Recensione/Di vigna in vigna, di Tiziano Gaia

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divignaÈ possibile coniugare rilevanza vitivinicola (in soldoni: trovare vini buoni) con una ricettività intelligente, ben pensata ed organizzata, insomma di qualità? A sfogliare, consultare, ma anche leggere questa guida la sensazione è che la risposta sia, fortunamente, affermativa. Una pubblicazione che parte da una legittima ambizione: quella di andare a cogliere il pubblico smaliziato a cui non bastano, sempre o in determinate occasioni, i portali “omnibus” che riducono tutto ad una marmellata fatta di offerte, foto non si sa poi quanto realistiche e rispondenti, di servizi confusi ed incerti. Ma anche, come scrive l’autore nell’introduzione, quella di aiutare il mondo del vino italiano a darsi nuove motivazioni: “l’Italia del vino, dopo aver scritto pagine importanti di riscatto sociale e crescita qualitativa, si prepara a due nuove sfide, legate tra loro a doppio filo: la sostenibilità ambientale da un lato e la cultura dell’accoglienza dall’altro”.

Insomma, questa “Di vigna in vigna” non è una guida dei migliori vini o alle migliori strutture ricettive ma vuole consigliare quegli indirizzi che diano la possibilità di fare  due esperienze insieme, ovvero trovare i luoghi in cui “dormirete, mangerete, nuoterete, giocherete a golf, farete sauna e bagno turco, ascolterete musica dal vivo, visiterete mostre e musei, ville palladiane e architetture postmoderne… restando sempre ai margini o al centro di una vigna, accanto al mosto che fermenta borbottando, in prossimità di sale di affinamento…”

È quindi naturale che la divisione del territorio nazionale non avvenga, classicamente, secondo le regioni “politiche” ma per distretti vitivinicoli (seppur geograficamente raggruppati, ovviamente), a insistere sul concetto di Italia come Enotria, terra del vino. Una partizione eseguita in modo a parer nostro intelligente perché non troppo fine (a seguire tutte le nostre mini e micro sottozone pur interessanti ci sarebbe da diventar matti) né rigidamente legata alle Doc. Ossia, non potevano certo mancare, per dire, Chianti Classico o Franciacorta, ma fa piacere riscontrare l’interesse (che porta con sé una giusta e sana promozione) verso territori che sono “eterni sconosciuti”. Quindi l’attenzione dedicata, per dire, al marchigiano Piceno, non solo alla Costiera e all’Irpinia in Campania ma anche al Vesuvio e ai Campi Flegrei, al Canavese e all’Alta Langa o allo stesso Roero in Piemonte.

A partire dai distretti, vengono individuati i “vini simbolo”, anche in questo caso non solo quelli stranoti o glamour, ma anche quelli “piccoli” e sconosciuti, e descritti secondo un approccio e terminologia evocativi e “moderni” (“frutti rossi evidenti al naso, attacco in bocca diretto, verticale e croccante) senza perdersi dietro a troppi riconoscimenti aromatici o a “unghie e lacrime”. Delle strutture ricettive vengono riportati i servizi più importanti (wifi compreso).

I numeri parlano di 40 itinerari dal Trentino alla Sicilia, di 200 cantine, 115 ristoranti, 154 alberghi o agriturismi, 20 spa, 76 piscine, 200 bottiglie da provare, 103 box dedicati a cultura dei rispettivi territori. E poi, una grafica accattivante ma schematica e razionale al tempo stesso e foto belle, nitide e luminose. Il che non guasta, in questi tempi in cui anche l’editoria maggiore sembra caduta preda di una certa approssimazione.

Tiziano Gaia
Di vigna in vigna
EDT (settembre 205)
343 pagg., 23.50 euro

Riccardo Farchioni

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