Barbaresco 2016 e 2015. Il cielo volge al sereno, ma attenti agli eccessi di calore!

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Nelle Langhe, un mese fa, ho incontrato la neve. Anzi, le Langhe erano di neve. Ma di una neve buona si è trattato, che ti lasciava transitare per ammirare il paesaggio – paesaggio contundente-, che forse proprio in ragione della nevicata ci è parso più silenzioso del solito, per una volta pacificamente addormentato, davvero. Nelle Langhe, un mese fa, è andato in scena lo spettacolo potente di una natura disadorna a cui la casualità meteorologica aveva concesso in dono un manto.

Di contro, e in contemporanea, a Grandi Langhe, nella città di Alba, andava in scena il tripudio dei Barolo, dei Barbaresco e dei Roero pronti ad invadere i mercati del mondo, appuntamento da viversi assieme a duecento vignaioli in una intensa due giorni di degustazioni, fra lampi fugaci ed approfondimenti sul campo, dalla quale portare a casa alcune considerazioni nel merito e qualche selezione di rango ricavata soprattutto dalle annate 2016 e 2015.

A cominciare dal Barbaresco, denominazione a cui mi lega un affetto incontrollato e a cui riesco a perdonare pressoché tutto. Oddio, dai Barbaresco 2016 non c’è che da aspettarsi il sereno, a ben vedere, e che la 2015 sia stata una annata tanto generosa quanto coronata da uve sane e ricche lo si sapeva di già.

Tutto chiaro e tutto bello, quindi? Direi di no, perchè non mancano le incertezze, figlie di terroir non sempre all’altezza, ma soprattutto perché continua a vagare “nell’aere” un’insidia ormai più che latente, che gli ultimi chiari di luna climatici stanno evidenziando sempre più, chiamando in causa un ripensamento organico della conduzione agronomica dei vigneti.

Sì perché risulta ormai normalità incontrare gradazioni alcoliche fin troppo impegnative, che “slargano” il sorso rendendogli una allure eterea e un passo pesante, a discapito di contrasto e speditezza. Un impiccio e un fardello, questo qua, soprattutto se quei vini li immaginiamo nel loro alveo primigenio, ossia impegnati ad accompagnare i cibi e la tavola.

Detto questo, e avendo così assolto in piena regola al ruolo di “criticone”, vi propongo alcune suggestioni estratte dalla trasferta langarola e una considerazione per così dire rasserenante: le tentazioni muscolari di un tempo sembrano ormai un retaggio lontano. L’apertura verso elaborazioni più tradizionali, o comunque verso una misura stilistica meno estrattiva e materica, anche da parte di interpreti che una volta la pensavano diversamente, va contribuendo a restituire respiro, articolazione e trasparenza ai vini, doti indiscutibili per veicolare una idea più manifesta di individualità, per fare il bene del territorio e – assai meno importante – per il conforto del mio sentire.

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ABRIGO ORLANDO

Barbaresco Meruzzano 2016 – Dall’incedere largo e dispiegato, dalla sensazione fruttata generosamente avvolgente, ecco che se ne esce con un po’ di dolcezza in sopravanzo di cui si potrebbe fare a meno.

Barbaresco Montersino 2016 – Dritto, affilato, elegante, ancora stretto nella morsa del tannino, dimostra comunque reattività e voglia di fare.

Nota a margine: il migliore assaggio di casa Abrigo è targato Roero, perché il Nebbiolo d’Alba Valmaggiore 2015 è un vino sottile e “sussurrato”, dove è il non detto a sapere di buono.

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ALBINO ROCCA

Barbaresco Ovello 2016 – La traccia alcolica non lede poi tanto l’idea di purezza. Il passo è elegante, la trama sinuosa, la trasparenza espressiva quella attesa.

Barbaresco Ronchi 2015 –  Il temperamento alcolico dichiara l’imprinting di una annata calda, che percepisci sia nella dinamica  – più larga che profonda –  sia nella qualità del tannino, leggermente “diradato”.

