Montecarlo (di Lucca): derive e approdi. Ragionamenti, interpreti, vini/2

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ENZO CARMIGNANI

enzo-camignani-viniEnzo Carmignani ci ha recentemente lasciati. Una perdita di peso per la storia del vino di Montecarlo. Con epicentro produttivo nella zona vocata della Cercatoia Alta, nel settore sud-occidentale della denominazione, la sua fattoria ha rappresentato ed ancor rappresenta uno dei capisaldi quanto a tradizioni storiche e radicamento territoriale.

All’interno di una proposta annunciata da etichette teneramente retrò e old fashioned, brillano per continuità e definizione i bianchi, a partire da uno dei Montecarlo Bianco più completi e regolari della tipologia. L’annata 2016 non fa che confermarne l’ispirazione, grazie alla compostezza dei profumi, all’ottimo amalgama e alla sapida persistenza.

Lo Chardonnay (quasi) in purezza Tentazione 2016, invece, le cui uve provengono dal vigneto Verruka, porta in dote sentori di gelsomino, erbe aromatiche e ginestra; si distingue per un incedere ritmato ed aggraziato al tempo stesso e per un disegno piuttosto elegante e ben rifinito.

Meno convincente il Sauvignon Urano 2016, apparso fin troppo timido, silente e svagato.

FATTORIA CERCATOIA ALTA – FORNACIARI

cercatoiaalta_logoAngelo Fornaciari è ritornato alla terra, alla sua terra, dopo tanto girovagare. Nella proposta attuale, fra un Montecarlo Bianco 2016 in lieve deficit di finezza e un ambizioso Merlot chiamato Rubro la cui versione 2015, se non pecca di cromatismi e di intensità, non fa della dinamica la sua dote migliore, è il Montecarlo Rosso 2016 ad emergere per carattere e grado di contrasto, perché al nervosismo di un quadro aromatico ancora da distendersi, da cui spunta una singolare nota affumicata, risponde con un palato più leggibile, sciolto e reattivo, modulato nei toni e tattilmente levigato.

FATTORIA DEL TESO

fattoria-del-tesoVera e propria istituzione montecarlese, la Fattoria del Teso è parte integrante della storia più nobile ed apprezzata di queste terre. I suoi 15 ettari di vigneto specializzato si trovano prevalentemente nella zona sud della denominazione.

I vini estratti dalla gamma aziendale annoverano un Montecarlo Bianco 2016 il cui coté gessoso-floreale e la cui snella profilatura ci ricordano quasi un Pigato. Un bianco tecnicamente curato questo qua, di media freschezza, non troppo complesso ma in grado di assumere un andamento melodioso e piacevole.

In debito di freschezza e di articolazione ci è apparsa invece la versione 2014 di Anfidiamante, il rosso più importante della casa, frutto dell’assemblaggio di sangiovese, syrah, merlot e petit verdot. L’annata acida e piovosa non sembra averne snellito poi tanto la silhouette, se stiamo alla stazza robusta e abbondante con cui ti presenta il conto. Viene annunciata da un rubino fittissimo e resta scandita da un tratto gustativo oltremodo generoso, in cui le note di frutto confit non giocano a favore di equilibrio, casomai di esuberanza.

FATTORIA DI MONTECHIARI

logomontechiariMoreno Panattoni, montecarlese doc, pur avendo vissuto per molti anni all’estero, in realtà la terra sua non l’ha mai abbandonata. Il solco profondo della sua affezione lo aveva già tracciato una trentina di anni orsono, fondando un’azienda che da lì a poco si sarebbe distinta per singolarità della proposta e brillantezza dei conseguimenti (non vi si producono vini Doc ma pressoché monovitigno, con alla base vitigni internazionali, eccezion fatta che per il sangiovese), doti non disgiunte da un certo “fascino indiscreto” alimentato dall’aura di ricercatezza, a cui ha probabilmente contribuito la scarsa reperibilità dei vini sui mercati interni.

Fra i vari vini prodotti, il Montechiari Cabernet si è ritagliato un posto al sole a livello nazionale e rientra oggi fra gli esemplari più apprezzati dei cosiddetti “bordolese style”. L’annata 2013, figlia di un’ottima vendemmia, ha materia importante, densità adeguata, tatto sinuoso, tannini dolci e maturi, tutte avvisaglie di un lavoro scrupoloso e di un vino potenzialmente bello e longevo. Il bicchiere di oggi ce ne svela solo in parte lo splendore, veicolato dall’ingerenza di un rovere ancora in fase digestiva. Chiede tempo, e quel tempo gli va dato, perché lo merita.

