Come il salcio per la vite

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Come il salcio per la vite
sia la misura del tuo conoscere il mondo.
Molti oggi la fanno breve,
a parole spaccano tutto, risolvono tutto loro.
No, come il salcio per la vite sia il tuo rispetto per le cose:
l’umiltà salda del salcio,
la duttilità della vite. Il silenzio di un intreccio
che sembra vecchiume
ma è misura del rispetto del tempo.
Sembra poco ma è un legame che può salvare
i naufraghi dell’abbondanza.

salcio“Salcio” è il nome locale toscano del salice, la pianta con cui venivano legate le viti. L’avvento del più pratico filo plastico ne ha ormai ridotto l’utilizzo ai minimi termini, con pochi contadini che ancora lo utilizzano. Non amando i terreni troppo asciutti, veniva piantato ai bordi dei fossati e dei corsi d’acqua. In autunno inoltrato, ormai perse le foglie, i suoi rami venivano tagliati e raccolti in fasci conservati all’ombra perché non seccassero e potessero servire per le legature delle viti. I tralci più grandi, piegati ad arco, si usavano per fare l’ossatura portante di piccole serre a difesa delle insalate invernali, quelli intermedi per le legature più grosse ai pali di sostegno, quelli di taglio medio-piccolo, la maggioranza, erano usati per le legature dei tralci di vite alle canne. Un pensiero all’umile salcio, in questo inizio d’anno, possa essere d’augurio per non smarrire la direzione, per non dimenticare da dove si viene, per non credere inutile il passato. 

 

 

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Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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