Incontri di Langa, in Langa. Terza parte: Poderi Marcarini, il diritto alla nudità

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Poderi Marcarini_cantinaQuello che mi ha sempre impressionato, nei Barolo dei Poderi Marcarini, va aldilà della pur apprezzabilissima cifra stilistica. E’ un concetto che potremmo tentare di racchiudere nella parola nudità, la quale non contempla in sé né essenzialità né pochezza. Niente di disadorno o depauperato nei paraggi, tutt’altro. Sia nella austera, profonda dimensione strutturale di un Brunate, sia nell’elegante ricamo tutto “in sottrazione” di un La Serra avrai a che vedere con espressioni diverse di nudità. Perché nudità è tutto ciò che non sembra toccato dalle confezioni, dagli orpelli e dalle sovrastrutture. Per esempio, quei vini che semplicemente riescono ad esprimersi per quello che sono, nel bene o nel male, senza filtri. Per tale ragione ancor più abbagliante sarà la loro luce riflessa: luce autentica senza appannamenti. E’ la nudità come conquista, la nudità come traguardo. Ebbene ai vini di Marcarini gli appartiene; non so se per diritto acquisito o per suggestione solo mia, ma sento che gli appartiene.

Poderi Marcarini_Manuel e LuisaCon questo bailamme di pensieri in testa, ispirati dai Barolo Marcarini vecchi e nuovi (sì, anche gli emblematici Barolo “pre-1990” targati Cogno-Marcarini, portatori sani di nudità), qualche mese fa mi sono recato alle antiche cantine ospitate proprio nel centro di La Morra, a due passi dal vertiginoso belvedere. Lì, a confondermi, un altro paio di questioni: intanto il respiro antico di quel luogo, non così usuale da incontrare in Langa; ciò che misuri per intero nelle ombrose diramazioni delle cantine trecentesche, dove la lunga teoria di botti (vecchie anche di 40 anni), le pareti annerite dal tempo e dall’umidità, i cunicoli e le volte rimandano quasi ad architetture di toscana reminiscenza. E poi la deliziosa compagnia di Manuel Marchetti, attuale deus-ex-machina della Poderi Marcarini. Da lui ho appreso la triste notizia della prematura scomparsa, avvenuta quasi un anno prima, della moglie Luisa, Luisa Marcarini, caparbia donna del vino, sesta generazione di famiglia all’opera. Da lui ho altresì percepito potente la voglia di continuare nel solco dei suoi insegnamenti e delle sue convinzioni, pesantemente mutuati dalla tradizione più profonda. In compagnia di Manuel, quel giorno, il giovane figlio Andrea, che assieme alle sorelle Chiara ed Elisa avrà il compito di agganciare il presente al futuro.

La simpatia, la compostezza, la bonomia e il senso dell’ospitalità manifestateci da Manuel sembra proprio siano connaturate a quei luoghi e a certi gesti antichi, ed effettivamente ben dissimulano un pregresso costituito da una vita in realtà molto movimentata, una vita che non ti aspetti. Per lui, figlio di piemontesi emigrati per lavoro in Guatemala sul finire degli anni ’50 (Cinzano docet) e lì nato e cresciuto, con gioventù messicana alle spalle ed esperienze irrisolte in Texas e California. Nel 1990 il ritorno in Italia, più propriamente a La Morra, dopo l’ennesima esperienza di vita “altra”, madrilena stavolta, già in compagnia però di colei che è stato l’amore di una vita, Luisa Marcarini, discendente da una delle famiglie storiche del vino di Langa. C’era, alla fine della strada, l’attrazione fatale per la terra degli avi. Doveva succedere. Da cui il conseguente avvio del lavoro all’interno della cantina Marcarini, che nel frattempo vedeva l’uscita del “mitico” Elvio Cogno, il quale avrebbe da lì a poco iniziato la nuova avventura personale in quel di Novello.

Vigneto Brunate_MarcariniLa curiosità e l’indole sognatrice di Manuel non lo hanno mai abbandonato. Lui sostiene che i loro vini sono vini di territori, più che di territorio. Sì perché lo stimolo ad esplorare le diverse autoctonie tipiche della tradizione vitivinicola del basso Piemonte li ha portati ad acquisire ulteriori appezzamenti sia nella riva sinistra del Tanaro (leggi Roero) sia in una delle patrie putative del Moscato d’Asti. Per arricchire la gamma, saggiare altre possibilità. Oggi la Poderi Marcarini è una realtà che gestisce venticinque ettari di vigna, fra i quali spicca -per blasone e nomea- la significativa parcella di oltre 4 ettari delle Brunate (o brinate, per dirla con la gente del posto), nella sua parte ricadente sotto il comune di La Morra. E poi La Serra, disposta sullo stesso versante ma più in alto, lì dove la tessitura dei suoli acquisisce modulazioni sabbiose e una scorta preziosa in microelementi minerali. Due cru ideali per il nebbiolo da Barolo. Ma non di solo blasone si vive. Interessantissimo il vigneto centenario pre-fillossera nei boschi di Berri, in piena dark side of La Morra, da cui si ricava un personale Dolcetto, e decisamente orientate sulla bevibilità le altre versioni, più sbarazzine, di Dolcetto (Fontanazza) e Langhe Nebbiolo (Lasarin).

