Valle Isarco focus – Profondo bianco. Intro/2

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20170923_122333Suoli, facce, paesaggi, umori. E insieme a loro le parole, le parole del vino della Valle Isarco, co-protagonista assoluto di questa storia. Con oggi termina l’introduzione. Da domani iniziano i ritratti, che accompagneranno il racconto all’anno nuovo. Per chi volesse rileggersi la prima parte, eccola qua.

MA TU, DI CHE SUOLO SEI?

Tre input, tre input soltanto per inquadrare l’inquadrabile:

– Siamo a nord, ma a nord per davvero, nella parte d’Italia più settentrionale dedicata alla coltivazione della vite. Vorrà pur dire qualcosa, no?

– Tutte quelle montagne attorno ispirano carattere e caratterizzazione. Come non sentire la loro forza?

– Ma i vini della Valle Isarco avrebbero lo stesso sapore se i suoli fossero diversi?

eisacktalwein_11_2016Già, i suoli, grimaldello fondamentale per ogni terroir che si rispetti, qualora intenda trasfondere un po’ di sé nei vini che da lì prendono vita. I suoli quali responsabili “consapevoli” di una fisionomia, di un profilo, di una movenza. Così almeno la pensano anche qui, in Valle Isarco. Senza quella tipologia di suoli i vini non verrebbero fuori in quel modo, è acclarato. Ora, la disamina della morfologia dei suoli della Valle non è propriamente una cosa semplice da trattare, perché presenta la sua bella complessità. Noi la prendiamo alla leggera, per farci una idea, e partiamo da una considerazione: ma quanto saranno state importanti le glaciazioni!? E’ infatti dalla disgregazione degli antichi ghiacciai che hanno preso origine quei suoli, suoli di origine morenica quindi, che si propongono come stratificazioni di rocce sedimentarie metamorfiche di varia composizione mineralogica.

Un altro tratto accomunante? I terreni, negli strati più superficiali, sono a tessitura sabbiosa e poco argillosa, soffici e permeabili, ricchi di scheletro e pietrisco; a fronte di una forte predispozione all’erosione (da qui i terrazzamenti) si fanno garanti di un ottimo drenaggio e di una reale attitudine a trattenere calore, aspetto che conserva la sua bella importanza a queste latitudini.

20170923_120753Per il resto, “spannometricamente” parlando, la situazione geologica potrebbe essere sintetizzata così:

1.    La zona a nord di Bressanone è caratterizzata da ampi terrazzi fluvioglaciali. I suoli hanno scheletro grossolano, di ciottoli solitamente ricchi in quarzo. Nel substrato contiamo in prevalenza scisti cristallini quarziferi, gneiss, graniti e ardesie, a seconda delle zone. Il clima, a carattere continentale umido con un massimo di precipitazioni durante la stagione estiva, consente la presenza di sufficienti quantità d’acqua nel terreno nel corso dell’intero anno solare;

2.    La zona fra Bressanone e Chiusa vede matrici geologiche di origine morenica a base di filladi quarzifere, dioriti, micascisti (glimmer, in lingua tirolese);

3.    Le zone di Chiusa e Velturno sono caratterizzate da pendii scoscesi, suoli molto sottili con uno scheletro abbondante, povero di quarzo. Il substrato è costituito dalla cosiddetta diorite di Chiusa;

4.    Nelle restanti zone, ed in particolare tra Chiusa e Ponte Gardena, i pendii sono mediamente scoscesi e le coperture molto spesse, di granulometria fine (da sabbia fine ad argilla). Il substrato è costituito da filladi del basamento metamorfico;

5.    Nel tratto meridionale della Valle, da Prato Isarco a Campodazzo, per intenderci, suoli da poco a molto profondi con tessitura sabbiosa e substrato di porfidi quarziferi e graniti.

Un’altra costante, oltre all’origine morenica? La cospicua presenza di silicati, considerati i diretti responsabili dell’emblematico gusto minerale dei vini della Valle Isarco.

Spigolature

punti-interrogativiSe non vado errato il disciplinare di produzione vieta l’uso della irrigazione in vigna, escluso -suppongo- i casi di soccorso o di emergenza climatica. Bene, un tratto distintivo del suggestivo vigneto isarcense, da nord a sud salvo rarissime eccezioni, è costituito dalla presenza di sistemi di irrigazione goccia- goccia. E’ un interminabile serpente in gomma a lasciar traccia di sé al calcio di ogni ceppo. Ecco, in quelle anse scure è come se si perdesse un briciolo di magia. E’ come se l’incanto sospeso di una visione pregnante ritornasse coi piedi per terra, a confrontarsi con il pragmatismo.

Chissà come mai tutta questa premura. Perché non te l’aspetteresti che questa valle possa soffrire di siccità e “asciuttore”, viste le latitudini, visto l’ambiente montanaro e vista la neve che non di rado ne segna il paesaggio in inverno. Certo il clima sta cambiando, anche in Valle Isarco. Estati sempre più calde stanno mettendo a dura prova il vigneto, e soprattutto le tecniche di conduzione. Non è un caso se per contenere le gradazioni alcoliche nei vini, mai così elevate come nell’ultima Decade, si stia ritornando ad una idea di agronomia più sobria e meno spinta. Eppure i suoli, i mirabolanti suoli della Valle, pensavo conservassero innata una buona saturazione idrica. Va a vedere che non è (più) così!

LE PAROLE DEL VINO

panoramica-etichette-valle-isarcoAffusolato, aereo, sussurrato, sospeso, fresco, dritto, delicato, pervasivo, roccioso, determinato, sottile, infiltrante, leggiadro, lieve, longilineo, garbato, succoso, stilizzato, cangiante, cristallino, verticale, snello, agile, dinamico, ricamato, signorile, compassato, minerale, disadorno, nudo, incantato, interiorizzato, puro.

La Valle Isarco del vino, per me, racchiude tutte queste parole. Altre cento ve ne sarebbero. Io so che esistono, ora lo so.

CON QUELLA FACCIA UN PO’ COSI’…

Ecco le facce del vino, quelle dei produttori che ho incontrato. Belle facce. Appartengono ai testimoni (e ai portavoce) di una storia che ci parla di appartenenza, orgoglio, curiosità, talento, affrancamento, indipendenza, cooperazione, scandita da azioni e da idealità che hanno a cuore la terra, la loro terra.

A quei testimoni, a quei traghettatori di conoscenze, sono dedicate le pagine che seguiranno. Tutti, invariabilmente, mi è sembrato portino con sé e in sé un’idea concreta di futuro da poter condividere, da poter trasmettere. Già questo ne nobilita i gesti.

FERNANDO PARDINI

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