Panettone artigianale o industriale? Meglio il primo ma…

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panettone preparazione

E’ da qualche anno che il più classico dei dolci natalizi sta vivendo quello che qualcuno ha definito, con termine forse altisonante ma efficace, un vero e proprio “rinascimento”. Parliamo del panettone, il lievitato per eccellenza: un dolce che non ammette improvvisazioni e che in questo periodo pre-festivo è come sempre al centro delle attenzioni.

Guardate per curiosità i risultati su Google (vedere grafico qui sotto, che mostra il volume nel tempo della quantità di ricerche effettuate in rete col termine “panettone”). Una crescita continua, anno dopo anno. Indagando più a fondo si scopre una cosa interessante: la sequenza più cercata è “panettoni artigianali”, a testimoniare una sempre maggior propensione dei consumatori a riconoscere ai lievitati “d’autore” quel bonus di qualità ed esclusività che giustifica un prezzo (spesso) non proprio abbordabile. Nomi come quelli di Alfonso Pepe, Sal De Riso, Pasquale Marigliano o Vincenzo Tiri, inducono una reazione di salivazione immediata nei più incalliti gourmet. Vediamo allora, da consumatori avveduti, quali sono le principali differenze tra un prodotto artigianale e uno industriale, chiudendo con alcuni consigli per andare sul sicuro.

panettoni ricerche

Intanto partiamo dalla definizione. A stabilirla è addirittura un Decreto Ministeriale che recita:<<[…] la denominazione «panettone» è riservata al prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida. L’impasto del panettone deve contenere i seguenti ingredienti: farina di frumento; zucchero; uova di gallina di categoria «A» o tuorlo d’uovo, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del 4% in tuorlo, burro, in quantità non inferiore al 16%, uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al 20%, lievito naturale costituito da pasta acida, sale. E’ consentito aggiungere solo uno o più tra questi ingredienti: latte e derivati; miele, malto, burro di cacao, zuccheri, lievito fino al limite dell’1%, aromi naturali, emulsionanti, conservanti (acido sorbico e sorbato di potassio)>>.

Qui si capisce subito una cosa: la base degli ingredienti è la stessa, sia per gli artigiani che per le grandi industrie. I primi fanno ovviamente la differenza selezionando quelli di maggior qualità, a partire dalle farine (che incidono praticamente zero sul prezzo finale), passando per i canditi, le uvette australiane, le bacche di vaniglia del Madagascar, il burro nordeuropeo, le uova da produzioni certificate, etc…

Anche dal punto di vista della tecnica di lavorazione non ci sono grandi scostamenti.  C’è l’impasto a partire dal lievito naturale, una doppia lievitazione, la cottura, il riposo “a testa in giù”, il raffreddamento. La differenza sostanziale è data dai tempi, che nell’industria sono “strizzati” al limite per consentire la produzione seriale in grandi numeri, e dal monitoraggio delle varie fasi (temperature, umidità, acidità, etc) che è “meccanizzato” in un caso e affidato alla sensibilità ed esperienza del maestro pasticcere nell’altro.

Economie di scala e costo degli ingredienti a parte, bisogna poi ricordare che nel caso dei grandi marchi il prezzo finale lo fa la grande distribuzione organizzata, che spesso usa proprio i panettoni come prodotto civetta per attirare più clienti, magari vendendolo sotto costo. Il bravo pasticcere, specie se affermato, ha giustamente ogni diritto di vedere remunerata la propria competenza e creatività, ed ecco spiegato come mai può esserci un rapporto anche di 10 a 1 tra i prezzi in circolazione.

Un paragrafo a parte merita la conservazione. L’industria deve puntare a una vita sullo scaffale di qualche mese, mentre l’élite dei pasticcieri lavora sul fresco, con date di scadenza al massimo a 2 mesi. Nel primo caso si utilizzano i mono-digliceridi, conservanti naturali del tutto consentiti dalla legge e che quindi non vanno condannati. Ma è certo che a livello di profumi, aromi e sapore un panettone senza conservanti sfornato pochi giorni prima è tutta un’altra cosa!

Quindi dobbiamo scegliere un panettone artigianale ad ogni costo? A mio avviso no. Intanto fisserei un limite superiore al prezzo, dettato più che altro da motivi etici: pagare un panettone 50€/Kg solo perché è “firmato” dallo chef o pasticcere pluristellato di turno è a mio avviso “immorale” e ingiustificato. Diciamo che 30/35€/kg per i migliori panettoni d’autore mi sembra un limite corretto. E poi, se proprio avete deciso di fare questo investimento, assicuratevi che il prodotto sia davvero frutto di esperienza, ricerca e passione, e non magari dell’improvvisazione del “baretto” di quartiere che sotto il mantello dell’artigianalità vi rifila un lievitato secco e inodore. Senz’altro meglio, in questo caso, scegliere un buon panettone industriale.