FATTORIA LA TORRE

fattoria-la-torreFra gli standard qualitativi più affidabili e “metronomici” della compagine lucchese va indubbiamente annoverata la produzione della Fattoria La Torre, cantina situata a due passi dal borgo antico di Montecarlo, che valorizza la sua più eclettica ed ambiziosa prova di forza espressiva nei “vini di fantasia”, categoria peraltro molto frequentata da queste parti, visto il particolare pregresso storico che ha letteralmente indirizzato in tal senso lo sviluppo viticolo del territorio. Per cui non sorprenderà poi tanto ritrovare ai vertici della gerarchia aziendale, chessò, un blend vermentino-viognier (Altair) o un Syrah in purezza (Esse).

Altair 2016, intanto, risente dell’influenza di vitigni semi-aromatici, questo è chiaro, ciò che va a tradursi però in uno spettro dei profumi comunque personale e sfaccettato, coerente pendant di una bocca scattante, vivace, affusolata, “nordica” nel portamento.

Più dialettico l’assaggio di Esse 2013, il cui timbro aromatico si trasfigura e si personalizza, come al solito, nei risvolti di sottobosco, menta e spezie, e in una coloritura vegetal-piccante che raramente sconfina nella crudezza. In bocca non manca di contrasto e continuità d’azione: c’è carattere più che finezza.

Infine, si respira un’aria vagamente crepuscolare al solo accostarsi ad Albireo 2014, un Petit Verdot la cui scabra impronta vegetale tende a sottrarre ariosità alle trame.

FATTORIA IL POGGIO

fatt-il-poggio_-logoApprezzata per l’attività ricettiva ed agrituristica, “approdo” piuttosto frequente per le aziende vitivinicole del comprensorio lucchese, la Fattoria Il Poggio della famiglia Rossi ha una lunga storia alle spalle e vanta una tradizione agricola ovviamente impostata su una manifattura di stampo artigianal-familiare. La proposta di oggi, in chiaroscuro, si è focalizzata sui due Igt della casa.

L’Incantate Bianco 2015, da uve chardonnay, è tanto esplicito ai profumi quanto rigido e contratto al gusto, quasi fosse ancora alla ricerca dell’assetto migliore. L’Incantate Rosso 2015, classico uvaggio bordolese a dominante merlot, si propone con un rubino fittissimo e con un coté fin troppo maturo nella dote del frutto, segni che annunciano un vino ricco, concentrato ma “a trazione anteriore”, in debito cioè di articolazione e di sfumature.

PODERE SGRETOLI

sgretoliSe ne parla, certo che se ne parla, di questa piccola realtà montecarlese capitanata da Angela Diletti. E se ne parla soprattutto per l’approccio bio e “consapevole” che va a connotarla in quel “contenitore di contenuti” che guarda alla naturalità dei gesti e dei modi, esigenza sempre più sentita all’interno del territorio lucchese, che non a caso ha visto la recente fondazione di una rete di aziende operanti in tal senso, chiamata Lucca Biodinamica.

Probabilmente questi impulsi hanno fatto bene al Montecarlo Bianco 2016, i cui freschi rilievi di cedro e caramella alla frutta donano una efficace spigliatezza al quadro aromatico per trovare poi buona corrispondenza sul palato, dal tessuto adeguatamente coeso e dai toni ben bilanciati. Quel che viene da pensare però è che questa fisionomia di vino, più che naturalezza espressiva, richiami alla mente una rassicurante, tecnica allure.

Non si muove sugli stessi crinali espressivi il Montecarlo Rosso 2015, alquanto massiccio nella tinta e nelle trame, il cui impatto fruttato dalle tentazioni confit mal si concilia con il concetto di dinamica e di articolazione.

SELMI ANNA MARIA

anna-maria-selmiUbicata nella parte occidentale della denominazione, l’azienda di Anna Maria Selmi unisce la produzione vinicola ad una qualificante offerta ricettiva. Dalla prima estraiamo oggi Conte Rosso 2015, da uve merlot provenienti dai vigneti di proprietà in località Cercatoia Alta. Il colore imperativo e concentrato, le sensazioni di frutta in confettura, l’intrico delle erbe macerate ed officinali a contorno, gli fanno assumere le sembianze di un giovane Amarone più che di un rosso della Lucchesia! Alcol, intensità e potenza, difatti, ne scolpiscono le trame; più defilate agilità e disegno.