Barbaresco Angelo 2015 – Il profilo classico, figlio di una elaborazione tradizionale, trova qui una articolazione felice, una “solida delicatezza” e una chiusura lunga e struggente sulle ali dell’equilibrio. Se questo vino vuole essere una dedica, allora è una dedica molto ispirata.

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BARALE FRATELLI

Barbaresco Serraboella 2016 – Quadratura, messa a fuoco, tonicità. Non la profondità dei migliori esemplari della specie, quella no, semmai una confortante sicurezza nell’incedere. Calor’alcolico a parte però, che qui batte un colpo.

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CA’ DEL BAIO

Barbaresco Autinbej 2016 – Speziato, officinale, alcolico ma garbato, gioca di dettagli e di piacevolezza, riuscendoci.

Barbaresco Vallegrande 2016 – Sfumato, elegante, sapido e floreale, in lui il dinamismo atteso. Molto buono!

Barbaresco Asili 2016 – Profondamente balsamico, dal piglio austero, ne scorgerai il nobile portamento, non ancora la piena scioltezza.

Barbaresco Pora 2015 – Ampio e pervasivo, fondato su un registro mineral-speziato, conserva un’ottima dinamica nonostante il generoso contributo alcolico.

Barbaresco Riserva Asili 2013 – Aurea classicità, passo cadenzato, spinta e salinità. E poi ancora rispetto delle proporzioni, profondità, carattere. Bellissimo conseguimento!

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CASCINA LUISIN

Barbaresco Basarin 2015 – Altero, maschio, concreto, e in quanto tale specchio fedele del cru di appartenenza, dalla sua può vantare una certa determinazione, anche se in chiusura ci racconta di un tannino fin troppo incisivo ed amaricante.

Barbaresco Asili 2015 – Respiro classico, registro sapido-minerale, piglio austero ma signorile, sviluppo teso, salato e bello. Ottimo conseguimento!

Barbaresco Rabajà 2015 – Carattere nebbiolesco e grondante salinità in una trama trascinante, slanciata, profonda, elegantemente disegnata. Di rara compiutezza!

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CASTELLO DI NEIVE

Barbaresco Gallina 2016 –  A istinto uno dei migliori Gallina di sempre, goloso, dettagliato, invitante, tenero: Gallina, per l’appunto.

Barbaresco Albesani Santo Stefano di Neive 2016: la nobile eleganza e la saldezza austera. E una qualità del tannino inarrivabile ai più, capace di regalare tridimensionalità al sorso. Baroleggia, e non è una novità. Non teme rivali, e non è una novità nemmeno quella.

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CASTELLO DI VERDUNO

Barbaresco 2016 – Il millesimo è quello giusto per esaltarne il garbo innato, il candore e la sensualità. Uno dei Barbaresco “ senza nome” più personali dell’intero consesso. Dai vigneti Faset e Rabajà di Barbaresco.

Barbaresco Rabajà-Bas 2015 – Corpo e tensione, ricchezza materica e saldezza, lì dove nerbo e solidità accompagnano un profilo gustativo di bellezza concreta e senza fronzoli. Signorile, da una vigna del 1939.

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COL DEI VENTI

Barbaresco Tufoblu 2015 – Un soffio di eleganza discreta, un alzarsi sulle punte alla ricerca dello slancio definitivo. Non avrai la complessità la più complessa, ma un lavorìo in sottrazione che del nebbiolo va ad esaltare il lato suo più femminile. Dal cru Serracapelli.

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CORTESE GIUSEPPE

Barbaresco Rabajà 2016 – Finezza, portamento, equilibrio e tanto sale: razza innata, e millesimo da ricordare ai posteri!

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FIGLI LUIGI ODDERO

Barbaresco Rombone 2016 – Davvero “didattico” e rappresentativo del cru di appartenenza, è coriacea consistenza, alterigia, umore di terra, reattività scontrosa. E se parlare di eleganza in questo caso non si può, potremo sempre far conto sul carattere: quello non manca davvero.

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PAITIN DI PASQUERO-ELIA

Barbaresco Serraboella 2016 – A corto di amalgama, è ancora giovane e lo senti. Succoso, promettente, dal buon registro classico, non resta che attenderlo più in là.