Pod Marcarini_ Manuel and sonE così, una volta di più (è stato sufficiente l’assaggio delle produzioni nuove) mi sono reso conto di quanta nudità dimori in quei vini, indipendentemente dal tasso di complessità. Una gamma affiatata, mutevole di accenti, da cui traspare quella incancellabile matrice artigianale che ispira tanto coinvolgimento e che svicola sapientemente, senza perdere il controllo della forma, i luoghi comuni della correttezza enologica, quelli fin troppo debitori della “chirurgia estetica”. In questi vini invece c’è una innata predisposizione alla naturalezza espressiva e al “libero eloquio”, ed è ciò che ne marca la differenza. Ovvio però che è quando ti accosti ai Barolo che senti scuoterti dentro da un’emozione più forte. Non puoi trattenerla, questo è. E quando pensi che quella fisionomia di vino e quel registro stilistico possono incontrare ancor oggi accaniti detrattori, non te ne fai proprio una ragione. Per fortuna, il disappunto per una immotivata distanza professata da qualche “benpensante” passa in fretta. D’altronde, basta un attimo: bevi quei vini sottili, pensi al grande privilegio e ti illudi che sia solo per te. Tutto torna allora a respirare più serenamente, senza aritmie, senza affanni.

I vini di un giorno

Roero Arneis 2014  (vigneti in Montaldo Roero)

Contrariamente a ciò che ti aspetteresti da una annata acida e piovosa come la 2014, non puoi certo sostenere di trovarti di fronte ad un vino “segaligno e verticale”. A ben vedere è forse l’esuberanza di un vigneto ancora molto giovane (si tratta delle ultime acquisizioni in ordine di tempo nel Roero) ad orientarne l’espressione fruttata, un’espressione fatta di polpa e pienezza, con il contrappunto di sentori floreali e lievemente speziati a snellire il giusto. La fisionomia che se ne esce da lì è una fisionomia “pacioccona” ed accomodante, di rilassata piacevolezza.

Dolcetto d’Alba Fontanazza 2014

Muy tipico e fieramente “amarenoso”, con risvolti aromatici di violetta, è vino succoso, reattivo e simpatico. L’armoniosa dote fruttata e il calibrato timbro ammandorlato ne svelano senza infingimenti il nome e le intimità.

Dolcetto d’Alba Boschi di Berri 2013 (vigneto pre-fillossera, suoli a marcata componente sabbiosa, esposizione sud-ovest)

Strutturato, di bella tempra, più ricco e complesso del Fontanazza, ad un comparto aromatico fresco ma da illimpidirsi corrisponde una bocca salda e ben dotata, nella quale si compenetrano sapidità e robustezza in modo personale e mai scontato. Ad emergere una sensazione di reale tenacità e confortanti prospettive di crescita con l’affinamento in bottiglia.

Barbera d’Alba Ciabot Camerano 2013 (vigneti in La Serra e Neviglie)

Acidità in evidenza, senso delle proporzioni, qualche scoria vegetale a screziare la trama, piacevoli inflessioni floreali ad ingentilirla. E’ una veste spigliata, più che profonda, a dissimularne le doti strutturali.

Langhe Nebbiolo Lasarin 2013 (solo acciaio; vigne in La Serra, Brunate e Neviglie)

China calissaia, cassis e tapenade, quasi fosse un Pelaverga! Bocca sinuosa e levigata, ben sintonizzata sulle frequenze della scorrevolezza e della bevibilità. Ne apprezzerai la freschezza e l’attitudine ai contrasti.

Pod Marcarini_i BaroloBarolo La Serra 2012 (c.v.)

Bella idea di frutto qui, ed invitante commento floreale ad instradare un sorso vibrante, di sinuosa carnosità e finezza. Ottima la verve, mentre l’avvolgenza alcolica non lede la perfetta maturità tannica. Più aperto e concessivo rispetto al Brunate pari annata, forse per questo ti apparirà istintivamente più coinvolgente. Perlomeno ora.

Barolo Brunate 2012 (c.v.)

Carattere austero, tannino profondo e “percuttivo”: incisivo, direi. Di ombrosa fascinazione, la ricchezza strutturale chiede riposo e maturazione in bottiglia. Intrigante nel frattempo il chiaroscuro aromatico, fra note di di menta, incenso e liquirizia, a conforto di un’indole grintosa e nobilmente compassata, solo in attesa delle sicure distensioni.

Barolo La Serra 2011

Intensa quanto evocativa suggestione minerale in un vino vivo, succoso, dai risvolti deliziosamente agrumati. Con la sua personalità tutta in sfumare coniuga tensione e finezza in modo speciale. Davvero trascinante nella dinamica, ti conquista per compiutezza e trasparenza espressiva.

Barolo Brunate 2011

Ricco, profondo, ampio, carnoso. L’importante impalcatura tannica non sfocia in aggressività, sono soltanto fondamenta sode e futuribili. Balsamico, tonico e intrigante, con l’aria emerge un coté di erbe mediterranee ad amplificarne fascino, potenzialità aromatiche e coinvolgimento.

Contributi fotografici, nell’ordine: bottaia, Manuel Marchetti e Luisa Marcarini, particolare del vigneto Brunate, Manuel con il figlio Andrea, bottiglie

Altri incontri di Langa, in Langa: Mascarello Giuseppe e figlio, Poderi Colla, Elvio Cogno, Boroli.

FERNANDO PARDINI

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