STEFANINI-TRONCHETTI

stefanini-tronchettiUna compagine di vini DOC di tutto rispetto quella offerta da Simone Stefanini, che coltiva uve (e ulivi) nella parte nord della denominazione, a poca distanza dal centro storico di Montecarlo. L’accoppiata Montecarlo Bianco e Montecarlo Rosso (linea Il Vignolo) dell’annata 2016 è apparsa fra le più centrate e godibili dell’intero parterre, con il Bianco dal tratto stilizzato ma alquanto teso e longilineo, e con il Rosso la cui fragrante, golosa spigliatezza di frutto e fiore ci ha fatto persino venire alla mente un Santa Maddalena altoatesino!

Meno brillante il rosso San Piero in Campo 2013, la cui integrità pare soffrire un po’ troppo le insidie del tempo.

TENUTA DEL BUONAMICO

tenuta-del-buonamicoVero e proprio baluardo del vino montecarlese, la Tenuta del Buonamico, fin dalla sua nascita (1964), si è ritagliata un posto privilegiato fra le cantine del territorio (e anche più in là) grazie alla intraprendenza e alla “visione” dei vari proprietari che si sono succeduti alla guida. Non da meno gli attuali proprietari, la famiglia Fontana, che ha investito e sta investendo per il futuro dell’azienda nell’intento di nobilitare il blasone di una antica denominazione toscana non propriamente conosciuta per quanto meriterebbe, e che solo grazie a pochi esempi virtuosi come quelli del Buonamico ha saputo mantenere un bagliore di visibilità nel mare magnum dell’enologia nazionale.

Oggi la proprietà è impegnata a realizzare un progetto composito ed ambizioso, che affiancherà alla produzione agricola un’importante attività ricettiva, di accoglienza e di ospitalità, nel tentativo di proiettare il piccolo mondo di Montecarlo, per certi aspetti piuttosto chiuso e restio ai cambiamenti, in una dimensione imprenditoriale più dinamica e contemporanea.

In campo enologico, dopo i comprensibili aggiustamenti di tiro, la variegata proposta individua nei Montecarlo Bianco i più fieri testimonial della tradizione dei luoghi. Sono vini che, più di altri pari categoria, possiedono quella timbrica terragna e fibrosa che risente in maggiore misura dell’impulso del trebbiano, piuttosto che degli svolazzi delle uve aromatiche. I due Montecarlo Bianco 2016, “classico” e selezione Etichetta Bianca, sono infatti caratterizzati da sobrietà e concretezza, ma abbiamo preferito il primo in virtù di una maggiore chiarezza espositiva.

E mentre in tema di Montecarlo Rosso il “classico” 2016 , pur offrendo il fianco a certe screziature vegetali, si fa garante di un gusto scorrevole, l’Etichetta Blu 2015, cui l’annata calda ha conferito rilievi dolci e maturi alla trama del frutto, è apparso più articolato e potenzialmente interessante.

Si cambia passo, ovviamente, se ci avviciniamo alla produzione alta della casa. Intanto, il celebre Vasario, Pinot Bianco in purezza, nella versione 2015 si è scrollato di dosso la zavorra impegnativa del rovere (molto più integrato del solito), recuperando in tal modo purezza espressiva ed ariosità. Ed è una bella notizia.

il-fortinoMentre Cercatoja Rosso 2015, altro vino simbolo del Buonamico e combinazione di uve sangiovese, syrah e cabernet sauvignon, nonostante la fittezza e la concentrazione naturale riesce a mantenere dritta la barra dell’equilibrio grazie alle fresche coloriture balsamiche e ad una reale forza comunicativa, fiera e sanguigna.

Più di tutti, torna sui livelli che gli competono, concretizzando probabilmente la prova più autorevole dell’ultimo decennio, Il Fortino 2015, Syrah in purezza le cui uve provengono dal vigneto italiano più vecchio mai piantato con questa varietà (1964). Che l’annata sia stata particolarmente congeniale per le esigenze del delicato vitigno “francioso” lo si comprende fin dai primi giri di bicchiere: la compassata eleganza e la profonda signorilità non lasciano adito a dubbi. La croccantezza del frutto poi, turgido e vibrante, apre la strada ad un sorso ampio e piacevole, che potrà crescere nel tempo.

