Cantine Ferrari: le ultime annate della linea alta (ma non solo) e il nuovo Giulio Ferrari Rosé

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20180719_200521È uscito il nuovo, attesissimo, ambiziosissimo (e costoso) Giulio Ferrari Riserva del Fondatore Rosé mentre io, pur reduce da un assaggio in assoluta anteprima effettuato in azienda due mesi fa, mi sono attenuto fedelmente ai voleri del produttore praticando l’arte del silenzio stampa, da che la presentazione ufficiale del secondo Giulio Ferrari di sempre era prevista a settembre. Ecco, ora che settembre è arrivato, e la presentazione è stata “espletata”, di lui se ne può parlare, e noi lo faremo.

Oltre che della sua compagnia però, ho potuto godere di una eloquente ricognizione delle etichette più importanti di casa Lunelli, traguardate secondo un’ottica particolare – l’annata più recente alternata con un’annata più vecchia -, a scandagliare virtù e possibilità delle linee Perlé e Riserva, lì dove il talento dello chef de cave Ruben Larentis può ambìre a raggiungere i vertici attesi quanto a tensione sperimentale, cifra stilistica e potenziale espressivo, forte del supporto di uve selezionate provenienti dai migliori appezzamenti della montagna di Trento, disposti dai 500 metri di altitudine in su, privilegio non da poco se parliamo di “valori bollati” italiani.

20180719_200722Cosa ne ho ricavato in dettaglio ve lo racconto qui sotto. Di certo un barlume provvidenziale, quello sì, che alla maniacale accuratezza di una elaborazione cantiniera, fulcro portante di qualsivoglia produzione spumantistica, vede affiancarsi una beneaugurante aleatorietà che può farsi discendere dall’annata, dalle intuizioni, dai gesti. Insomma, una sensibilità artigianale (al servizio del sapore) di cui farsi vanto e che influisce positivamente sulla differenziazione fra le varie cuvée. Ma alle Cantine Ferrari, la più importante e celebrata casa spumantistica italiana, questo lo hanno ben compreso già da tempo.

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perle-bianco-riservaTrentodoc Perlé Bianco Riserva 2009 – Da un’annata piuttosto variabile, meteorologicamente parlando, segnata da temperature al di sotto della media, ne è scaturita una vendemmia tardiva per le uve chardonnay, la quale, guarda caso, ha partorito un frutto succoso, un bel corredo sapido e un simpatico “grassino” a contorno. Le suggestioni mielate e candite, figlie dell’evoluzione, si alternano così a sensazioni più fresche e agrumate, mentre la consistenza tattile va ad assumere una confortevole (ma non leziosa) morbidezza, sotto l’egida di una manifattura attenta e di una implacabile linearità gustativa.

Trentodoc Perlé Bianco Riserva 2006 – Del tutto peculiare l’andamento dei sapori discendente da una vendemmia così, che a Trento e dintorni è stata reputata grande. Apparenta e di molto quello mostrato dal Perlé Nero 2006 assaggiato nel medesimo contesto. L’attacco di bocca è ampio, intenso, fondato su note dolci ed evolute, la chiusura invero è affilata, aspra, sapida, caratteriale, quasi dicotomica rispetto a quanto appreso fin lì. Nel mezzo sono ostriche e iodio, frutta secca e tenacità. E’ una bellezza imperfetta la sua, che alimenta attenzioni e dialettica.

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perle-rose-riservaTrentodoc Perlé Rosé Riserva 2012  – Se le temperature elevate del periodo estivo hanno reso più complessa del solito la vendemmia, anche in ottica spumantistica, Perlé Rosé 2012 non dismette i panni di una garbata raffinatezza, offrendosi con quel peculiare mélange di forza e delicatezza che se da un lato ne va ad esplicitare il peso strutturale, dall’altro ne sottolinea ad arte l’eleganza sottile. Non tocca vertici di complessità, ma in sua compagnia starai bene, cullato da una melodiosa tessitura fruttata corrisposta da stimoli agrumati che ancora ammiccano alla gioventù.

Trento Brut Perlé Rosé 1997 (sboccatura 2015) – Evocativo, a tratti struggente, il tempo gli ha riservato traiettorie espressive coinvolgenti, che per il Perlé Rosé sono circostanza piuttosto usuale. Il tratto autunnale dei profumi è solo una lieve appendice malinconica (ma maledettamente affascinante) di una trama che invero non cede di un millimetro quanto a vivezza e tonicità. Con una bolla finissima e integrata a dettare i ritmi, si apre a mille rivoli di sapore, dal floreale allo speziato al miele di castagno, facendosi forte di un contrasto dolce-amaro di grande bilanciamento e grande complessità.

