La prospettiva del bufalo 2015. Vini fuori dal coro: Friuli

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La prospettiva del bufaloInutile negarlo, la girandola infernale degli assaggi “guidaioli” estivi mi stordisce. Mi stordisce straniandomi. Le migliaia di vini sorseggiati e commentati diventano sogno e ossessione, e mi catapultano in una strana dimensione psicofisica, a metà strada fra amaro disincanto e ardore agonistico. Ci vuole tempo per digerire tutto, per risalire all’aria dopo la lunga apnea enoica. Ci vuole tempo per elaborare e raccogliere i segni utili per una scrittura che possa considerarsi arricchita, maggiormente consapevole o ispirata. Per ritrovare il senso di un lavoro tanto maniacale quanto straniante.

Un aspetto che mi conforta e che stimola sempre aspettative nuove è quello che riguarda il lato oscuro della ribalta, tutto ciò che sta in penombra. Quella fitta rete di vignaioli e di piccoli-grandi vini che per una ragione o per l’altra non hanno ancora i riflettori della notorietà puntati addosso. Perché sono ancora troppo pochi coloro che li riconoscono per quanto valgono, perché magari trattasi di giovani realtà, perché la comunicazione è quella che è, perché la diffusione è quella che è. Perché dei riflettori, forse, potrebbe fregargliene il giusto.

Insomma, non si vive di soli nomi noti, ecco. Una consapevolezza questa che mi aiuta a riemergere dal cono d’ombra tipico del criticone, abitato da pedisseque e micragnose puntualizzazioni notarili, quasi a tarpare le ali alla spontaneità e al mero trasporto emozionale. Ed è per questo che invariabilmente mi prende la voglia di parlare dei vini fuori dal coro, dei vini obliqui, dei vini che non ti aspetti, di quelli che non conoscevi, di quelli che scartano di lato (come il bufalo, ci direbbe De Gregori), di quelli che- indipendentemente dal tasso di complessità- disegnano traiettorie stilistiche con le quali è bello averci a che fare. Di quelli che ti attraggono e non sai perché. O forse lo sai ma non ti importa di spiegarne i motivi.

Questi piccoli pezzi, quasi fossero schizzi impressionisti, sono dedicati a quei vignaioli lì, a quei vini lì. Con la speranza di instillare un briciolo di curiosità in più nei coraggiosi lettori. O di poter diventare tutti un po’ più bufali.

FRIULI

Collio Ribolla Gialla 2014 – Kitzmuller Thomas (€ 9/10)

Kitzmuller_logoCome un fulmine a ciel sereno, da poche stagioni è apparso sulla scena enoica friulana Thomas Kitzmuller, un vignaiolo con le idee chiare in testa e con un buon patrimonio di vecchie vigne, parzialmente allevate a cappuccina, ai confini fra Collio e Isonzo. Idee esclusivamente riservate, peraltro, alla sacra triade dell’ortodossia enologica dei luoghi: friulano (ex tocai), malvasia istriana e ribolla gialla, qui tradotte in altrettante etichette di nitida messa a fuoco stilistica a cui neanche una vendemmia insidiosa come la 2014 ne ha scalfito le aspirazioni. Così, mi piace ricordare questa Ribolla “acciaiosa” fiera e baldanzosa, reattiva e saporita, per una volta assai distante dalla dimensione sempliciotta e inoffensiva che accomuna le tante Ribolle che girano intorno. Non sono vini profumati e “svolazzanti”, quello no. Sono vini di bocca, che in questo caso risolvono in schiettezza e contrappunto gustativo le sollecitazioni di una annata poco matura, con il pungolo costante di un’acidità fremente a sostenerne (e a stimolarne) la beva. Sono vini dal temperamento furlan, questo è, senza moine, saldi, rigorosi. Quanto basta all’immedesimazione e alla piena dignità territoriale.

Collio Malvasia 2014 – Picéch Roberto (€ 14/16)

Picech_logoLa collina di Pradis, con i suoi suoli di ponca, resta una delle culle ideali per la Malvasia Istriana, non ci sono santi. Un matrimonio d’amore che trova evidenza in bianchi carnosi, fibrosi, dritti, nelle versioni migliori in grado di accomodare pienezza strutturale e calore alcolico nell’esclusivo conforto di una trama salda illuminata da una spiccata vena sapida e punteggiata da note di fiori di campo, erbette aromatiche e spezie. Nell’ambito di una produzione per niente omologata a cui appartiene la veracità, la Malvasia 2014 di Roberto Picéch si erge a cavallo di razza e trova la quadra grazie ad una bocca traboccante autenticità. Una bocca quale monumento alla salinità. Una bocca scolpita nel sale. A chi intendesse avvicinarsi alla più schietta essenzialità del vino friulano, conviene che si affacci dalle parti di Pradis e bussi alla porta di Roberto, figlio di Egidio, l’indimenticato “ribèl”, la cui nomea e la cui testarda combattività, governate da una inesauribile bontà d’animo, sono ancora impigliate nei ricordi appassionati della gente di Cormòns.

