Un panettone d’autore, una breve carrellata sui Moscato d’Asti e il Recioto che non ti aspetti

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di Massimo Zanichelli

panettone-ateliereale_bassaDicembre, com’è noto, è il mese del panettone: tutti a infornare quel «tipico dolce milanese, a forma di cupola, la cui lavorazione comporta due impasti: il primo, alla sera, fatto con farina, lievito, burro e zucchero, il secondo, al mattino seguente, fatto con farina, burro, zucchero, sale, cedro, uva sultanina e tuorli d’uovo, che vengono incorporati nella pasta già lievitata, ottenendo così un nuovo impasto che, collocato in stampi cilindrici, è cotto in forno; attribuito dalla leggenda alla corte viscontea del ’300, ma probabilmente di origine più antica, è tradizionale in tutta Italia come dolce natalizio» (Vocabolario Treccani online).

Negli ultimi anni la produzione del panettone di qualità si è estesa da Milano, e più in generale dalla Lombardia, a tutto lo Stivale, con risultati ragguardevoli anche al Sud, specialmente in Campania, i cui “panettoni d’autore” sono spesso in cima agli indici di gradimento delle consuete classifiche di fine anno.

atelierAll’ampia lista dei panettoni di alta pasticceria è da aggiungere quello prodotto da Gian Piero Vivalda nell’AtelieReale, il laboratorio di panificazione annesso al ristorante Antica Corona Reale di Cervere, poco distante da Bra: al di là delle due stelle Michelin, peraltro un conseguimento di grande prestigio, questo ristorante è uno dei più grandi indirizzi culinari del Belpaese (chi non ha mai assaggiato, tra le altre cose, la strepitosa finanziera in due cotture dedicata da Gian Piero al padre Renzo si precipiti immediatamente nella “bassa” cuneese in via Fossano al numero 13).

Refrattario tanto alle mode quanto alle lusinghe della televisione (quando gli italiani si stancheranno di talent e reality legati al mondo del cibo per nutrirsi di contenuti veri?), Gian Piero Vivalda non solo rappresenta la sesta generazione di una famiglia legata al territorio di Cervere da una tradizione bisecolare (l’attuale ristorante nasce nel 1815, come locanda a metà fra mescita e stazione di posta), ma è anche un cuoco che ha saputo tradurre il linguaggio della classicità, soprattutto di ascendenza francese, dentro la quale si è formato, in una concretezza italiana, padana e piemontese con piatti che al magistero tecnico sanno abbinare carattere, equilibrio, eleganza in nome di una restituzione sempre compiuta dei sapori principali di un piatto.

panettone-delle-langhe-atelierealeIl panettone, dicevamo. Quello che Gian Piero produce dal 2016, anno d’inaugurazione del laboratorio di panificazione e pasticceria (200 metri quadrati in uno spazio luminoso che si affaccia sul dehors estivo e sull’orto), rispecchia la tradizione milanese nella forma come nel contenuto, portata a suprema grazia con materie prime d’imprescindibile qualità (farine macinate a pietra, succo d’Uva Moscato d’Asti Bricco Quaglia La Spinetta, arance candite Agrimontana, acqua di sorgente alpina Sparea, burro Inalpi), una lunga lievitazione naturale e un risultato che conquista: cupola Milano, colore giallo dorato, fragranze intense di burro, uova e agrumi canditi, tatto morbido e soffice, consistenza spugnosa e sciolta. In bocca c’è equilibrio e fusione tra aromaticità e dolcezza, con persistenza di canditi.

moscato-autunno-saraccoIl panettone chiama inevitabilmente il Moscato d’Asti, il suo abbinamento più (ri)conosciuto, praticato e difficilmente eguagliabile. Ci vuole però un Moscato all’altezza della situazione, un Moscato d’autore, un Moscato vero. A riguardo tendo a ripetermi sulle etichette di riferimento, ma una delle prerogative dei “classici” è che ritornano sempre e con sempre nuove voci, nuovi accenti.

moscato-asti-la-morandinaSul Moscato, vieppiù, non conviene pescare a caso ma guardare alla sua terra d’elezione, al suo “grand cru”: Castiglione Tinella, Santo Stefano Belbo, Mango, l’ultima lingua della Langa che digrada verso l’Astigiano. Qui sono raccolte alcune delle più luminose espressioni aromatiche di questo vino.

C’è la purezza del Piemonte Moscato d’Autunno 2017 di Paolo Saracco.moscato-asti-vite-vecchia-ca-gal C’è l’ariosità del Moscato d’Asti 2017 La Morandina di Giulio Morando. C’è la complessità del Moscato d’Asti Vite Vecchia 2014 Ca’ d’Gal di Alessandro Boido e del Moscato d’Asti Crivella 2016 Mongioia di Riccardo Bianco, crivella-etidue espressioni da vecchie vigne che neutralizzano il concetto troppo spesso diffuso del Moscato d’Asti come vino semplice e immediato.

FR De Miranda Metodo ClassioPer chi poi volesse addentrarsi nel raro e meraviglioso mondo dell’Asti Spumante a metodo classico, due sono le principali etichette di riferimento: l’Asti Metodo Classico De Miranda 2011 Contratto, storico marchio di Canelli dal 2011 rilevato dalla famiglia Rivetti della cantina La Spinetta, e l’Asti Metodo Classico Dřiveři 2008 Cascina Fonda prodotto dai fratelli Massimo e Marco Barbero, che riconciliano il palato dell’appassionato con una versione più antica e complessa di Asti, diversa dal metodo Charmat o Martinotti (rifermentazione in autoclave) cui siamo fin troppo abituati.

olintoA proposito di spumanti a metodo classico, un’etichetta di assoluto riferimento è il Recioto di Soave Classico Metodo Ancestrale Olinto 2006 prodotto dal talento versatile di Sandro Gini nelle cantine scavate nel tufo di Monteforte d’Alpone, in Veneto. Appassimento della garganega fino a febbraio, fermentazione in pièce di Borgogna e botti di quercia di Campiano, dieci anni in bottiglia per la presa di spuma e la maturazione del vino. Il risultato è ragguardevole. Colore dorato antico dalle accensioni aranciate. Olfatto cangiante di pietra focaia, miele, canditi, amaretto, scorza d’arancia, tamarindo. Palato suadente per il frutto passito, la carbonica crepitante e carezzevole, il registro vulcanico, l’allungo definitivo. Una leccornia d’altri tempi.

Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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