Metti un giorno nel Roero. Arneis Perdaudin Angelo Negro e Figli in verticale

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Vigna perdaudinE’ inutile forse stare a rimarcarlo, ma i viticoltori del Roero sembrano davvero affezionati al loro Arneis. Aggiungiamo noi: oggi. Perché se c’è un vitigno che ha rischiato fortemente di scomparire dalle campagne d’Italì (con l’accento sulla i) questi è l’arneis. Una varietà la cui storia si perde nella notte dei tempi e la cui origine è ancora assai dibattuta, fatto sta che ha trovato da molti secoli culla privilegiata nel Roero piemontese. Poi è accaduto che, in una terra sempre più propensa alla produzione e alla valorizzazione dei vini rossi (peraltro, particolare non secondario, con le uve rosse molto più remunerative delle bianche), questa varietà abbia pressoché rischiato di scomparire a cavallo fra le due guerre mondiali, periodo buio di per sé per l’agricoltura italiana. Tanto che negli anni ’60 del secolo scorso emergevano sparuti i filari di arneis a commento dei vigneti di nebbiolo, con la mera funzione di “uva sacrificale”, coltivata per attirare la bramosia di volatili vari e assortiti e proteggere così le preziose uve a bacca nera ancora bisognose di maturare. Sì, negli anni ’60 del secolo scorso, gli anni post malora di “fenogliana” memoria, l’arneis aveva le ore contate.

Fa piacere perciò riscoprire oggi questo antico legame, rinsaldato non soltanto negli affetti quanto nella concretezza dei gesti agricoli più consapevoli. Un intendimento via via più diffuso fra i vignaioli di queste terre, che ha avuto i suoi bravi primogenitori, persone cioè che più di altre hanno creduto nel seguente asserto: intravvedere potenzialità commerciali -e di immagine- puntando su un vino bianco da uve autoctone prodotto in una terra di rossi. Pensa te! I successivi studi clonali, nel mettere ordine all’interno di un patrimonio ampelografico tanto residuale quanto eterogeneo, hanno fatto il resto.

Ad eloquente testimonianza di tutto ciò potremmo portare ad esempio la famiglia Negro, storicissima firma di stanza a Monteu Roero. Degli attuali 60 ettari di proprietà almeno la metà sono coltivati ad arneis, tanto per dire. E i Roero Arneis della casa, fonte costante di ispirazione, studio ed approfondimento, guarda caso hanno trovato negli anni il proprio bandolo espressivo. Un approdo non così scontato, visto il pregresso tutto sommato fortunato, commercialmente parlando, fatto di anodini ed impersonali Arneis prodotti sul territorio. Puntare ad una marcata individualità è traguardo un po’ diverso. Una cosa è certa, questa tipologia di vini  -se ben guidata- è in grado di “leggere” e tradurre il territorio di origine. In tal senso, la natura sentitamente calcarea e sabbiosa di certi terroir del comune di Monteu può costituire la traccia ideale per riscoprirne la vocazione.

Rocche di MonteuChe strana conformazione, e che unicità, il Roero. I vigneti sembrano nascondersi alla vista, e non li cogli se ti accontenti di percorrere le principali direttrici carrabili. E’ ciò che non vedi se non quando ci sei in mezzo. Quelle rocche aguzze e quei bricchi nervosi, con il loro reiterato protendersi verso il cielo, conservano in sé qualcosa di ardito. Appare difficile conquistarle, lo senti; loro d’altro canto guardano al cielo! Arcigne e protettive, sembrano voler difendere da occhi indiscreti gli scorci più distensivi e i declivi più dolci, visioni struggenti nell’impervia selvatichezza dei luoghi. Conseguenza diretta di questa conformazione orografica sono le esposizioni mutevoli e la variabilità microclimatica. Al vecchio Podere di Audino per esempio, antica roccaforte della famiglia Negro, lì dove tutto ebbe inizio, le esposizioni a solatìo richiedono particolari attenzioni per le uve arneis. Perché tali uve sono costituzionalmente povere in acido malico e la gestione della parete fogliare assume così una importanza focale, pena un precoce decadimento del tono e della vitalità acida. Perciò non suoni strano se da una raccolta anticipata, alla ricerca di una più viva acidità, si possano ottenere degli Arneis in versione spumantizzata da non sottovalutarsi affatto.

