Agriturismo Maso Santa Libera. Il Trentino che ti ricarica le batterie

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Tesero, val di Fiemme. Mille metri d’altitudine con il massiccio dolomitico del Latemar alle spalle e i monti del Lagorai di fronte. Appena oltrepassato il rio Stava iniziano le rampe durissime che portano all’Alpe di Pampeago, dove per gli amanti del ciclismo Pantani nel 1999 compì una delle sue imprese epiche. E poco fuori del paese, al termine di una viuzza, si trova il Maso Santa Libera. Definirlo semplicemente bed & breakfast è fin troppo riduttivo: per chi ha la fortuna di prenotare una stanza, questo è un posto dove ricaricare le batterie.

Maso Santa Libera esterno

Poche camere dall’ambiente caldo, rivestite in legno di larice, e l’accoglienza di Katia: lei porta avanti la gestione del bed & breakfast (le danno una mano anche le figlie Valeria e Martina, di 13 e 10 anni, con la piccola Anna di 2 anni a fare la mascotte elargendo sorrisoni a tutti), mentre il marito Kristian si dedica anima e corpo agli animali che forniscono le materie prime per le colazioni degli ospiti e alla produzione dei formaggi e della carne, molto ambiti dai ristoranti della vallata.

Quello che è bello, in questa piccola azienda familiare, è che potrebbe essere considerato un modello da studiare di piena integrazione tra agricoltura e turismo. In Val di Fiemme il ciclo dell’anno turistico è infatti concentrato su due periodi di punta, l’estate e la stagione sciistica, con periodi di bassa affluenza nel resto dell’anno: andare avanti solo con il b&b non sarebbe economico. Ecco che allora si integra con l’attività agricola e di allevamento, che si sviluppa invece lungo tutto l’anno. Kristian infatti produce patate, alleva mucche da latte di razza Grigio Alpina (non molte, per poter fare tutto internamente), vitelli da carne, pecore (di razza Suffolk) e agnelli. E si occupa in prima persona anche della fienagione e dell’immagazzinamento delle scorte per il periodo freddo.

pascolo

Il ciclo delle stagioni detta le attività: in primavera è il tempo della semina delle patate e il momento di portare i vitelli da carne e le pecore in alpeggio, dove resteranno liberi a brucare i ricchi pascoli di Pampeago. Segue poi la fienagione, il raccolto delle patate, e contemporaneamente, presso il Maso, la quotidiana mungitura delle vacche da latte, per produrre latte fresco e yogurt per gli ospiti, ma anche tomini e formaggi di diverse stagionature.

Katia, dal canto suo, ogni giorno sforna i panini e le torte per le colazioni, e riesce a imbandire un tavolo che è una vera meraviglia per l’ospite goloso: marmellate fatte in casa, ricotta freschissima, burro e yogurt, latte, cereali, succhi di frutta, oltre ai profumati kaminwurst (salamini affumicati) di carne di pecora e maiale, la pancetta, il prosciutto, lo speck e i formaggi freschi e stagionati. Tutto rigorosamente fatto in modo artigianale, dal gusto pieno e forte, e tutto biologico, per una profonda convinzione di attenzione e rispetto per il territorio e per gli animali.

colazione

Racconta Katia: «Io dico sempre: in natura tutto è collegato: le nostre mucche producono 15 litri di latte al giorno ciascuna; in pianura, negli allevamenti in batteria, si arriva a 50 litri di latte. Ma quelle povere mucche “da competizione” fanno una vita tremenda: dopo quattro anni di vita sono esauste, e vengono macellate. Le nostre “ragazze”, le puoi vedere, se ne stanno tutto il giorno al pascolo sopra il maso, sono mucche felici, e anche il loro latte è chiaro che è diverso!»

