“Il grande libro dei vini dolci d’Italia”, di Massimo Zanichelli. La bellezza dei colori, innanzitutto

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schermata-11-2458424-alle-11-04-05Quella dei vini dolci è, per molte ragioni, veramente una tipologia a parte.  Per loro valgono, naturalmente, le procedure “ordinarie” nella gestione dei vigneti e delle uve come nelle pratiche in cantina che accompagnano la fermentazione e l’affinamento. Alle quali si aggiungono però una serie pressoché sterminata di atti, originati da antiche tradizioni o ispirati a fantasia innovativa, che vanno tutti nella direzione di assecondare fenomeni naturali per ottenere risultati spesso sorprendenti, quasi sempre seducenti.

Detto in maniera semplice, per fare un vino dolce è necessario anzitutto che l’acino perda liquido, e questo può avvenire in tanti modi, naturali o artificiali. Può pensarci il calore del sole già in pianta, nelle “vendemmie tardive”, ma anche il freddo del ghiaccio (negli “eiswein”), o addirittura delle particolari muffe. Oppure ci può pensare l’uomo con la sua inventiva, facendole “asciugare” in qualche modo dopo la raccolta.

Questa ricchezza di gesti si trasferisce nella bottiglia e poi nel bicchiere attraverso una pluralità di sensazioni visive, olfattive e gustative; una varietà che contrasta, fra l’altro, con l’appellativo frequente e riduttivo di “vini da dessert” anche perché, parlando di abbinamenti con il cibo, i vini dolci paradossalmente soffrono proprio nell’accostamento con i classici piatti del fine pasto, mentre possono accompagnare in modo assai piacevole ad esempio formaggi o preparazioni a base di fegato grasso. E possono anche essere gustati da soli, perché sono vini che regalano sensazioni seducenti e appaganti grazie alla loro piacevolezza e ad una vellutata morbidezza non di rado contrastata con freschezza inaspettata, che evita il “graffio” finale del tannino.

img_0461Ed è stata una fortuna che chi si è incaricato di riassumere questo grande affresco enoico, scrivendo forse la prima pubblicazione “importante” sui vini dolci italiani, sia stato Massimo Zanichelli perché, oltre ad essere un wine writer fine, intelligente e appassionato, ha avuto la sua prima formazione intellettuale nell’ambito della storia dell’arte. Un aspetto che gli ha dato, probabilmente, la felice ispirazione di ordinare la ingente mole di contenuti e di dati raccolti sulla base dei colori. Perché nell’ambito della ricchezza espressiva dei vini dolci il colore gioca un ruolo importante, coprendo una gamma che va dal giallo dei Moscati d’Asti passiti, dei Verduzzo friulani o dei Recioto di Soave veneti, all’arancio, all’ambrato dei vini “marini” come lo Sciacchetrà ligure, al mogano dei Vin Santo toscani o dei più nordici piacentini e trentini.

Un volume bello ed editorialmente importante, con la copertina rigida che lo farà durare a lungo nelle biblioteche domestiche e l’ampiezza della pagina adeguata per ospitare foto evocative, frutto di un intenso lavoro sul campo durato un anno, fatto di migliaia di chilometri macinati percorrendo l’Italia in lungo e in largo con il taccuino in mano per ascoltare storie e tradizioni e poi prendere appunti di degustazione, e la macchina fotografica al collo per ritrarre uve e vigneti appoggiati su colline, circondati da montagne o con vista mare, grappoli appesi sulle viti, cantine e botti. E raccogliere le tante immagini dell’uva sistemata sui graticci ad appassire o che penzola dai soffitti, acini grinzosi e dorati che già lasciano immaginare il vino che verrà.

Le tante cantine visitate e i tantissimi vini inquadrati anche storicamente e poi degustati, anche i più nascosti nelle tante pieghe della panorama enoico italiano, riempiono con le loro suggestioni le pagine di questo libro denso la cui cura si evidenzia anche nell’ampio corredo di cartine geografiche, nel glossario e, infine, negli indici, non solo quelli per vino e per cantina ma anche quello, utilissimo, per vitigno.

Massimo Zanichelli
Il grande libro dei vini dolci d’italia
Giunti editore
pagg. 288, 29 euro; ebook a 14,99 euro

img_0463A margine della presentazione del volume nella Casa del Chianti Classico di Radda in Chianti, si è svolta una interessante degustazione. Ecco qualche appunto.


Vin Santo del Chianti Classico La Chimera 2006 – Castello di Monsanto
Ampio ed elegante sia al naso che in bocca, regala sensazioni che spaziano dagli iniziali agrumi, alla successiva crema di nocciola. Una piacevole spina acida rende una beva snella anche  nervosa e fresca.

Vino Santo del Trentino 2004 – Pisoni
Frutto di un clima che incrocia in modo peculiare il carattere alpino con tratti mediterranei, è prodotto con uve nosiola, e si presenta con un bel colore giallo carico e note olfattive, penetranti, di confettura di albicocca, di miele e di erbe aromatiche. La beva parte snella per ispessirsi e terminare cremosa, regalando sensazioni fragranti e acute di agrumi.

Gambellara Vin Santo Classico Selva – Cavazza
Illustre rappresentante dei Vin Santo veneti è prodotto con uve garganega e si mostra subito assai espressivo sui registri della frutta candita, del fico, della frutta secca e del marzapane. Denso, cremoso, suadente, molto dolce in bocca.

img_0465Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno 2006 – Lusignani

Da uve santa maria (80%) con saldo di trebbiano romagnolo e melara, sfoggia un colore mogano scuro e un olfatto caratterizzato da note di caramello, liquirizia, caffè e leggera gianduia. In bocca mette da subito in mostra freschezza e scorrevolezza, una notevole energia in una beva di spiccata verticalità. Finale luminoso e assai persistente.

Vin Santo del Chianti Classico – Fontodi
Le sfumature rossastre del colore tradiscono la presenza di sangiovese nell’uvaggio, che affianca in percentuale paritaria quella della malvasia del Chianti. Il naso è ricco di sensazioni balsamiche e di erbe aromatiche (alloro soprattutto). In bocca ė leggero, ampio e quasi impalpabile, si distende allargandosi con grande classe nel finale.

Amelia Vin Santo Occhio di Pernice 2012 – Palazzola
Olfatto solare, improntato su frutta gialla matura e miele. Denso e compatto in bocca, mostra una spiccata dolcezza imbrigliata in una piacevole trama vellutata.

Vino Santo del Trentino 1983 – Pisoni
Colpo al cuore finale. Il colore mogano si mostra appena spento; il naso è esplosivo, amplissimo su seducenti note balsamiche e al palato è stratosferico, fresco e fragrante e di leggerezza aerea, lasciando in bocca una lunghissima scia di genziana ed erbe officinali. Giù il cappello!

Riccardo Farchioni

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