Ma è sul fronte dei Roero Arneis “fermi” che provengono, selon moi, le sorprese migliori, quelle che non ti aspetti, quelle palesatimi ad esempio da una interessantissima verticale tenutasi in azienda qualche settimana fa e vissuta in compagnia di Angelo Negro, enologo e co-patron dell’ambaradan (assieme a padre, madre, fratelli e sorelle). Perché in quei vini ho colto una forte caratterizzazione, questo è. Che si è tradotta in una sensazione minerale pervasiva e in una allettante sapidità, doti queste in grado non soltanto di regalare sfaccettature ma anche di “allungare” il sorso nel nome del contrasto e della reattività. E se nelle annate meno recenti, alcune delle quali di incredibile vitalità, vi rintracci un percorso di avvicinamento fatto di temperamento ma anche di veracità (1998 escluso!), ecco che con le annate più recenti i vini sembrano sterzare verso una maggiore finezza, una più fluida articolazione e una più dichiarata propensione al dettaglio, soprattutto sul versante dell’evidenza varietale. Però, alla fine del salmo, intuire dal vino-vitigno Arneis la misconosciuta capacità di resistere al tempo, è stata una bella sorpresa. Una vocazione tutta da godere e tutta da raccontare, perché non potrà non ingenerare prospettive nuove (prospettive altre) per la produzione in bianco della beneamata rive gauche del Tanaro.

Note a margine: Perdaudin sta per Podere di Audino, la più antica proprietà della famiglia Negro, avviata alla viticoltura fin dal 1670. L’impianto in attività risale al 1981, e si trova sopra i 300 metri di altitudine nel comune di Monteu Roero. I suoli sono di matrice calcareo-sabbiosa. 45 hl/ha è la resa. Pressatura diretta delle uve, no malolattica. Batonnage per 4 mesi in acciaio inox. Poi bottiglia.

Perdaudin_etiRoero Arneis Perdaudin 2015

Fresco, pimpante, contrappuntato da note di ananas e lime, propone un bel commento floreale alla solare evidenza del frutto. Bella nel frattempo la cremosità tattile, per un quadro gustativo ancora in ritardo di armonizzazione. Oppure no, nessun ritardo: solo gioventù fremente desiderosa di ulteriore maturazione in bottiglia. La propulsione e i sottotraccia, d’altronde, richiamano ottimismo.

Roero Arneis Perdaudin 2013

In leggera riduzione, sente l’annata fresca e contrastata, traendone adeguato beneficio grazie a una silhouette affusolata e gradevolmente nervosa, dove le note fumé di pietra spaccata accompagnano suggestioni floreali e, più incisive, di spezie. La corrente acida, nel frattempo, regala snellezza e ottime prospettive.

Roero Arneis Perdaudin 2012

Teso e propositivo, sono erbe e pera Williams ad instradare un naso dritto anche se poco espansivo, dalle infiltranti nuance speziate. Dà il meglio di sé però al palato, elettrico e vitale, lì dove sensazioni saline e minerali rendono il tratto molto interessante.

Roero Arneis Perdaudin 2011

Le tonalità del giallo si accendono, rispetto alle annate più giovani, e i toni fruttati conseguentemente si fanno più maturi. Ma ti sorprenderà per freschezza gustativa, ché non ti aspetteresti. Note idrocarburiche stanno a commento di una scia salina e di un gusto profilato e scattante, che invita alla riprova e controbilancia le insidie legate ad una annata calda.

Roero Arneis Perdaudin 2004

Ginestra, petit four, burro, frutta secca. Grintoso, ancora reattivo, buccioso semmai, possiede un carattere terragno che non smette di intrigare. Cerealicolo se ce n’è uno, non lo puoi evitare. E se lascia per strada un pizzico di finezza rispetto al main stream, che temperamento, che determinazione, che ardore buono!

Roero Arneis Perdaudin 2001

Il giallo qui assume riflessi dorati, lo spettro dei profumi ricchezza e sfaccettature. L’indole austera non sconfina in rigidezza, anche se i ritorni nocciolati ne svelano un passo più cadenzato e ripetitivo. Ci pensano però gli accenti di orzo e spezie a rendere il quadro d’insieme affascinante e ancora comunicativo.

Roero Arneis Perdaudin 1998

Colore “semprevivo” dai riflessi smeraldini, pensa te! Davvero cristallino, quasi fosse un vino mooolto più giovane di quel che è, impettito e freschissimo al naso, sono le erbe di campo, le spezie e la mela Golden a non lasciar spazio ai terziari. Sottile e laminato, acido e viperino, nello sparigliare le carte rispetto ai suoi fratelli intende affermare una strabordante vitalità e una beva straordinaria. E’ il tempo che si ferma, come in ossequioso rispetto, raccontandoti di possibilità.

 

FERNANDO PARDINI

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