Certo, le dimensioni aziendali non consentono di ingrandirsi ulteriormente.
«L’allevamento è una cosa delicata; qua in valle è importante, ma c’è da stare attenti a mantenere una dimensione produttiva che rispetti le caratteristiche del posto: se allevi troppi capi, poi hai la contropartita degli scarti da gestire, e quello è un discorso molto complesso per l’ecosistema, basta pensare alle api…»

Cosa c’entrano le api e l’allevamento bovino? La cosa si fa interessante, e schiude un problema molto importante da affrontare.
«Tutto è collegato. Se allevi tanti bovini poi hai i liquami da smaltire: e li smaltisci sui prati dove raccoglierai il foraggio. Ma il liquame non è un fertilizzante buono come il letame maturo, anzi: avete sentito che odore quando si spandono i liquami nei campi? Ecco, quel liquame soffoca il terreno, e non nascono più i fiori. Se ci fate caso, molti prati della valle hanno solo erba, non più i fiori. Ce ne siamo resi conto quando allevavamo le api; non trovavano più fiori da bottinare, si indebolivano… E da due anni abbiamo smesso di tenere le api; non ci sono più le condizioni, anche in una valle pulita come questa».

cane pastore

Quindi l’allevamento intensivo crea scarti che non possono esser fatti maturare nei tempi dovuti, e che impoveriscono il terreno della biodiversità. Questo si ripercuote sulle api, che a loro volta non impollinano più le piante… Tutto si tiene in natura, eppure per rendersene conto a volte servono più gli esempi che ti possono dare persone concrete come Katia e Kristian, più di tante parole ripetute in televisione.

Al tramonto, al Maso si assiste a una simpatica parata: le sette mucche da latte, dopo il richiamo del cane, rientrano piano piano verso la stalla in fila indiana, tranquille.
Kristian è già pronto per la mungitura. Per i bambini è una bella esperienza da fare, vedere come nasce il latte. E mentre Kristian avvicenda una mucca dopo l’altra all’attrezzo per la mungitura, ti racconta qualche aneddoto della vita di quegli animali, che nel mentre ti guardano con i loro occhi pacifici.

rientro per la mungitura

Ad esempio la storia della vitella Frau, una vitella di un anno, che in questa primavera se l’è vista brutta; nel periodo dell’alpeggio in alta montagna, è caduta in una buca senza nessuna possibilità di potersi muovere, e nemmeno di farsi sentire attraverso la campana attaccata al collo, bloccata. Per una settimana l’hanno cercata dappertutto, e quando ormai la credevano morta, un cane l’ha trovata, ormai stremata di sete e di fatica, con profondi tagli che si era creata cercando di divincolarsi. L’hanno portato al maso, in condizioni disperate, cercando di curarla al meglio. Martina l’ha subito presa a cuore: ogni giorno la medica con olio di iperico, la riempie d’affetto, e lei risponde: ormai le sue ferite si sono sistemate, e ogni tanto si può anche permettere una passeggiata insieme alla sua piccola infermiera.

Il Maso è un piccolo angolo di Trentino dove poter “ricaricare le batterie”, dove si percepisce un grande amore per la natura, per il lavoro della terra, per il ciclo delle stagioni.
E per chi vuole approfittare per assaggiare i prodotti di Santa Libera, ci sono due modi: andare direttamente al maso a Tesero (che è a pochi chilometri da Cavalese) oppure assaporarli trasformati da alcuni indirizzi gastronomici trentini, come ad esempio:
-l’Osteria Morelli dell’eclettico Fiorenzo Varisco, a Canezza di Pergine Valsugana
-l’Osteria de l’Acquarol, a Panchià di Fiemme, vicino Predazzo, con la mano raffinata di Alessandro Bellingeri
-l’Osteria la Cantinetta di Varena di Cavalese, con cucina tradizionale solida e ben realizzata.

 

Qui, i riferimenti del Maso:
Maso Santa Libera
Bed & Breakfast-Agriturismo, di Katia Paluselli
Via Santa Libera, 16, 38038 Tesero TN
tel. 0462 814047
http://www.masosantalibera.it
e-mail: masosantalibera@hotmail.it
Le foto dell’alpeggio e della produzione dei formaggi sono gentilmente fornite da Katia Paluselli.

GALLERIA DI IMMAGINI

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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