Collio Malvasia Vigna 80 anni 2014 – I Clivi  ( € 19/22)

I Clivi_logoPer una volta voglio passare sopra al fatto che questo schivo ma sensibile produttore si sia ormai ritagliato un posto al sole nel panorama regionale, approdando stabilmente ai vertici qualitativi quanto ad espressività e caratterizzazione della gamma proposta. In altre parole, passo sopra al fatto che I Clivi non dovrebbe comparire in una “prospettiva del bufalo”. Perché a parer mio è uno dei nomi che contano, ineludibili per tracciare le rotte del vino d’autore contemporaneo. Detto ciò, mi sto rendendo conto che la fama e la chiara riconoscibilità di un talento non sono ancora così affermate e condivise. Vuoi perché qua e là resiste una frangia di detrattori che non entrano in sintonia con lo stile dei vini, o perlomeno di alcuni vini, quelli magari giocati (sapientemente) sull’ossidazione controllata. Vuoi perché mediaticamente non è uno che se la tira. Per cui lo ribadiamo qui, casomai ce ne fosse ancora bisogno, al cospetto della nuova annata di Malvasia Vigna 80 anni. Sì, la vecchia vigna di Brazzano che fu di Nicola Manferrari (Borgo del Tiglio) ha trovato un altro ispirato interprete in Mario Zanusso. Nella capacità di dettaglio, nella disinvoltura, nel protendersi e nel continuo accennare si cela uno dei bianchi più toccanti dell’anno, lì dove saldezza e flessuosità restano maritate. La progressione, la tensione minerale, il nervo sapido non sono che alcuni aspetti di un vino incisivo, di luminosa personalità e lunga persistenza. Qui la voce del territorio si alza forte e chiara. E parrebbe suggerirci, fra le altre cose, che non è in una “prospettiva del bufalo” che dovrebbero stare I Clivi ed i suoi vini.

Kai 2011 – Paraschos (€ 35/41)

Kai_Paraschos_etiIl puntiglio di Evangelos Paraschos nel perseguire le proprie idealità è cumsustanziale alla ricerca della espressività più autentica nei vini di territorio, una espressività senza compromessi. Inserendosi nel filone produttivo dei cosiddetti “macerativi”, che ha visto come padri putativi personaggi quali Josko Gravner e Stanko Radikon, Evangelos ha ripensato la fisionomia e la filosofia che stanno dietro la realizzazione di un vino bianco modellandone le forme grazie al bel patrimonio di vecchie vigne, alle fermentazioni con lieviti indigeni, alla macerazione in tini aperti, all’uso del legno grande così come di piccole anfore, ad una graduale ma drastica riduzione della solforosa aggiunta. Affidandosi a lunghi affinamenti, i suoi vini hanno sempre mostrato una personalità “obliqua” e selettiva, offrendo talvolta sprazzi di originalità nel mare magnum degli orange wines. Con una sottolineatura importante però: il graduale affinamento di una tecnica, la progressiva digestione di un metodo, che qui ci sono stati. Per svicolare dal rischio più che latente di tarpare le ali ai dettagli rendendo i vini invariabilmente tannici e camomillosi, dai profumi livellati e deja vu. Un percorso non privo di ostacoli che fortunatamente ha partorito Kai 2011, un Friulano (ex Tocai) figlio di un protocollo di elaborazione ad hoc. Che ha visto diminuire i tempi di macerazione al fine di preservarne una maggiore spigliatezza nei profumi e una maggiore scorrevolezza sul palato. Una seducente tessitura aromatica di stampo floreale, dagli intriganti richiami al tè verde e alle erbe di campo, è ciò di cui si veste questo bicchiere gustoso, ritmato, ampio, invitante. Un approdo finalmente compiuto che accende prospettive nuove sul lavoro “fuori dal coro” di questo produttore, da qualche stagione coadiuvato dal talento del figlio Alexis. La vecchia vigna ottantenne di tocai (e dai, chiamiamolo con il suo vero nome, per una volta!) e il fronte del “movimento dei macerati” ringraziano. Assieme a tutti gli appassionati di un “bere naturale” che faccia proprie le ragioni dell’equilibrio e della ricchezza di sfumature.

