I vini del mese e le libere parole. Maggio 2017

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uomo-che-beveNasce oggi una nuova rubrica, il cui titolo è parzialmente (volutamente) ingannevole e apparentemente (volutamente) scontato. Perché in realtà non c’è niente di classificatorio né irreggimentato qui. Nemmeno le parole. Con cadenza mensile -ecco l’unica concessione all’ordine- mi piacerebbe soltanto riannodare le fila dei tanti vini bevuti e non rientrati nell’involucro protettivo di un racconto, di una rassegna, di un viaggio o di un incontro con il produttore.

Attenzione, ho detto bevuti, non degustati. E questo fa una certa differenza! Sono infatti i vini “partecipati”, vissuti e onorati secondo il rituale pagano più credibile di sempre. Nel mio caso, i contesti condivisi, obbligatoriamente condivisi, quelli che possono nutrire i ricordi e smuovere emozioni, permettendosi libere parole. I vini di cui narreremo non sono per forza di cose il meglio che c’è, ma sono ciò che ho incontrato. Sono stati semplicemente la mia compagnia, il  “secondo sangue della razza umana” di deamicisiana memoria. Insieme ai luoghi, agli amici e agli umori. Di tutta questa parvenza di socialità sono stati il tramite, spesso il motore primo. Mi conforta immaginare che possano esserlo anche per chi ne leggerà.

I vini di Maggio (2017)

Irpinia Coda di Volpe 2015 – Traerte Vadiaperti

coda-di-volpe-traerteVino “di bocca”, fibroso e saporito: vino che non si atteggia. La timidezza aromatica viene ripagata da un gusto pieno e verace, tanto lento ad aprirsi quanto ad abbandonarti. Un paio di gradi in più di temperatura, rispetto ai canonici standard del “come si dovrebbe”, gli fanno un baffo! E’ solo un “base”, ma il talento di vinificatore di Raffaele Troisi si sente di già. A fianco di una squisita pizza gourmet di Massimo Giovannini (Apogeo/Marina di Pietrasanta/Versilia), farcita di gamberi rossi e maionese di asparagi, si è elevato a gregario di lusso.

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Etna Bianco Salisire 2012  – Vivera

etna-bianco-salisire-viveraPerfetto nelle proporzioni e nel senso del dettaglio, l’aria spulizzita di cui si fa vanto non sconfina nella normalizzazione, casomai è in grado di illuminare ogni pertugio. E’ un sorso fresco, nitido, accordato, straordinariamente giovane e vitale. La tonicità e il grado di contrasto ne vivacizzano l’innata solarità di matrice mediterranea. Nel sud, qui, ci sta anche un po’ di nord. Il finale, invece, è una esondazione di sale. Ah, informazione ai naviganti: è l’annata attualmente in commercio! Coraggiosa e saggia, Loredana Vivèra.

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Etna Bianco Ante 2013 – I custodi delle vigne dell’Etna

etna-bianco-anteDritto, infiltrante e bellamente nervoso, è vino di scheletro più che di ciccia. Lunghissimo e salato, dalla dinamica incalzante, trasuda territorio ed autenticità. E’ uno scatto d’autore, un vino-custode e una delle sorprese più belle dell’anno, assieme alla straordinaria fragranza dello spaghettone alle vongole selvatiche di Angelo Torcigliani (Il Merlo/Lido di Camaiore/Versilia) che ne ha accompagnato il passaggio, la cui vellutata tattilità ci ha ricordato che la semplicità, a volte, è solo apparente, e che tutto ciò che sembra scontato può non esserlo.

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Mosel Brauneberger Juffer Sonnenhur Riesling Kabinett 2014 – Fritz Haag

fritz-haag-juffer-sonnenhur“Sferico”, paradigmatico, didattico. Come ritornare a scuola ad imparare bellezza, una bellezza geometrica e rassicurante, fatta di forme e di proporzioni. L’abbagliante nitore mosellano risente del classico imprinting della casa, ovvero di una super-accuratezza tecnica, ciò che fortunatamente non doma il carattere esclusivo del vigneto Juffer. E’ infatti grazie a lui, e solo a lui, se la fisionomia glaciale e chirurgicamente “perfettina” di questo vino si arricchisce di un sapore infiltrante che riconduce alla roccia madre, svelando il di più sotto la pelle del varietale.

