Girovagando per la Lucchesia: Terre del Sillabo

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20170617_153505Trascorsa la mattina in Garfagnana, nella vana ricerca di un po’ di frescura, bello accaldato dall’afa – più tipicamente agostana che di metà giugno – mi avvio verso casa passando dalla Valfreddana, nei pressi di Lucca, un nome ahinoi solo illusorio in questi giorni di implacabile calura. Sulla via per Camaiore, in località Cappella, vedo le indicazioni di Terre del Sillabo e la deviazione è automatica.

Sono a casa dell’istrionico Giovan Pio “Giampi” Moretti, personaggio importante nel panorama enoico provinciale (e non solo), tant’è che è stato tra i promotori dell’Associazione Grandi Cru della Costa Toscana. E’ proprietario di circa sette ettari di vigne, divise tra due valli vicine, che segue personalmente col supporto tecnico di professionisti. Prima annata prodotta nel 1993, siamo quasi alle nozze d’argento.
Giampi è barricato (con una c sola) al fresco dell’agriturismo, mi tocca chiamarlo al telefono per farlo venire nell’adiacente cantina. Acquisto un cartone di vino e gli chiedo di scambiare due parole: “certo, ma mentre ci beviamo una bottiglia!”.

Raggiungiamo il gazebo del giardino, tra l’agriturismo e le belle vigne che lo contornano sovrastate dai boschi, e si parte con le chiacchere. Tra le varie amenità che la temperatura corroborata dall’alcol può far elaborare, trovo interessante la teoria che tutto sommato la Valfreddana non è così terribile per il freddo, appunto. Mentre tante vigne della zona sono soggette alle temibilissime ghiacciate tardive, la valle ha un proprio microclima, una propria corrente d’aria fresca ma non “polare”, che protegge le vigne dalle correnti più insidiose che scendono dalle alte quote. Un problema invece comune a tutti è la strage di uva matura operata dai cinghiali, solo un terzo quando va bene!

20170617_153551Finiamo la bottiglia, bevuta (e non degustata) alla cieca, e se indovino vitigno e l’annata me ne regala un’altra.
Memore di alcune bottiglie d’antan che Giampi era solito tirare fuori da sotto il banco d’assaggio  in alcuni eventi di qualche tempo addietro, mi rendo conto che il compito è assai arduo.
Il colore è dorato, carico, ma mi pare d’intravedere anche qualche riflesso verdognolo. Al naso sono nette le note burrose, la frutta (gialla) stenta a farsi sentire, più evidente la scorza di arancia; il vegetale è sussurrato mentre il minerale è ben presente, anche con accenni di pietra focaia. Al palato è corposo, con una grassezza burrosa notevole ma, grazie alla sapidità minerale e all’acidità, si beve molto volentieri nonostante la temperatura di servizio un po’ alta. Anche la gradazione alcolica, sebbene bilanciata dal corpo, suppongo sia notevole. Vino particolare, intrigante, che forse sarebbe stato meglio apprezzare dopo un’adeguata ossigenazione e partendo da temperature di servizio più fresche per poi lasciarlo scaldare nel bicchiere.

Ma questo è quanto e devo trarre le mie conclusioni: parto dall’incognita all’apparenza più semplice, il vitigno. Nei bianchi la scelta ricade su chardonnay o sauvignon, ho il 50% di probabilità di azzeccare. Le note burrose, la frutta gialla, a tratti ammiccante all’esotico, il corpo e la grassezza al palato mi fanno propendere per lo chardonnay. Sull’annata forse potrei avere più fortuna con un gratta e vinci, se un produttore non lo conosci bene è molto difficile azzeccarla e poi di bianchi invecchiati diversi anni, almeno per quello che mi compete, ne bevo raramente. 20170617_162050Ci provo lo stesso e mi appiglio a tutti i dati in mio possesso: ricordo che in cantina non è andato a cercare la bottiglia chissà dove ma era piuttosto a portata di mano, poi c’è il colore brillante del vino, i suoi riflessi e l’acidità che mi fanno propendere per un’annata non troppo vecchia. Ero già rimasto stupito a suo tempo ma non me la sento di scendere troppo con gli anni. E’ deciso, mi butto: Chardonnay 2007.

Scoprire la bottiglia mi crea un certo disagio ma mai come lo schiaffo quando leggo l’etichetta: Le Murelle (vecchio nome dell’azienda, quello dell’agriturismo) – Sauvignon 1997!!! Non dovevo lasciarmi fuorviare da alcune sensazioni, ad esempio la grassezza che sovente si riscontra negli Chardonnay ma che dipende dal processo di vinificazione e non dal vitigno, e seguire altre indicazioni, ad esempio le note fumé che sono tipiche del Sauvignon… ma col senno di poi son bravi tutti!

Vabbè, doveva succedere prima o poi, ne esco un po’ ferito nell’orgoglio ma al contempo felice di aver assaggiato qualcosa di particolare in compagnia di un personaggio altrettanto unico!

Leonardo Mazzanti

Leonardo Mazzanti (mazzanti@acquabuona.it): viareggino…”di scoglio”, poiché cresciuto a Livorno. Da quando in giovane età gli fecero assaggiare vini qualitativamente interessanti si è fatto prendere da una insanabile/insaziabile voglia di esplorare quanto più possibile del “bevibile enologico”. Questa grande passione è ovviamente sfociata in un diploma di sommelier e nella guida per diversi anni di un Club Go Wine a Livorno. Riposti nel cassetto i sogni di sportivo professionista, continua nella attività agonistica per bilanciare le forti “pressioni” enogastronomiche.

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