Con i nomi qui di seguito non correte rischi di delusione!

Nota: metto subito le mani avanti dicendo che ho assaggiato prevalentemente panettoni dell’areale campano. E’ ormai risaputo tra gli appassionati che nonostante questo dolce abbia origini lombarde sono proprio le versioni di Napoli e dintorni a fare incetta di premi e riconoscimenti, senza nulla togliere ai grandi maestri pasticceri del nord. Leggere qui su Dissapore un interessante approfondimento.

Alfonso Pepe – Sant’Egidio Monte Albino (SA)

panettone alfornso pepeIl maestro Pepe è ormai considerato uno dei grandissimi fuoriclasse del panettone. In clima di Pallone D’Oro, volendo fare un paragone calcistico, se non è Messi è Cristiano Ronaldo, ma siamo lì. I suoi lievitati soffici, fragranti, con alveoli che sembrano disegnati, sono frutti di più di venti anni di ricerca e sperimentazione. La forma è piuttosto bassa e schiacciata. Il segreto è ovviamente negli ingredienti ma soprattutto nella cura della lievitazione, attenta e controllata per ben 36 ore. La lavorazione, nonostante abbia ormai raggiunto numeri importanti, è tutta artigianale, fino al packaging, curato e moderno, ma tutto rigorosamente eseguito a mano. Il pezzo forte è il panettone classico, ma l’altissima qualità è comun denominatore a tutta la produzione: cioccolato, limoncello, albicocche, mandorlato…uno più buono dell’altro. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

Mennella – Torre del Greco (NA)

panettone cioccolato mennella 2I fratelli Mennella a Torre del Greco e dintorni sono un’istituzione, non solo come pasticceria ma anche come gelateria. Oggi contano ben 5 punti vendita (anche a Napoli) con un moderno laboratorio centralizzato da cui prendono vita tutte le loro creazioni. Anche qui una rigida e attenta lavorazione artigianale, con lievito naturale coccolato per 36 ore e ingredienti di primissima qualità. Ottima la versione classica ma un bonus lo assegnerei al panettone al cioccolato: consistente, equilibrato, morbido e strabordante di cioccolato fondente pregiato, nel cappello ma soprattutto nell’impasto. Prodotto pericoloso, che crea dipendenza!

De Vivo – Pompei (NA)

PanSfogliatella-De-VivoUna storia lunga, che ha origine nella Pompei degli anni Trenta, quando i De Vivo avevano un rinomato panificio. L’attenzione maniacale ai lievitati resiste intatta oggi con la terza generazione di famiglia. Oltre il successo dei grandi classici, grande curiosità sta destando il PanSfogliatella, nuovo lievitato natalizio che mette insieme il Nord e il Sud nel segno dei dolci della tradizione. All’impasto del panettone sono stati aggiunti gli ingredienti tipici della sfogliatella napoletana: la ricotta fresca di mucca, la semola e la cannella. Soffice come il primo e saporita come la seconda, la PanSfogliatella non è la fusione dei due dolci ma una “creatura” a parte, dalle consistenze e sapori differenti e decisamente da provare. Vi conquisterà con la sua pasta umida e morbida, dal profumo netto di cannella.

Vignola – Solofra (AV)

panettone nero vignolaSiamo a Solofra, in Irpinia, dove opera Raffaele Vignola. Figlio d’arte, ha raccolto un’eredità di famiglia che va avanti da quasi 50 anni e si è segnalato come recentissima new-entry nelle posizioni alte delle graduatorie dei più importanti concorsi nazionali dedicati al panettone. Le sue creazioni sono un giusto mix tra tradizione e innovazione. Grande cura nella scelta degli ingredienti e nella lavorazione delle forme più classiche, ma anche tanta voglia di sperimentare con versioni più “esotiche”, tra cui la più chiacchierata è senz’altro quella al carbone vegetale e frutti tropicali, ribattezzata Pan Mimì. Questo panettone nero può a prima vista spiazzare, ma all’assaggio si rivela leggero, profumato, con una digeribilità incredibile. Sarà l’effetto carbone vegetale? Non saprei, ma di certo punterei di più sulla mano sensibile di Raffaele che ha saputo bilanciare al meglio la sofficità un po’ asciutta e dal sapore delicato del carbone con l’umidità e lo sprint gustativo dei frutti tropicali.

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

2 COMMENTS

  1. Sig. Priori, mi pare di aver chiarito la cosa nella nota. L’obiettivo del mio articolo era tracciare in maniera sintetica le differenze tra panettone industriale e artigianale, e spero di esserci riuscito. Poi, per questioni puramente geografiche, ho potuto assaggiare solo panettoni del Sud…mi perdoneranno i grandi maestri del Nord…magari il prossimo anno! grazie e buona giornata.

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