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Toscana Rosato 2016 – Rocca di Montegrossi

rosato-rocca-di-montegrossiAmmettiamolo, dai, che i Rosati non è che stiano proprio in cima ai pensieri degli appassionati del buon bere. Di coloro poi che se la tirano a suon di etichette, meno che mai. Quasi fossero dei vini a metà, si è soliti associarvi un alone di incertezza e di vacuità, come se il “compromesso” cromatico dovesse giocoforza tramutarsi in una presa di distanza caratteriale, ciò che raramente conduce dalle parti dell’immedesimazione e del coinvolgimento. E’ bello quindi, ogni tanto, sfatare luoghi comuni. Il Rosato 2016 di Marco Firidolfi Ricasoli, appassionato vignaiolo di Monti in Chianti, vi riesce con innata nonchalance. Brillantezza espositiva, eleganza, dettaglio, fluidità di trama, soffice tattilità e una tensione garbata sulle ali dell’equilibrio lo proiettano ai vertici della (sottostimata) tipologia. Persino il territorio, il suo territorio, gli concede appigli preziosi: lo senti da quel sottotraccia sapido, che pulsa sapore per instradarne la persistenza. Sì, dal Chianti Classico, finalmente, un Rosato per i miscredenti.

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Rosso di Montalcino 2014 – Pian dell’Orino

pian-dell-orin-o-rosso-dmDovessi raccontare a parole il concetto di “naturalezza espressiva“, a mio modo di vedere il concetto portante per una moderna interpretazione critica in campo enologico, quanto dovrei faticare? Per fortuna, gli esempi tangibili ci vengono in soccorso, rendendo più agevole l’ardire di una spiegazione. Jan Erbach e Caroline Pobitzer ci hanno messo tutta l’indole teutonica delle loro discendenze nella maniacalità con la quale hanno studiato il territorio, il microclima e la geologia dei suoli per arrivare a fornire una “visione” pura e dettagliata dei vini di Montalcino. Un percorso di crescita che si è preso il suo tempo, e con il tempo il respiro che solo attiene alla autenticità. Il Rosso di Montalcino 2014, da poco in commercio, è un vino delizioso, irresistibile, da bere a secchi. E neanche tanto disadorno come l’annata selettiva lascerebbe presupporre. Gode semmai di una compiutezza rara per la tipologia, lì dove istinto e complessità vanno a braccetto, e tu non sai che scegliere.

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Rosso di Montalcino 2015 – Ridolfi

ridolfi-rosso-dmGianni Maccari. Ovvero, del segno che lasciano i tanti anni trascorsi nel ruolo di cantiniere a Poggio di Sotto, sotto l’ala protettiva e maestra di un certo Gambelli, Giulio Gambelli. Oggi lo ritroviamo qua, ai Mercatali di Canalicchio. Grazie alla sua sensibilità, i vini Ridolfi della generazione nuova stanno cambiando pelle. Prendi il Rosso di Montalcino ’15 per esempio: è armonioso, docile, accogliente, di un’eleganza confidenziale e alla mano. Frutto, piacevolezza e garbo espositivo abitano questo bicchiere. In sua compagnia starai bene, e sopporterai di buon grado il briciolo di dolcezza in esubero che la sua trama ti riserva. Grazie quindi a Tullio, patron gentile dell’Osticcio di Montalcino, per il suggerimento e la proposta.

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Nebbiolo d’Alba Vigna Valmaggiore 2014 – Bruno Giacosa

valmaggiore-giacosaCarezzevole, delicato, sinuoso, dai profumi invitanti di frutto e fiore. Non un graffio né una impuntatura, solo struggente tenerezza, e ricamo accurato, e circuizione sottile. Lo stile ha la purezza dell’acqua.