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perle-nero-riservaTrentodoc Perlé Nero 2010 (da uve pinot nero) –  Tutti gli effetti di un’annata non facile da interpretare ma di indiscussa individualità (quantomeno potenziale) si riflettono con esito felice in questo piccolo capolavoro liquido nel quale coesistono armoniosamente finezza, qualità del disegno, rigore espressivo e nitidezza. Scortato da un elegante timbro fumé di matrice più minerale che non empireumatica, in lui c’è una luce speciale in grado di illuminare, e una reattività tale da far vibrare il sorso fino a rendergli un incedere di passo signorile.

Trentodoc Perlé Nero 2006 (da uve pinot nero) – Certamente è personale, con quell’attacco dolce sull’agrume candito, quell’allargamento di trama e poi quell’allungo salato, perentorio, lungo. Si nota semmai una certa tendenza evolutiva ai profumi, a scalfire le maglie di una trama solida e caratteriale, lì dove il temperamento austero fa da sfondo ad uno sviluppo contrastato e sprezzante, anche se non nitidissimo negli accenti.

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cuve-seroTrentodoc Perlé Zero Cuvée 11 (da uve chardonnay) –  Con questa nuova etichetta, agognato approdo al dosaggio zero, si concede il via libera alla sapienza alchemica del vinificatore, dal momento in cui la cuvée può comprendere contributi di varie annate affinate in vario modo (acciaio, legno, bottiglia) mentre il numero della cuvée va ad individuare l’anno del tirage. La sboccatura 2018 della Cuvée 11 ci riserva finezza, profilatura, sale, dinamica e una elettiva essenzialità che sola attiene alla purezza. Per questo, ed altro ancora, veleggia ai vertici assoluti della produzione.

Trentodoc Perlé Zero Cuvée 12 (da uve chardonnay, sboccatura luglio 2018). La dimensione di bocca e le proporzioni ci stanno tutte. Certo, fresco di sboccatura come si ritrova, all’attacco deciso non fa corrispondere l’articolazione attesa, perché appare ancora indietro nei meccanismi del piacere, ma quella compressione di umori sottende tonicità e freschezza, lo senti. E se deve ancora sciogliersi, com’è nell’ordine naturale delle cose, non puoi non presagire per lui una lunga parabola vitale.

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riserva-lunelliTrentodoc Riserva Lunelli 2009 (da uve chardonnay di Villa Margon) – Elegantissimo esprit da Chardonnay di razza, sfavillio di fiori ed erbe alpine in un tratto stilizzato e sottilmente pervasivo. Arioso, persistente, dal limpido fraseggio aromatico e dalla trama sostenuta e leggiadra al contempo, fila via liscio senza quelle interferenze “roverizzate” che ne avevano segnato le prime edizioni. Come un respiro nuovo.

Trentodoc Riserva Lunelli 2005 (da uve chardonnay di Villa Margon) – Quarta Riserva Lunelli di sempre e lo stato evolutivo, qui, segnato da una dolcezza di derivazione quasi tardiva e da ricordi ancora tostati, si associa ad una pienezza di forme dichiarata, l’evidenza più leggibile a fronte di una finezza solo discreta.

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giulio-ferrariTrentodoc Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2007 (da uve chardonnay del Maso Pianizza) – Un’eleganza esplicita riempie di senso una trama succosa, dinamica e salina, dove il sottotraccia di frutti a polpa bianca tende semmai ad una certa semplificazione. Si tratta di una trama slanciata e meno potente del solito, nuova breccia espressiva – e probabile retaggio di una vendemmia particolare (o un dosaggio più morigerato e accorto?) –  che traghetta Giulio ’07 verso un afflato di più spensierate leggerezza e bevibilità; verso una dimensione cioé più disinvolta, diciamo così, che altri non è se non l’altra faccia di una personalità che non scolora.

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giulio-ferrari-riserva-del-fondatore-roseTrentodoc Giulio Ferrari Riserva del Fondatore Rosé 2006 – Ed eccoci al nuovo Giulio, assemblaggio di pinot nero con saldo di chardonnay, 12 anni sui lieviti prima della sboccatura. E hai detto niente! Prerogativa fondamentale del progetto? L’unicità, la distinzione. Questa prima annata, annata dialettica, ce la traduce in chiave monumentale, e ci fa capire in senso letterale cosa significhi “strutturato”.

Austero ed intransigente, ha un impatto fortissimo sul palato. Per trascinarti nel vortice, però, chiede ancora tempo, tempo e bottiglia. Allora arriveranno flessuosità e spigliatezza, e il coinvolgimento potrà prendere un’altra piega emozionale. Nel frattempo il contrasto dolce-amaro, fra sentori di frutti del bosco, ferro, spezie ed erbe officinali, aggiunge vitalità e variazioni ad un quadro caratteriale, compatto, imperativo, di quelli che lasciano il segno e che guardano al futuro.

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Nella seconda immagine Ruben Larentis, enologo di Ferrari

FERNANDO PARDINI

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