Tenuta Secolo IX: alle radici del moscato abruzzese

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cropped-logo-secolo-ix-1Viviamo in un’epoca in cui di vino buono in giro ce n’è quanto ne volete. Buono secondo il comune senso organolettico intendo. Cioè piacevole da bere, privo di difetti, ottimo per fare bella figura in cene conviviali o magari per un consumo quotidiano. L’appassionato poi cerca qualcosa in più. Cerca carattere, riconoscibilità, emozione, identificazione con un luogo e una storia. Il critico, infine, dovrebbe andare oltre, e valutare, soppesare, indagare, confrontare…

E’ per questo che da critico, ma ancor di più da appassionato, mi accosto sempre con curiosità a progetti come quello di Tenuta Secolo IX, una piccola realtà a Castiglione a Casauria, nel cuore d’Abruzzo. Perché se sei abruzzese e cerchi di identificare la tua azienda con un vino moscato, beh, almeno un applauso per il coraggio te lo meriti tutto!

Ma andiamo per gradi. Tutto nasce sotto un altro nome, questo va detto. Tenuta Secolo IX prosegue oggi il lavoro iniziato qualche anno fa – e bruscamente interrotto per la scomparsa del titolare – dalla cantina Angelucci. L’azienda è stata rilevata in toto – vigneti e persone – da Fioravante Allegrino, imprenditore poliedrico che ha fatto fortuna nel mondo delle vending machine e dei servizi di distribuzione automatica. Dalle poche chiacchiere scambiate, l’intelligenza di Allegrino mi è parsa quella di entrare “in punta di piedi”, portando una nuova linfa economica e manageriale, insieme ad idee di espansione, ma anche circondandosi di persone capaci e che soprattutto conoscessero bene quel territorio. Così tra vigna e cantina troviamo Romano D’Amario, uno dei più apprezzati ed esperti agronomi abruzzesi (lo sapete che esiste un clone di Montepulciano d’Abruzzo che porta il suo nome?), e Donato di Tommaso, (ex)giovane enologo serio e talentuoso (ex giovane perché ormai è tanto che gira ed ha circa la mia età).

tenuta-secolo-ix-vignetiIl territorio, già. Una vallata intorno ai 300 metri sul livello del mare, all’incrocio di tre gole – quella del Gran Sasso, del Morrone e della Majella – a ridosso di due parchi nazionali e ad appena un quarantina di km in linea d’aria dal mare. Un luogo dove il vino dimora da almeno 400 anni, secondo le più antiche testimonianze che parlano del pregio di quell’area produttiva e dei vini che ne scaturivano, “…in special modo un Moscatello di buonissima qualità, che si trasportava fino all’Aquila, donde se ne riportava una considerevole somma di denaro ogni anno”.

Il moscato di cui si parla è quello di Castiglione, biotipo “casauriense”, uno dei più antichi vitigni autoctoni d’Abruzzo, quasi estinto appena una ventina d’anni fa e su cui oggi Tenuta Secolo IX vuole scommettere per affermare la propria identità.

Non sto qui a dilungarmi su tecnicismi di cantina (Di Tommaso e D’Amario sono una garanzia), ma va detto che gli investimenti tecnologici sono stati notevoli, soprattutto per creare un ambiente adatto alla lavorazione in sicurezza di basi dolci (e quindi attenzione ancora più maniacale del solito a sanificazione, pulizia, gas inerti, controllo di temperatura, etc…). L’arma in più di Tenuta Secolo IX, e che giustifica il tentativo un po’ folle di produrre un grande vino moscato in Abruzzo, però sta nel terroir.

L’appezzamento denominato Colle delle Forche sorge su uno strato di marne scistose emerse in superficie – “travertine” era il nome locale del moscato, a ricordare il terreno a scaglie che richiama il travertino – che hanno un grande potere di “trattenuta” delle acque, difficilmente rilasciate alle piante, che sono così “incoraggiate” ad un naturale appassimento.

E poi l’esposizione e la luce: “vigneti esposti a sud/sud-est, che affacciano su un sistema montano completamente aperto, con livelli di radiazione paurosa, che hanno tra le più alte ore-luce d’Italia e sono incanalati in una gola costantemente ventilata”, come mi spiega D’Amario.

Il risultato nel bicchiere è un moscato più “mediterraneo”, variegato nei profumi ma sempre fresco, con un residuo zuccherino ben dosato, presente ma mai stucchevole. Un vino versatile e godibilissimo, prodotto sia in versione secca che passita, del quale pian piano si inizia finalmente a parlare sia in Italia che all’estero.

Tenuta Secolo IX
Contrada Vicenne, 5/A – Castiglione a Casauria (PE)
www.tenutasecoloix.it
info@tenutasecoloix.it

P.S. – Ho assaggiato anche gli altri vini della tenuta: un interessantissimo e serio pecorino, fatto come si deve, senza stramberie o forzature inutili (progetto di vino da seguire e che potrebbe diventare il secondo “alfiere” dell’azienda). Un cerasuolo succoso e tradizionale, che ricorda le versioni della Valle Peligna, anche se meno carico nei profumi e nel colore. Infine un discreto Montepulciano, elegante ed intenso, più giocato su toni fruttati di facile approccio. Una consiglio turistico per chiudere: il nome Tenuta Secolo IX fa riferimento all’Abbazia di San Clemente a Casauria, un gioiello monumentale abruzzese a brevissima distanza dalla cantina, che vale assolutamente la pena visitare (www.sanclementeacasauria.beniculturali.it)

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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