Vinessum 2017, quarta edizione. Vignaioli Artigiani Protagonisti. Le idee sono chiare

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vinessum-014-smallLa mia professoressa di italiano delle medie sarebbe stata contenta. A dir la verità, anche quella che mi dava ripetizioni pomeridiane lo sarebbe stata. Perché non sono mai riuscito ad essere essenziale e loro, poverette, si dovevano sorbire pagine e pagine di esuberanza adolescenziale e vulcanica creatività senza un filo conduttore. Invidio chi possiede capacità di sintesi, chi riesce a centrare l’obiettivo in poco tempo e con il minimo sforzo. Io invece mi perdo. Mi smarrisco continuamente nelle sfumature, fra le righe, nelle cose non dette. Succede così che mi arresto. E allora annuso “l’aria”. L’aria mi regala le informazioni che apprezzo di più. Sono informazioni essenziali perché nude, non hanno maschere e le comprendo con più facilità, senza perdermi di nuovo.

vinessum-011-smallInnanzitutto il plauso va ad Andrea Marchetti, che con caparbia tenacia ed autentico credo etico/filosofico è riuscito a portare a compimento, per la quarta volta, questo festival itinerante che ha toccato con le prime due edizioni Castel Guelfo e poi Mesola. Collaboratore e forumista del Gambero Rosso, Andrea, idee chiare in testa, è riuscito a coinvolgere i produttori in un autentico movimento di bioviticoltori. Oddio, cosa ho detto!? Bioviticoltori? Scusate, mi è scappato. Come? Ah, adesso si può ?

Da Fornovo a Villa Favorita, passando per i banchi d’assaggio della FIVI a Piacenza, il tempo ha fatto il suo corso. In tutti i settori sono stati abbattuti muri. Abbiamo ottenuto le unioni civili e la liberatoria all’uso (e all’abuso?) del termine bioviticoltore o “vini in biodinamica”. Da qui la prima certezza: anche se non esiste un disciplinare specifico che ne attesti le procedure, ma il tutto è lasciato alla correttezza direi etica del produttore, oggi si può finalmente dire che un vino è fatto in biodinamica. E hai detto niente! Come tanti di voi anch’io spesso lo pronunziavo un po’ a denti stretti, non sia mai mi fossi trovato nelle vicinanze di qualche super critico di fama, pronto ad incrociare le lame come in un libello di Dumas padre!

i-o-vines-005-smallOra, per gli eventi che contano sono solito partire sempre organizzato con carta, penna e calamaio, la lista dei produttori, la macchina fotografica che si inceppa ogni due per tre e il buon cellulare per sostituire immediatamente quello strumento diabolico costatomi seicento euro e deceduto proprio alla scadenza della garanzia. L’estate, a Bagnacavallo, seppure non sia stata ancora sancita dal calendario, ha fornito con notevole anticipo un “assaggio” del suo potenziale in termini di calura. Puntuale, alle tre pomeridiane, il portone del chiostro di San Francesco si è aperto e un gruppo già nutrito di persone è sciamato all’interno in sordina. Molti sorrisi ed eccitazione già all’ingresso, un “foyer “ che poco dopo farà fatica a contenere la fila di gente. Mi accodo e, piantina alla mano, inizio a degustare. Il pubblico è giovane, attento, dopo un po’ ciarliero, più tardi schiamazzante. Ma ci sta. Non noto né carta né penna nelle mani di questi giovani eno-viandanti. Ah, male, male, penso fra me e me, come fate poi a studiare, confrontare, ponderare, esaminare? Questo giovane pubblico non ne ha bisogno, e sapete perché? Perché è alla ricerca di una sorta di empatia con il vino e con il produttore. Così chiedo e mi confronto. Alcuni di loro hanno fatto i corsi “classici “ di avvicinamento al vino ma la maggior parte no. Sono giovani appassionati che stanno creando un nuovo atteggiamento ed un nuovo linguaggio, con parametri gustativi differenti. Non sono lì per far serata, badate bene, sono lì per continuare a vedere cosa sta succedendo nel movimento dei produttori biodinamici.

i-o-vines-099-smallInnanzitutto frequentano tante degustazioni, da quelle organizzate in enoteca/trattoria con un singolo produttore fino agli eventi di più ampio respiro, come questo. Alcuni di loro seguono spesso gli artigiani del vino di manifestazione in manifestazione. Li conoscono bene, sono spesso in cantina e ne sono divenuti amici. Così una merenda in vigna diventa un modo per apprendere, rapportarsi, capire che quel vino e quel territorio posseggono delle peculiarità. La capacità mnemonica va ad aggiungersi alla suggestione emotiva, istintuale, e così l’immagazzinamento dei dati nel cervello si rafforza.