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Nebbiolo d’Alba Valmaggione 2013 – Brovia

valmaggiore-broviaL’appezzamento Valmaggiore sta in Roero, precisamente nel comune di Vezza d’Alba, terra di sabbie e vigne pendenti. Eppure vanta una solida reputazione anche sull’altra sponda del Tanaro, nelle Langhe dei Barolo e dei Barbaresco. Piace infatti a parecchi (Bruno Giacosa docet). Un caso raro, ché i “campanili” di qua e di là dal fiume si sprecano, e ci vanno giù duro. La famiglia Brovia  – eccellente interprete barolista – ce ne offre una versione importante, dove la brillantezza aromatica viene amplificata da una incredibile droiture gustativa, ispirata dalla fitta acidità e da un tannino fresco e lieve. Di proporzioni perfette ed invidiabile portamento, si avvantaggia di un gusto affilato ed incisivo, per concretizzare i contorni di un grande Nebbiolo, da qui al futuro.

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Barbaresco Riserva Rabaja 2008 – Giuseppe Cortese

rabaja-riserva-corteseLa prima volta che lo incontrai, in cantina dal produttore, mai sintesi fu più immediata: “monumentale”. Oggi, motivato dalla bella compagnia di una sera, non ho esitato ad ordinarlo, nonostante la generosa presenza di piatti marinari sulla nostra tavola. Mai scelta fu più azzeccata. La sua forza catartica ha ridato luce al buio, e Fabio Rizzari -ne sono certo- lo includerebbe fra i vini da bere con gli occhiali da sole. Nobile e concreto, in lui si esalta la razza antica. Non lo dimenticherai, non lo dimenticherò. Solo il tempo lo farà, come in ossequioso rispetto.

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Romagna Sangiovese Superiore Riserva Redinoce 2013 – Balìa di Zola

balia-di-zolaL’enclave di Modigliana, nella Romagna di sponda forlivese, si riappropria di senso estetico. Ed io posso finalmente riavvolgere indietro il nastro dei pregiudizi. Il Redinoce ’13 di Veruska e Claudio Fiore passa distante dalle derive “presenzialiste” e muscolose dei Sangiovese romagnoli di più moderna e smaliziata concezione, quasi rifuggendole, per rendere una lettura della propria terra più sfaccettata, in cui la componente fruttata sia in grado di stemperarsi in uno sviluppo accordato ed elegante, pieno di séve e mai avaro di dettagli. Un Sangiovese dall’indole quasi chiantigiana, se vogliamo, per portamento e sinuosità, dove la dolce avvolgenza del tratto gustativo non ci pensa manco lontanamente a tramutarsi in uno stanco refrain.

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Maremma Toscana Ciliegiolo Vigna Vallerana Alta 2013 – Antonio Camillo

vigna-vallerana-altaTutto il bene che è già stato detto, e che abbiamo già detto, sull’etichetta e sull’autore sta racchiuso qui, nel mio bicchiere di oggi. L’incantevole fraseggio dei profumi, il passo lieve, la trama sussurrata, l’innata spigliatezza traggono ulteriore ispirazione da una vendemmia equilibrata, rendendo al vecchio vigneto Vallerana Alta di Capalbio la statura del cru di vaglia. E al ciliegiolo, piccolo e quasi dimenticato vitigno delle colline maremmane, l’illusione concreta di un futuro che parli di lui.

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Bramaterra Cascina Cottignano 2013 – Colombera & Garella

bramaterra-colombera-e-garellaMa quanto sarà raro imbattersi in un Nebbiolo del Nord Piemonte, se non ti trovi proprio in Nord Piemonte? L’ho scovato, non senza fatica, in terra toscana, grazie alle intuizioni vivaddio poco addomesticabili di certi enotecari attenti. Conta niente se l’antico Bramaterra è un Nebbiolo “in prevalenza” (non puoi dimenticare gli innesti di croatina e vespolina nella palette costitutiva): temerario come non mai, l’ho accostato con sommo godimento ad una spettacolare cernia proposta dall’amico Angelo Torcigliani nel suo rinnovato Merlo, sul litorale della Versilia. Il rigore, la compostezza e l’aulica classicità di questo rosso dai sentori pepati sono portatori sani di buon umore. Ed è una finezza priva di orpelli la sua, di introspettiva signorilità. Nomen omen, è un vino che ti fa bramare una terra, una terra nella quale riconoscersi.

FERNANDO PARDINI

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