Friuli Colli Orientali Cabernet Franc Frank 2013 – Marco Sara (€ 13/15)

Marco Sara_logoL’estro di Marco Sara, vignaiolo autentico in quel di Savorgnano del Torre, è diventato adulto. E dimostra crescente padronanza su tutte le tipologie affrontate: dai bianchi ai rossi, fino a certe inarrivabili essenze dolci a nome Picolit o Verduzzo. Le tratteggia in bello stile, fuor d’ovvietà, tenendosi a debita distanza dagli approdi più consolatori del vino “perfettino”, tecnicamente ineccepibile ma dal respiro corto. Lo fa confidando su un approccio biologico in campagna, su fermentazioni spontanee, su una enologia poco interventista. Da qualche stagione si stacca dal gruppo un incredibile Cabernet Franc, che per vitalità aromatica e gustativa è in grado di competere con le più belle espressioni a livello nazionale. E se fino alla vendemmia scorsa potevamo gridare alla sorpresa, nella compiutezza della nuova annata possiamo individuare i segni tangibili di un genius loci. Quando il rosso friulano raggiunge tali livelli di trasparenza espressiva, senza forzature o “pruriti” simil-toscaneggianti, rende la pariglia in modo personale e per questo si fa riconoscibile. La purezza del frutto, e il naturale “acceleratore” di dinamismo costituito dal fitto ricamo speziato, instradano il sorso sulle rotte del vino d’autore: sferzante, fresco, reattivo, ben bevibile e calibrato negli accenti, abbina nitore e personalità in convincente sintesi.

Terrano 2012 – Skerlj (€ 16/18)

skerlj_bottiglieOgni tanto val la pena ripetersi. E ricordare. Così vino e vignaiolo, già citati in precedenti “prospettive”, li riproponiamo qui al cospetto della nuova edizione di Terrano. Per sottolinearne la fiera diversità. Sì perché il Terrano 2012 dei fratelli Skerlj è territorio all’ennesima potenza. E anima carsolina: sanguigna, affilata, pulsante, viva. Di contrasti e dinamismo, freschezza e sottolineature speziate, quale compendio finanche armonioso appartenente ad una tipologia dialettica e selettiva, con lui potrete entrarci in sintonia ed amarlo a istinto oppure derubricarlo in fretta (sbagliando). Sai che c’è? C’è che la straordinaria vocazione “gastronomica” di questo vino toglierà i dubbi residui nei detrattori più incalliti, ecco che c’è. Semmai un’unica defaillance: la reperibilità, per via delle tirature confidenziali. Raro come un tesoro, quindi. Ma, come un tesoro, altrettanto prezioso.

Friuli Colli Orientali Schioppettino di Prepotto 2011– Ronco Severo (€ 19/22)

Ronco Severo_Schioppettino_etiValter Novello va per la sua strada. L’ha scelta lui, consapevolmente. E consapevolmente la sta percorrendo, esplorandone i pertugi. Una strada che se da un lato ha intercettato le traiettorie dei bianchi di stile macerativo per interpretarli con piglio verace tratteggiandoli in profili intensi, dialettici, a volte suadenti e a volte scorbutici, dall’altro ha sposato le ragioni della purezza espressiva e delle sfumature di sapore per realizzare autentici rossi di territorio. A cominciare dallo Schioppettino. La versione 2011 è l’ennesima conferma di quanto questo singolare vino-vitigno sia meritevole di uscir fuori da quella sorta di riserva indiana nella quale il disinformato sentire comune insisterebbe anacronisticamente a relegarlo. Questo vino grida la sua unicità e la sua bellezza. Scorrevole ed affusolato, dalla beva contagiosa, la sua cremosa consistenza si abbina ad una trama sfaccettata, dove il dialogo fra le voci fruttate e speziate si fa coinvolgente, in un gioco di rimandi che traguarda la compiutezza, risolvendo in dettagli sottili il contributo dell’accurata estrazione tannica. E’ il suggello ulteriore di un percorso particolare, in crescita di focalizzazione e misura, discendenza diretta di una viticoltura pulita che ha epicentro nella campagna di Prepotto. E se ancora non ha i riflettori della notorietà puntati addosso (ma gli appassionati sensibili ai vini di più esplicita matrice artigianale ne hanno già incrociato le rotte), ha il grande pregio di andare al cuore del discorso. E tutto questo, a ben vedere, basta.

Altre prospettive: LIGURIA

La foto delle bottiglie di Skerlj è stata tratta dal sito www.lavinium.com

FERNANDO PARDINI

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