ShowRum 2017: una bella idea ben eseguita

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logo_showrumn-piccoloDi buone idee siamo tutti campioni del mondo. La differenza però tra un’intuizione brillante e un progetto serio la fa la fase di “execution”, ovvero la capacità di tramutarla in azioni concrete, finalizzate ad un obiettivo. Ecco, ho sempre provato molta ammirazione per le persone che, con passione e determinazione, riescono a compiere questo percorso. Ammirazione che diventa anche un filo di invidia quando di mezzo c’è una qualunque forma di bevanda alcolica “potabile”.

Con questo spirito mi sono quindi approcciato a Leonardo Pinto, ideatore e direttore di ShowRum, un festival internazionale – tenutosi a Roma con tappe in alcuni dei caffè e cocktail bar di maggior tendenza – dedicato al celebre distillato di canna da zucchero.

Tutto parte da un blog, la Isla de Rum, divenuto oggi il portale tematico di riferimento per la cultura del rum in Italia, con sezione e-shop, formazione, consulenza e tanto altro: qui Leonardo inizia a raccontare le sue esperienze di viaggiatore curioso ed appassionato.

alberto-blasetti-ph-9028Suggestionato dal compianto Silvano Samaroli – suo mentore, selezionatore ed esperto di distillati di fama mondiale, recentemente scomparso – decide ad un certo punto di sfruttare competenze e connessioni costruite nel tempo per provare, anche in Italia, ad organizzare un grande evento di settore: l’obiettivo era quello di mettere a contatto le grandi realtà distributive, i produttori e il vasto pubblico dei professionisti e degli appassionati, portando la percezione qualitativa di questo distillato ad un livello più critico e più alto. Nasce così l’idea di ShowRum ( www.showrum.it ), che si concretizza la prima volta nel 2013 e che oggi, a distanza di appena quattro anni, è ormai, per qualità e rappresentatività dei brand e dei prodotti, uno dei più importanti appuntamenti europei dedicati a questo distillato (in calce all’articolo riporto la lista dei premi assegnati e sempre su queste pagine, con calma, vi racconterò di alcune degustazioni eccellenti).

Ho incontrato Leonardo più volte durante i giorni della kermesse romana e sono tante le suggestioni che ho portato a casa.

alberto-blasetti-ph-9022Ad esempio che ha poco senso parlare, come spesso si sente fra appassionati, di stile inglese/spagnolo/francese…una distinzione più linguistica che altro: <<Per anni si è parlato di “stili” riferendosi alla lingua del paese produttore, ma sarebbe come parlare di stile di vino francese o di vino italiano – mi spiega Leonardo. Le sfaccettature, le materie prime, i metodi di produzione e i disciplinari sono talmente tanti che “stile di vino italiano” di per sé non vuol dire nulla. Lo stesso vale per il rum: certamente il paese di provenienza e la sua cultura sono determinanti, ma la materia prima utilizzata, il tipo di fermentazione, il tipo di distillazione ed il tipo e la durata dell’invecchiamento sono fattori discriminanti per incasellare questo distillato. Chiaramente volendo prendere ogni singolo punto e svilupparlo si capisce come le categorie finirebbero per diventare decine. Una semplificazione che noi abbiamo adottato è ad esempio quella della STC, la ShowRUM Tasting Competition. I rum a cascata vengono in questa competizione divisi per materia prima, quindi per tipo di distillazione, quindi per tipo e durata di invecchiamento. A latere di queste categorie ci sono i liquori a base rum, in genere identificati come “spiced” o “flavoured”>>.

Altra cosa poco nota se non agli appassionati è che il rum non è solo Caraibi: l’Oriente, ad esempio, ha una lunghissima tradizione in materia – pare che in Pakistan sia stato rintracciato il più antico alambicco al mondo – e ci sono paesi come l’India, le Filippine, le Mauritius che ospitano alcuni dei brand più importanti a livello mondiale per bottiglie prodotte (e vendute).

alberto-blasetti-ph-9343Ho capito poi un po’ meglio le dinamiche di prezzo. <<I rum sono prodotti di importazione, molti dei quali provenienti da piccole isole al largo dei Caraibi. Sicuramente l’imballaggio e il trasporto incidono in maniera importante, insieme al fatto che per arrivare a scaffale passano attraverso uno o più importatori/distributori/rivenditori, ognuno dei quali ovviamente ha un margine di ricarico. Infine non è assolutamente da trascurare l’enorme peso fiscale che lo Stato Italiano impone sull’alcool in termini di accise ed iva. Il problema è il costo del lavoro. Quando parliamo di vini in Italia, tutti hanno la stessa imposizione fiscale e lo stesso costo del lavoro, seppur con leggere differenze tra regione e regione, per cui sicuramente possiamo stabilire delle soglie di prezzo minime. Quando parliamo di un distillato prodotto in varie aree del mondo con pressioni fiscali, costi di trasporto e costi del lavoro notevolmente diversi, è difficile fornire una soglia di prezzo.
Un esempio banale: un rum di Martinica, agricole, territorio francese d’oltremare (Europa) con un invecchiamento di almeno 4 anni, difficilmente si trova al di sotto dei 40 euro a scaffale; un rum di Jamaica, con oltre 12 anni di invecchiamento lo troviamo alla stessa cifra. I due rum non sono paragonabili in termini di spese di immobilizzazione (4 anni contro i 12) e soprattutto di costo del lavoro (molto più basso in Giamaica), ma alla fine vengono fuori allo stesso prezzo>>.

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Infine alcune considerazioni su un tema tanto di moda: l’abbinamento con il cibo. <<Credo che il rum – quando è buono – sia meraviglioso sia bevuto liscio, che miscelato o abbinato. Ovviamente quando questo abbinamento è fatto nel modo corretto! Il problema delle mode è che spesso alcuni “professionisti improvvisati” si accodano cavalcando l’onda e non di rado mi è capitato di leggere di degustazioni che, paragonate al vino, è come se accostassero il Barolo al brodino. Un cioccolato molto tannico, poco acido, di grande corpo, messo a fianco di un rum leggero, di lungo invecchiamento, tannico e senza acidità è un abbinamento che non funziona, nonostante nell’immaginario collettivo rum e cioccolato è l’accostamento per antonomasia. Mentre, ad esempio, un agricole di breve invecchiamento, sapido, magari del sud della Martinica con ancora una buona acidità, sta divinamente con un pesce grasso, come il salmone ad esempio, affumicato con un filo d’olio e dragoncello: abbinamento molto meno “convenzionale” ma decisamente più azzeccato.

Insomma, un bel personaggio, una bella manifestazione, un bel mondo: a questo punto aspettiamo l’edizione 2018 e viva il rum!

(Le foto sono di Alberto Blasetti)

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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