TENUTA SAN BEDA

il-maire-san-bedaDi questa realtà montecarlese poco so, se non che si trova in località Cercatoia ed ha avuto un recente “riavvio” produttivo grazie all’affidamento delle terre e della cantina alle cure di Maria Patrizia Fantozzi, figlia dei titolari. In vigna, e succede spesso da queste parti, alle uve tipiche quali vermentino, trebbiano, sangiovese, canaiolo e ciliegiolo si affiancano vitigni internazionali in uso a Lucca da molto tempo, come roussanne, syrah e merlot.

Fra i vini proposti, il rosso Sciccòr 2015 (sangiovese, ciliegiolo, merlot) ha un rubino che ammette le sue belle trasparenze, e quindi – vivaddio –  non incute timore. Se non fosse per quella sensazione ferroso/metallica e per quel tratto rugoso venato da sentori di sottobosco e liquirizia, che lo indirizzano nel verso dell’evoluzione un po’ troppo in anticipo coi tempi.

Più centrato l’altro rosso della casa, Il Maire 2015 (sangiovese, ciliegiolo, canaiolo): instradato da note di ciliegia e grafite, è levigato nella tattilità, brevilineo nello sviluppo ma sicuramente gradevole.

TENUTE DI BADIA

tenute-di-badiaCollocata in un affascinante contesto paesaggistico disposto ai piedi della collina di Montecarlo, nel comune di Altopascio, ed affascinante di per sé, la Tenute di Badia (Fattoria Badia a Pozzeveri) della famiglia Romani è una realtà agricola a tutto tondo, dove vino ed olio mantengono ruoli centrali ma non esclusivi all’interno dell’attività, completata dalla coltivazione cerealicola e da un fiorente agriturismo.

Per ciò che riguarda i vini, attenzioni esclusivamente riservate ai DOC, declinati qui secondo un profilo sincero, di franca schiettezza, garantito da una apprezzabile cura formale. Fra questi, il Montecarlo Bianco 2016 ci è parso quello meno equilibrato per via del coté maturo nella dote fruttata e di un andamento fin troppo rilassato al gusto.

Di buona fattura il Montecarlo Rosso 2016 , “ciliegioso”, tipicamente fruttato, caratterizzato da un disegno pulito, concreto e definito.

VALDRIGHI

valdrighiPiccola, storica azienda a conduzione familiare tramandatasi di generazione in generazione, si mormora che sia stata la prima ad imbottigliare un Montecarlo DOC quando la DOC venne istituita, nel 1969.

Piuttosto azzeccati i rossi, a differenza dei bianchi. Il Montecarlo Rosso 2016 è curato nel disegno e si avvantaggia di una buona dose di eleganza ai profumi. Floreale, spigliato, soffice senza risultare molle, concretizza un sorso davvero piacevole, nitido e accordato.

Ordine e precisione non mancano nemmeno nel Per Clara 2012, che sembra risentire dell’influsso personalizzante del sangiovese. Sia pur non complesso, è un rosso integro e centrato.

VIGNA DEL GREPPO

vigna-del-greppoAltra cantina storica di Montecarlo, con vigneti disposti nella parte settentrionale della denominazione, quella che guarda di già alla piana pistoiese (da lì puoi vedere Montecatini Alta e Collodi), Vigna del Greppo vanta una produzione governata da una apprezzabile cura formale, che se da un lato garantisce regolarità qualitativa, dall’altro sembra costituire un freno ad una più piena e libera espressività.

Il Montecarlo Bianco 2016 ci è parso il vino più riuscito: teso, agrumato, dal gradevole piglio aromatico, conserva un profilo gustativo nitido e “sorvegliato”, di tecnica consapevolezza.

Il bianco Ebrezza della Luna 2016, Sauvignon in purezza, soffre di una riduzione insistita ai profumi e risulta piuttosto verde e “pirazinico” al palato. Ad emergere è l’intensità, a scapito di un punto di maturazione del frutto non pienamente conseguito.

Infine, il Montecarlo Rosso 2016 sposa la causa di un profilo piuttosto ruspante dalle cadenze vegetali, pur non facendosi mancare una certa freschezza e una certa agilità.

Per l’introduzione a Montecarlo, e per gli sragionamenti su presente e futuro della denominazione LEGGI QUI

Degustazione (alla cieca) effettuata nel mese di settembre 2017.

Ringraziamo la Tenuta del Buonamico per essersi generosamente prestata in qualità di prestigiosa location e per avere messo in piedi ed organizzato la degustazione.

FERNANDO PARDINI

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