Barbaresco Sorì Paitin 2016 – Vino apparentemente rilassato ma che chiede soltanto tempo, aria e attenzioni, da che sottende complessità. Lo senti per via di tutto quel sale che cova sotto, e per via di quella spinta agrumata che ne ravviva le sorti.

Barbaresco Serraboella Riserva VV 2014 – Davvero un bel vino, proporzionato, gustoso, salino, infiltrante. Ottimissimo!

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PODERI COLLA

Barbaresco Roncaglie 2016 – Eleganza, continuità, integrità di frutto e dinamica. Uno dei Roncaglie più ispirati e completi dei ricordi miei.

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RIVELLA SERAFINO

Barbaresco Montestefano 2015 – Naturale scioltezza, disinvoltura, ricamo sottile, slancio. Per una volta un 2015 per niente succube dell’alcol. Il finale trascinante e salino sancisce un privilegio nonché il talento purissimo del suo artefice.

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RIZZI

Barbaresco Rizzi 2016 – Succoso, pieno, largo, da farsi.

Barbaresco Nervo 2016 – Nerbo e droiture qui, bel brivido, bella scossa, ancora indietro ma già instradato nel verso della verticalità.

Barbaresco Pajoré 2016 – Dolcezza di frutto sdilinquente e melodiosa. L’eleganza nel vero senso della parola.

Barbaresco Rizzi 2015 – Largo, caloroso, alcolico, avvolgente.

Barbaresco Nervo 2015 – Bella silhouette, scattante e profilata, per un vino affusolato ma senza impuntature tanniche. Buono!

Barbaresco Pajoré 2015 – Elegante, sinuoso, abbracciante, possiede trama più larga e meno profonda rispetto al fratello minore targato 2016

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SOCRE’

Barbaresco 2015  – Un po’ etereo, caldo, asciutto, non troppo equilibrato.

Barbaresco Roncaglie 2014 – Fine, sottile, continuo nello sviluppo, ben disegnato. Però!

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SOTTIMANO

Barbaresco Pajoré 2016 – Vibrante, salino, succoso e bello!

Barbaresco Cottà 2016 – Frutto “barbareschiano”, elegante, rotondo, godibile, difficile poter fare a meno di lui.

Barbaresco Basarin 2016 – Austero, non troppo sciolto di trama, ma bel sale e bel carattere.

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MANERA FRATELLI

Barbaresco Rizzi 2015 – Ne percepisci succo e consistenza, ma al momento disegno ed articolazione restano imbrigliati in una confezione ridondante in cui governa il rovere.

Barbaresco Riserva 2013 – Liquirizia e rovere in un vino squadrato, severo, che spinge e sbuffa ma ti riserva una chiusura asciutta. Quantomeno volenteroso.

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RATTALINO MASSIMO

Barbaresco Ronchi Quarantatre43 2014 – Saporito, sciolto, sapido, l’annata gli ha giovato sul fronte della disinvoltura e della “soavità”.

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TENUTE CISA ASINARI DEI MARCHESI DI GRESY

Barbaresco Martinenga 2015 – Un po’ “incollato” dalle dolcezze del rovere, sotto si muove con il consueto savoir-faire e con la sua innata propensione all’eleganza, senza però trovare l’ariosità delle migliori edizioni.

Barbaresco Martinenga Gaiun 2014 – Eleganza allo stato puro in una trama che è un soffio, tesa, affusolata e realmente ispirata da una annata dialettica che ha ben giovato alla dinamica e al fraseggio sottile.

Barbaresco Riserva Martinenga Camp Gros 2013 – Lento a carburare, di nobile stazza ed austera compostezza, si svela di controvoglia pur sapendo il fatto suo. Il tempo, lo so, gli darà una luce nuova.

VIETTI

Barbaresco Masseria 2015 – La potenza estrattiva convive non troppo armoniosamente con il tenore alcolico, a rendere la trama forte e austera anche se non proprio equilibrata, mentre il finale ci riserva tannini assertivi, graffianti, perentori.

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Assaggi effettuati nel mese di gennaio 2019

FERNANDO PARDINI

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