Vini dell’Elba: uno sguardo d’insieme

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arrighi elba

Mare blu, spiagge per tutti i gusti, paesini ameni e scorci suggestivi. Da tempo l’Elba, la più grande isola dell’arcipelago toscano, è meta gettonata di vacanzieri da tutto il mondo. Ammaliati da tali marittime bellezze, in pochi notano le aziende vinicole diffuse soprattutto nella parte centro-orientale dell’isola. Eppure questa è terra in cui la viticoltura ha radici antichissime e sta tornando – dopo anni di “buio” – ad essere una cosa seria. Ma andiamo per gradi.

L’Elba è un’isola ampia e varia. Il Monte Capanne, nella parte occidentale, supera i 1000 metri sul livello del mare ed assicura una vitale fonte di frescura. Le riserve idriche sono abbondanti, con numerose sorgenti che, insieme al terreno vulcanico e ricchissimo di minerali, hanno da sempre favorito lo sviluppo dell’agricoltura.

Nel passato il vino dell’Elba godeva di ottima fama. Senza scomodare il periodo etrusco/romano, anche in secoli più recenti la produzione dell’isola era molto apprezzata, come testimoniano i tanti documenti storici risalenti al periodo di Ferdinando I de’ Medici e Napoleone. Tanto che, a fine ‘800, la viticoltura era di gran lunga l’attività più fiorente e la superficie vitata arrivava a ben 5.000 ettari. Anche dopo la “mazzata” della fillossera, che distrusse la quasi totalità del patrimonio viticolo originario, la vite venne reinnestata e prima della Seconda Guerra Mondiale erano ancora tremila gli ettari in produzione. Vennero poi gli anni ’50-’60, quando il progressivo abbandono delle campagne destinò a medesima sorte anche le vigne, che furono trasferite nelle zone più pianeggianti lasciando incolti i terrazzamenti collinari. Infine il boom turistico, con il cambio di destinazione d’uso di numerosi terreni agricoli che portò alberghi e villette a soppiantare i vecchi filari. Arriviamo così alla fine degli anni ’80-’90, in cui gli ettari vitati superstiti erano meno di 200!

elba docOggi la situazione è in controtendenza: gli ettari ad uva sono circa 330, di cui oltre la metà ascrivibili all’area Doc. Com’era facile intuire, il turismo ha generato un florido mercato di ritorno per i vini locali, rinfocolando la passione (e i conti in banca) delle cantine sopravvissute e portando nuovi investimenti. E’ così lievitato il numero di produttori ed imbottigliatori e si è giunti alla costituzione di un Consorzio di Tutela per promuovere e valorizzare i vini elbani di qualità.I principali vitigni a bacca bianca dell’isola sono oggi l’Ansonica (stretta parente l’Inzolia siciliana), il Procanico (che altro non è che il Trebbiano Toscano), e poi Biancone, Vermentino e Moscato; tra le uve rosse troviamo soprattutto Sangiovese e Aleatico, a cui vanno aggiunte limitate presenze di internazionali (Cabernet Sauvignon, Syrah, Merlot).

Il fiore all’occhiello della produzione elbana è senza dubbio l’Aleatico passito, recentemente divenuto Docg. Il disciplinare prevede che ogni operazione – appassimento delle uve (almeno 10 giorni sino a raggiungere un contenuto zuccherino minimo del 30%), vinificazione, conservazione, affinamento e imbottigliamento – sia effettuata sull’isola. I vini più diffusi, ad uso quotidiano, sono quelli invece marchiati Elba Bianco Doc e Elba Rosso Doc, ottenuti solitamente da blend delle uve citate in precedenza.

Torniamo al discorso qualità. E già, questa chimera che tutti inseguono e pochi raggiungono. L’Elba non fa purtroppo eccezione ed il motivo è presto detto. In un contesto in cui l’85-90% del vino prodotto è consumato localmente nei pochi mesi estivi, da frotte di turisti che distinguono al massimo tra bianco e rosso, puntare forte sulla qualità è un rischio superfluo. Fortunatamente non tutti la pensano così e negli ultimi anni stanno aumentando i produttori che non si accontentano di “fare il compitino” ma vogliono rinverdire i fasti di una delle più antiche terre da vino della nostra penisola. Ecco spuntare allora vini molto territoriali, sapidi, intriganti, che nelle versioni appassite rappresentano spesso delle assolute eccellenze. Mi limiterò a suggerire tre nomi di aziende che ho visitato e che per coerenza progettuale e qualità media degli assaggi mi hanno lasciato un buon ricordo. Per il resto vi invito a fare un giro sull’isola, che, vino a parte, è una delle più belle d’Italia.

LE AZIENDE

Acquabona 
Marcello Fioretti, attuale presidente del Consorzio di Tutela, è uno dei fondatori di questa azienda, che è forse la più famosa dell’isola e che ha fatto da modello per la rinascita della vitivinicoltura elbana. Sono 18 gli ettari di vigneto coltivati, che danno vita a circa 90.000 bottiglie, sia da vitigni autoctoni che internazionali. Menzione d’obbligo per l’Aleatico Passito, da anni uno dei migliori vini dolci italiani. In crescita anche la gamma dei bianchi.
Acquabona | loc. Acquabona, 1- Portoferraio (Li) | tel. 0565.933013 | www.acquabonaelba.it 

Arrighi Vigne&Olivi 
Proveniente da una famiglia di albergatori, Antonio Arrighi, che alla passione per la vigna unisce quella per gli sport di fatica, possiede pochi ettari di vigneto nella zona di Porto Azzurro, appena fuori del paese. E’ uno di quelli che da sempre ha rifiutato l’etichetta di mediocrità per i vini isolani. Tra esperimenti, selezioni, cadute e ripartenze, alla fine sembra aver trovato una via originale, coerente e territoriale per la sua piccola produzione. Da provare l’Elba Ansonica, sapido e ricco.
Arrighi Vigne&Olivi | Porto Azzurro (Li) loc. Pian del Monte – Porto Azzurro (Li | tel. 335.6641793 | www.arrighivigneolivi.it 

Sapereta
L’azienda, nata nel 1927, ha origini che risalgono al 1600. Oggi è condotta da Italo Sapere, che tra vigne di proprietà e terreni in affitto, vinifica uve da circa 18 ettari. L’approccio è biologico e i vitigni sono quelli classici dell’isola a cui si aggiungono piccoli appezzamenti di chardonnay e syrah. La produzione dell’azienda (che è anche un agriturismo, con appartamentini e piscina) si aggira sulle 80.000 bottiglie e si contraddistingue per vini onesti, puliti, di approccio amichevole. Provare per credere il rosso Pontecchio.
Sapereta | loc. Mola – Porto Azzurro (Li) | tel. 0565.95033 | www.sapereta.it 

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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