli!). Ogni tanto si affaccia il simpatico padrone di casa per rifornire le uova, e fare quattro chiacchiere con i passanti.

uova self service

Addentrandosi tra i cortili, davanti alla chiesetta (purtroppo dell’originale romanica non è rimasto niente) si sentono gli unici rumori del paesino: son rumori ben noti al goloso, provengono dalle cucine dell’Osteria San Giulio. Una istituzione della cucina novarese. Ambiente d’antan, immutato da anni, una veranda con vista sulle risaie, servizio cordiale e efficiente, ai tavoli capita di vedere anziani del circondario che vengono qua a mangiare come dio comanda, concludendo il pasto coll’immancabile grappino. Tra gli antipasti, la sfoglia di peperoni in bagna caoda, i salumi tradizionali, tra cui quelli d’asino, o quelli impastati col vino, il lardo, la torta salata calda; tra i primi gli agnolotti al sugo d’arrosto, in porzioni davvero abbondanti. Ma il vero monumento alla gastronomia locale è la paniscia novarese, piatto scacciafame per eccellenza, per palati tosti. È una tipologia di risotto (per farlo, qui usano la varietà Roma, con chicchi grossi e lunghi che non scuociono), cotto con fagioli borlotti, vino rosso, carota, cipolla, lardo, grana… Insomma, per affrontare un piattone di paniscia ben fatta come portano qui, bisogna darsi da fare parecchio, ma è come gustare un pezzo di storia contadina: è ruvido, pieno e appagante. E ci vuole un bel bicchiere di rosso da accompagnamento, come ad esempio il nebbiolo Colline novaresi Agamium degli Antichi Vigneti di Cantalupo, di Ghemme. Viene servita l’annata 2008, quindi con una giusta dose d’invecchiamento, ideale per assaporare bene un nebbiolo dell’alto Piemonte. Per chi vuole continuare con i secondi, ecco l’anatra al timo e limone, la sella di maiale da latte, la trippa alla parmigiana. Anche i dolci non deludono, e per gli appassionati, l’ammazzacaffè è una grappa spillata da una botticella con uva passa in infusione. Un posto in cui si tornerebbe sempre.

badia di Dulzago

Per terminare la visita alla Badia di Dulzago, non si può non fare un po’ di scorta di riso allo spaccio dell’Azienda agricola di Franco Apostolo. Qui si trovano i suoi risi coltivati nei campi intorno, sia nelle confezioni sottovuoto, sia in quelle colorate e tradizionali ricavate dagli scampoli dei tessuti: Carnaroli, Baldo, Roma, Sant’Andrea, Ribe… E poi salumi, marmellate, formaggi, grissini di aziende vicine.

San Gaudenzio Novara

Storia, civiltà contadina, gastronomia, paesaggi. L’orizzonte qui sembra infinito, con le Alpi innevate a nord e il campanile di San Gaudenzio di Novara che fa capolino a sud. La Badia di Dulzago merita il viaggio, meglio se in bicicletta, per godere appieno di questo cielo che si specchia nelle risaie, del silenzio, del volo lento degli aironi.

Link utili:

Mappa Google
http://www.badiadidulzago.it
http://www.osteriasangiulio.it
http://www.aziendagricolapostolo.it

GALLERIA DELLE IMMAGINI

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

2 COMMENTS

  1. E bravo Paolo! Un alto posto carino da andare a vedere. La cosa che mi è piaciuta di più? La possibilità per i pigionanti di allevarsi un suino!

  2. Ottima descrizione, piacevole da leggersi per un luogo che ho recentemente scoperto, nonostante si trovi a poco più di mezz’ora d’automobile da casa mia.
    È la terza volta che ci ritorno ad acquistare riso ed uova ( nel self service), e l’atmosfera che si vive è proprio quella descritta da Paolo. La prossima sarà in primavera , magari con una puntatina all’osteria…..

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