I vini del mese e le libere parole. Agosto 2018

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il-re-beveElegia delle Langhe, con particolare accanimento per l’arcipelago Bussia, e un ricordo indelebile di una Mosella che fu, percorsa in bicicletta e ripercorsa idealmente attraverso un vino che non ti aspetti.

Per riscoprire certi amori mai sopiti, i miei Dylan, i miei Young, i miei Crosby, i miei Guthrie.

Un crocicchio della mente intricato quanto emozionale, complice il gran caldo di agosto, e complici una serie di vini che ti presentano il conto, rinfrescando le libere parole.

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Mosel Riesling Spatlese Piesporter Goldtröpfchen 2002 – Grans-Fassians

grans-fassian-2002Le premesse c’erano: un tappo sbriciolato da togliersi a scalpellinate, una trasmigrazione forzosa in decanter con l’impiego di filtro a maglia superfina e pompa a immersione, un colore ambra-dorato da vino agé. Aggiungeteci un nome teutonico che non gode di fama planetaria e un’annata spauracchio (per noi italiani) come la 2002 e capirete bene che le premesse per un “buco nel vino” c’erano tutte.

Eppure……. eppure ha contato di più la potenza catartica di una condivisione attesa, con l’atto liberatorio della riesumazione a riempire di senso un acquisto fatto insieme tanti anni fa. E forse anche i suoli di ardesia blu del vertiginoso vigneto Goldtropfchen, a Piesport, ai piedi del quale transitammo in bici estasiati, o le tredici generazioni di Gans succedutesi fin qui a perpetuare una tradizione lunga secoli.

Ci sta tutto, poi però parla lui. Ed è lui che ti porta a spasso dove vuole, al punto da perdersi per poi ricondurti a casa, su di un’orbita ellittica lungo la quale dolce e salato si fondono in tutt’uno ( “She could drag me over the rainbow, and send me away”).

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Barolo Brunate 2013 – Francesco Rinaldi e Figli

La carnosità che sposa la leggiadria. E una trama che si diffonde secondo rivoli più minuti e sfumati, tenuta assieme da una pulsione acida vibrante e da una “voce” tannica intonata, timbro indelebile di una vendemmia felice.

Del celebre cru ne coglie il respiro più aggraziato, il Brunate di Paola e Piera Rinaldi, e una movenza sensuale a stemperarne i proverbiali accenti “baritonali”.

Che volete, porta su di sè il peso di una tradizione secolare, raccontata dai Barale attraverso vini sinceri di stile classico, dove il concetto di radicamento territoriale è pratica quotidiana.

Ma è fra le maglie di un vino seducente e puro che trova la sua epitome e la sua consacrazione. Perché lui, la sua terra, è in grado di onorarla. (“This land is my land, this land is your land”)

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Barolo Bussia 2011 – Prunotto

prunotto-bussia-11Librarsi senza sentire il peso dell’annata. Sviarne le insidie giocando di rarefazioni, di garbo, di giustezza. Non era facile, qui ci si è riusciti, puntando sulla straordinaria flessuosità di una trama ricamata e sulla reputazione di una delle sottozone di pregio dell’arcipelago Bussia.

Un conseguimento raro, elaborato in uno stile completamente diverso rispetto a quello perseguito negli ultimi tempi e fino a metà anni Duemila, quando la maison sembrava prediligere prestanza fisica ed effetti speciali. In questa veste trasparente, idillica e pura ci si riallaccia idealmente alla Prunotto del tempo che fu, quella dei Beppe Colla per intenderci, e gli oenophiles non potranno che gioirne.

E’ un vino elegantissimo, in sottrazione, ricavato da una annata calda, pensa te! E’ un ritorno in grande stile ai vertici che gli competono. ( “Guinnevère had green eyes, like yours, lady, like yours”)

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Barolo Bussia Dardi Le Rose 2011 – Poderi Colla

Fra Prunotto e Poderi Colla c’è di mezzo un Beppe, Beppe Colla, come a dire uno dei monumenti viventi del vino langarolo, colui che rilevò la Prunotto nel ’56 per condurla alla resurrezione e che prese poi un’altra strada, dopo la cessione agli Antinori, creando assieme al fratello Tino e alla figlia Federica (affiancati oggi da Pietro, figlio di Tino) i Poderi, che ancora possono sfruttare parte di quei vigneti che furono appannaggio di Prunotto, come il Dardi Le Rose nella Bussia di Monforte.

L’attitudine alle sfumature, la mineralità, la finezza tannica sono un marchio di fabbrica, ma quello che sorprende è ritrovarle intatte al cospetto di una annata così. E’ il senso dell’equilibrio a colpirti, un incantesimo di equilibrio, che ad un leggero sbuffo etereo del frutto, a richiamare il kirsch, contrappone slancio, soavità, velluto tattile, florealità e freschezza.

Insomma, ciò che non ti aspetteresti di trovare ma che vorresti sempre lì con te, a conforto. (“Bringing it all back home”)

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Barolo Riserva Bussia Sergio Barale 2010 – Fratelli Barale

barale-ris-bussia-10Tono, contrasto, tensione viva, segni inequivocabili di una annata importante. E poi padronanza dei propri mezzi, scolpiti in una trama vigorosa ed elegante al contempo, dove le intense coloriture balsamiche, ferrose e di sottobosco, con la struggente sensazione di alloro, hanno l’ardire di richiamare alla mente un Sangiovese di sponda montalcinese.

La nobile austerità e il passo flemmatico ne fanno uno dei portavoce più eloquenti della classicità barolesca, mentre il carattere dispiegato non fa che sancire lo speciale privilegio che attiene alla parcella posseduta da Sergio Barale alla Bussia, forse la migliore a sua disposizione.

La coesione, la spinta e quella espansione nel verso della salinità minerale ne raccontano infine la razza, prefigurando nitidamente la possibilità di un futuro all’altezza. (“With God on its side”)

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Nella prima immagine: ” Il re beve” di David Teniers il Giovane

 

 

FERNANDO PARDINI

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