vinessum-025-smallAltra notizia che mi arriva dal confronto, ma anche dalla informazione via web, è quella del nuovo linguaggio che si sta creando. La terminologia è divenuta più semplice ma non meno efficace. Complessità e piacevolezza, innanzitutto. Il vino deve smuovere i sensi ed i recettori deputati sono le emozioni. Profumi, colori e sapori si interscambiano e il tutto viene vagliato solo dalle percezioni emotive. Un vino mi dà piacere, curiosità, estasi, disgusto, diletto, soddisfazione. Questi sono i parametri. Le molteplici informazioni vengono raggruppate nei sensi, e vengono così semplificate. Come poi tutto questo venga efficacemente comunicato agli altri è un argomento che mi rende ancora un po’ perplesso. E’ giusto, è sbagliato? Sta di fatto che è una strada ormai intrapresa nel modo di approcciarsi al vino. Una strada che non penso apporti confusione (magari all’inizio una difficoltà di comprensione fra “gruppi di appartenenza” diversi), ma che a mio avviso potrebbe migliorare la “specie”.

vinessum-083-smallGli antichi greci furono i maestri del raziocinio ma anche della esaltazione dei sensi. L’eterno duello fra mente e fisicità, chi vince? Perché, invece, non migliorarsi grazie alla unione delle due cose?  Anche gli stessi produttori non si addentrano più in analisi descrittive da tesi di laurea. Le facce che incontravo spesso in passato alle varie fiere, con l’espressione di chi non ne può più di raccontare i momenti intimi del lavorìo dei lieviti selezionati, hanno lasciato il posto a sorrisi e a battute. Poi comunque l’informazione viene fornita, ci mancherebbe, ma in forma più leggera, coniando a volte, per aiutarne la comprensione, simpatici termini ad hoc.

Questo nuovo movimento di aficionados creatosi attorno a loro li supporta, li stimola, li entusiasma. Tanti, ripeto, tanti giovani produttori, età media 27/28 anni, chi alla seconda vendemmia, chi alla quarta. Nessun figlio di papà, magari figli di ex-conferitori che hanno deciso di mettersi in proprio. Ti travolgono con il loro entusiasmo e ti raccontano della fatica che fanno mentre gli amici vanno al mare, o del mutuo che hanno contratto e che in tot anni, se tutto va bene, riusciranno ad estinguere. C’è chi ancora non se la sente di mettersi nelle grinfie della Bank di turno ma è riuscito a trovare una cantina amica che gli ha offerto ospitalità per una botte, una cisterna o una pressa.

i-o-vines-112-smallChe bello essere calamitato dalle loro emozioni, da quel flusso di energia pulita e sincera che riescono a trasmettere. E’ il futuro, sono il futuro. E che bel futuro! Amano la terra, non temono la fatica, e tutto questo per avere una sola occasione all’anno per produrre un buon vino. Nutrita la partecipazione di vignaiole, circostanza che a me piace tanto. Perseveranti, delicate, tenaci, leggiadre. Ascoltate con più attenzione i loro vini, cari lettori. Dedicategli qualche minuto in più. Vini più “sensibili” quelli, con una attitudine alla finezza più compiuta rispetto a quelli dei colleghi maschi.

i-o-vines-085-smallLa fatica incomincia a farsi sentire, sia mia che loro. La frescura del vespro porta ristoro. Ripongo carta e penna in saccoccia e mi avventuro fra i banchi d’assaggio come fossi un turista in uno slum commerciale di Bombay. Il chiacchiericcio è rumoroso, frenetico ma musicale. Il buon Bacco, anche stavolta, ha messo a posto tante cose dentro a ognuno di noi. Questo è il momento, il momento dove tutti gli schemi saltano. Allora assisto ad un ennesimo regalo: i produttori che girano ad assaggiare i vini dei colleghi, con attenzione, con curiosità, interagendo. Vecchi vignaioli che ascoltano i nuovi con tenerezza, pochi consigli e tanto supporto. Non vedo generazioni a confronto, vedo uomini e donne provenienti ciascuno da una strada sua, che vanno a confluire in questo viridàrio. Spuntano una fisarmonica e un clarinetto. Sono i vignaioli del Carso. Non comprendo cosa stiano intonando, se una sorta di improvvisazione o se una melodia popolare. Gli ultimi visitatori rimasti si avvicinano rilassati, per farsi rinfrescare da musica e parole. Mai magia è stata più potente.

Arrivederci a Back to the Wine, 12 e 13 Novembre 2017.

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Qualcuno potrebbe domandarsi e domandarmi: “ Ma i vini? Non eri andato li per incontrare e conoscere qualche nuovo produttore e buttar giù qualche suggerimento? “

“Vero, ecco allora, per piacere mio e in ordine assolutamente casuale e non di preferenza, qualche breve spot:

  • Podere Anima Mundi. Nonostante Bolgheri sia a due passi, vini originali e di sostanza.
  • Mario Gatta, dalla Franciacorta. Ovvero, come non rimpiangere la Champagne.
  • Matervi di Alberto Rigon. Della serie “saranno famosi”.
  • Vasja Cotar. Un orso dall’animo sensibile. Vini introspettivi e di spessore.
  • Casale. La Toscana del Sud che non ti aspetti.
  • Cascina Boccaccio. La nobiltà del Dolcetto.
  • Rosmarinus. L’uso magistrale del sovescio.
  • Tre Mat. E’ tutto.
  • Casa Belfi. Il Prosecco del futuro.
  • Rocco di Carpeneto. Storie di Barbera.
  • Cristina Meggiolaro. Il Durello e i terreni vulcanici.

 

Fotogallery

Marco Bonanni

Sono cresciuto con i Clash, Bach e Coltrane, quello che so del vino lo devo a loro.

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